concorsi pubbliciObbligo di astensione per i commissari nei concorsi universitari in presenza di un conflitto d’interessi. La sussistenza di precedenti rapporti di collaborazione tra docente universitario ed uno dei candidati ad un posto da ricercatore universitario è uno scenario tristemente ricorrente nelle procedure concorsuali indette dalle università italiane.

 

Ecco una recente pronuncia del giudice amministrativo (TAR Sicilia, sez. II, sentenza 06 – 18 ottobre 2016, n. 2397), che riguarda la presenza di un conflitto d’interesse tra giudicante ed uno degli aspiranti ad un posto pubblico.

 

Ritiene invero il Collegio di far propri i principi espressi nella sentenza del T.a.r. Cagliari, sez. I, 5 giugno 2013, n. 459, di seguito testualmente riportati: «Premesso che non sussiste in materia di pubblici concorsi una norma “specifica” in materia di astensione/ricusazione, risultano applicabili i principi generali in materia di azione amministrativa e, per analogia, le norme settoriali vigenti. Per i primi assumono rilievo diretto i principi costituzionali (di cui principalmente all’art. 97)recepiti e sviluppati nella l. 241/1990 (soprattutto all’art. 1 e, poi, anche  all’art. 6 bis introdotto dalla legge anticorruzione n. 190/2012, che ha normato il principio in materia di “conflitto di interessi”). Per i secondi occorre richiamare l’art. 51, primo e secondo comma, e 52 del codice di procedura civile, specificamente dettato per i giudici, in regime processuale.

 

Infatti, le cause di incompatibilità e di astensione del giudice codificate dall’art. 51 c.p.c. sono sempre state estese e ritenute applicabili, in omaggio al principio costituzionale d’imparzialità anche agli organi amministrativi. Risale al principio espresso nella pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 30 giugno 1958, n. 6, secondo cui, con esplicito riferimento alle commissioni giudicatrici di concorsi, sussiste incompatibilità nei confronti “dei membri di organi giudicanti che si trovino in quelle particolari situazioni subbiettive che sono state individuate dai codici di rito”.

 

È pacifico dunque che le Commissioni giudicatrici, nei concorsi pubblici – anche universitari-, debbano garantire, nella loro composizione, “trasparenza, obiettività e terzietà di giudizio”, rappresentando, questi, principi irrinunciabili a tutela della parità di trattamento fra i diversi aspiranti ad un posto pubblico.

 

Nelle procedure di concorso, costituiscono quindi cause di incompatibilità dei componenti la Commissione esaminatrice, oltre ai rapporti di coniugio e di parentela e affinità fino al quarto grado, le relazioni personali fra esaminatore ed esaminando che siano tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia stato giudicato non in base al risultato delle prove, ma in virtù delle conoscenze personali o, comunque, di circostanze non ricollegabili all’esigenza di un giudizio neutro, o un interesse diretto o indiretto, e comunque tale da ingenerare il fondato dubbio di un giudizio non imparziale, ovvero stretti rapporti di amicizia personale (v. T.a.r. Friuli Venezia Giulia-Trieste 30 novembre 2001, n. 716).

 

Nel caso di specie, come si è detto, tutti e 44 i lavori pubblicati dal controinteressato e prodotti come titoli nel concorso di cui trattasi, vedono come coautore il professore. Ciò basta a radicare l’obbligo di astensione. Ma nel caso di specie vi è anche di più. Gli ulteriori elementi in fatto che emergono dagli atti (v. attività di tutor nella ricerca post lauream e premi conseguiti a livello internazionale, oltre che gli altri elementi che si possono aggiungere, sia pur ad colorandum: v. frequenti collaborazioni nei convegni e nello svolgimento delle attività didattiche universitarie) lasciano supporre che tra il commissario e il concorrente vi sia una comunanza di interessi di vita d’intensità tale, da far legittimamente dubitare della serenità di giudizio del componente di commissione.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.