Ecco alcuni interessanti chiarimenti in merito al diritto di accesso agli atti amministrativi in ambito edilizio come enunciato nell’ultima sentenza del TAR Lazio, la numero 11803/2024.
Questo strumento, disciplinato dall’art. 22 della Legge n. 241/1990, può essere esercitato dai soggetti che dimostrino un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza degli atti, purché ricorrano i requisiti prescritti e sia soddisfatto il criterio della vicinitas. Tale requisito, storicamente riservato ai proprietari confinanti con l’immobile oggetto dell’intervento edilizio, si estende anche ai frontisti e ai proprietari di immobili che presentano un collegamento stabile con la zona interessata, indipendentemente dalla distanza fisica effettiva, conferendo loro una posizione differenziata rispetto al resto della collettività.
A stabilirlo è il TAR Lazio, con la sentenza n. 11803 dell’11 giugno 2024.
Prima di analizzare nel dettaglio la pronuncia dei giudici amministrativi e le sue implicazioni, è opportuno fare una breve premessa sul diritto di accesso in ambito amministrativo.
Come funziona il diritto di accesso agli atti amministrativi in ambito edilizio
L’art. 22 della legge sul procedimento amministrativo (l. 241/90) fornisce i principi fondamentali in materia di accesso agli atti amministrativi. La norma innanzitutto contiene la definizione di diritto di accesso, qualificandolo come “il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi”.
Dalla lettura di tale disposizione si evince che l’esercizio di tale diritto è riservato ai soggetti interessati, ovvero tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento oggetto della richiesta di accesso. Ulteriore definizione contenuta all’interno dell’art. 22 è quella di documento amministrativo, ovvero ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica del contenuto di atti, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse.
La norma, quindi, circoscrive l’ambito di applicazione soggettivo (ovvero, i soggetti interessati, titolari di un interesse diretto, concreto ed attuale) e quello oggettivo (i documenti amministrativi che devono essere detenuti da una P.A.).
Accesso procedimentale
Tale forma di accesso (anche detta “accesso procedimentale”) si differenzia dalle altre due forme di accesso previste dal nostro ordinamento, ovvero l’accesso civico “semplice” e l’accesso civico “generalizzato”, che sono invece regolate dal d.lgs. 33/2013.
In particolare, l’accesso civico “semplice” è disciplinato dal co. 1 dell’art. 5 del d.lgs. cit., il quale sancisce che “chiunque” ha il diritto di richiedere alle P.A. la pubblicazione di documenti, informazioni o dati per i quali sussiste l’obbligo di pubblicazione da parte delle stesse, nell’eventualità in cui esse non vi abbiano già spontaneamente provveduto. A differenza dell’accesso procedimentale, disciplinato dalla l. 241/90, in questo caso non è richiesta la sussistenza, in capo al richiedente, di un particolare interesse né di un onere motivazionale.
Con riferimento invece all’accesso civico “generalizzato”, esso è disciplinato dal co. 2 dell’art. 5 del d.lgs. 33/2013, il quale attribuisce a “chiunque”, senza alcun onere motivazionale, il diritto di accedere ai dati ed ai documenti detenuti dalla P.A., che siano ulteriori rispetto a quelli oggetto di obbligo di pubblicazione ai sensi del d.lgs. 33/2013. Trattasi, dunque, di dati e documenti in relazione ai quali, pur non sussistendo alcun obbligo di pubblicazione in capo alla P.A., quest’ultima è comunque tenuta a fornirli al richiedente.
La sentenza del TAR Lazio
Tornando all’argomento centrale del presente contributo, la sentenza del TAR Lazio riguarda un’istanza di accesso al permesso di costruire, ai vincoli sussistenti sull’area e agli altri atti connessi, presentata con riferimento ad alcuni lavori all’interno di un terreno e approvata dal Comune.
Ebbene, con la sentenza n. 11803 dell’11 giugno 2024, i giudici amministrativi hanno affermato che il concetto di vicinitas è applicabile non solo con riferimento a chi possiede immobili adiacenti all’area interessata dai lavori, ma anche a chi, pur non essendo confinante, risulta collegato in modo stabile e significativo con la zona in questione.
Nel caso di specie, la richiesta di accesso agli atti era stata presentata dal proprietario di un immobile distante circa 220 metri dall’area di intervento. L’istanza del ricorrente era stata rigettata attraverso il meccanismo del silenzio-rigetto da parte dell’amministrazione competente. Il TAR, accogliendo il ricorso, ha sancito che la vicinitas è un concetto “elastico”, tale da includere ogni soggetto che, per la stabile relazione con l’area oggetto di intervento, possa subire effetti dall’attività edilizia autorizzata.
Invero, la distanza di 200 metri tra i due fondi non è idonea ad escludere né l’elemento della vicinitas, né la potenziale utilità che può derivare dall’accesso agli atti. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, colui che presenta un’istanza di accesso a documenti inerenti lavori realizzati in una proprietà altrui, non deve dimostrare di aver subito una lesione ad un proprio diritto, ma soltanto la sussistenza di una potenziale utilità che può trarre dalla consultazione degli atti.
Il requisito della “vicinitas”
L’estensione del requisito della vicinitas a soggetti non strettamente confinanti si fonda inoltre sul riconoscimento di una posizione di interesse differenziato, protetta dai limiti imposti allo ius aedificandi e comprende sia il vicino proprietario sia coloro che possiedano un collegamento stabile con la zona interessata, includendo chiunque risieda o possieda immobili vicini all’area di realizzazione dei lavori. La sussistenza di un collegamento stabile con l’area interessata, che va comunque esaminata caso per caso, a visionare la documentazione in possesso della P.A., escludendo quindi un’ipotesi di accesso a scopo emulativo o di controllo generalizzato sull’operato della Pubblica Amministrazione.
Le conclusioni dei giudici
In quest’ottica, il TAR ha sottolineato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi, oltre che a fornire una tutela in via giurisdizionale, consente ai privati di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale al fine di salvaguardare i loro interessi giuridici. Pertanto, tale diritto dev’essere consentito anche nelle ipotesi in cui l’interessato non abbia ancora avviato un contenzioso, in quanto strumento utile a valutare se ricorrere o meno all’autorità giudiziaria.
Tale interpretazione è coerente con l’esigenza di garantire innanzitutto la trasparenza amministrativa, ma anche il controllo sull’osservanza delle norme urbanistiche e paesaggistiche stabilite dal d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
Nel caso specifico, la distanza di circa 220 metri tra il terreno oggetto di lavori e l’immobile del richiedente non è stata ritenuta dal TAR ostativa al riconoscimento del requisito della vicinitas, giacché l’interesse all’accesso è stato considerato giuridicamente rilevante e strumentalmente utile al controllo sul rispetto della disciplina urbanistica applicabile all’area.
In conclusione, il TAR ha ordinato all’Amministrazione di garantire l’accesso ai documenti richiesti, imponendo un termine di 30 giorni per adempiere a tale obbligo.