impresa familiareCon la risoluzione n. 78/E del 31 agosto 2015, l’Agenzia delle Entrate fa luce sulle modalità di tassazione della plusvalenza derivante dalla cessione dell’impresa familiare, chiarendo che la stessa deve essere tassata interamente in capo al titolare dell’impresa ed è, quindi, fiscalmente irrilevante per i collaboratori familiari.

 

Il caso esaminato dall’Amministrazione finanziaria riguarda una contribuente (Tizia) che, avendo ricevuto in donazione dal marito (Caio) un ramo d’azienda assunto in continuità di valori fiscali (articolo 58 del Tuir), ha costituito un’impresa familiare, indicando quali collaboratrici familiari le figlie. Il donante, dal 1988, esercitava le attività di bar e caffè, commercio al dettaglio di alcolici e superalcolici e commercio al minuto di articoli complementari venduti nelle tabaccherie; poi, dal 1999, l’attività di commercio al dettaglio della stampa quotidiana e periodica (edicola).

 

Tizia, avendo intenzione di cedere a terzi l’azienda ricevuta in donazione ed esercitata sotto forma di impresa familiare, ha chiesto quale sia il corretto trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi dell’eventuale plusvalenza realizzata. In particolare, tre sono le questioni poste al vaglio dell’Amministrazione finanziaria e risolte nel documento in esame:

 

  • se la plusvalenza debba essere tassata interamente in capo all’imprenditore ovvero ripartita tra quest’ultimo e i collaboratori familiari

 

  • se la stessa plusvalenza vada ricondotta tra i redditi di impresa ovvero costituisca reddito diverso

 

  • se, infine, l’imprenditore possa optare per la tassazione separata.

 

In relazione al primo punto, è da ricordare che, sotto il profilo civilistico, l’impresa familiare è disciplinata dall’articolo 230-bis cc, il quale, nel regolare i rapporti tra titolare dell’impresa e suoi collaboratori, prevede che a questi ultimi, se prestano la loro attività lavorativa in modo continuativo nell’impresa familiare, sia riconosciuto il diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, a partecipare agli utili dell’impresa, ai beni acquistati con essa e agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento.

 

Sotto l’aspetto fiscale, l’impresa familiare è regolata dall’articolo 5, comma 4, del Tuir, sulla base del quale il reddito dell’impresa è dichiarato nel suo ammontare complessivo dall’imprenditore, che può imputare parte del suo reddito ai familiari per un ammontare non superiore al 49 per cento.

 

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, nel porre in evidenza la natura “individuale” e non collettiva (associativa) dell’impresa familiare, cui consegue che è imprenditore unicamente il titolare dell’impresa, chiarisce che l’eventuale plusvalenza realizzata dall’impresa familiare è imputabile interamente in capo all’imprenditore, essendo, pertanto, irrilevante per i collaboratori familiari.

 

Sulla seconda questione, appurato che la plusvalenza derivante dalla cessione dell’impresa familiare ha rilevanza fiscale interamente in capo a Tizia, l’Agenzia precisa che, nel caso in esame, la stessa sia da ricondurre nell’alveo dei redditi di impresa (e, quindi, imponibile a norma del combinato disposto degli articoli 58 e 86 del Tuir) e non nella categoria dei redditi diversi. Infatti, l’articolo 67, comma 1, lettera h-bis), del Tuir, riqualifica le plusvalenze maturate in regime d’impresa in plusvalenze tassabili come redditi diversi, nel caso in cui gli eredi o i donatari non abbiano continuato l’attività d’impresa. Circostanza quest’ultima che si è, invece, verificata, nel caso in esame, avendo Tizia proseguito l’attività di Caio.

 

Per quanto concerne, infine, l’ultimo dubbio, l’articolo 17, comma 1, lettera g), del Tuir, consente agli imprenditori individuali di optare, in Unico, per la tassazione separata delle plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni. Nel caso in esame, considerato che Tizia ha acquisito l’azienda “in continuità”, l’Agenzia delle Entrate è dell’avviso che, nel computo del periodo di possesso, assuma rilevanza anche il periodo in cui l’azienda era posseduta dal donante. È rimessa, quindi, al contribuente la scelta se optare per la tassazione ordinaria (articoli 58 e 86) in un unico esercizio ovvero per la tassazione separata (exarticolo 17, comma 1, lettera g).

 

Infine, per il principio di tutela dell’affidamento e della buona fede previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente, l’Agenzia delle entrate, constatate le obiettive condizioni di incertezza sul tema, ritiene non applicabili le sanzioni nel caso in cui la plusvalenza realizzata dalla cessione sia stata ripartita tra il titolare dell’impresa e i collaboratori familiari.