In materia di autonomia differenziata qual è il ruolo di Parlamento e Consigli regionali nell’articolo 116 della Costituzione terzo comma? L’approfondimento curato da Fabio Ascenzi.


Si è ricordato che nel mese di novembre la Corte costituzionale comincerà la discussione sulle questioni di legittimità relative alla legge di attuazione dell’autonomia differenziata, sollevate dalle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania.

Nel cercare di analizzare i temi di maggiore delicatezza su cui i giudici dovranno concentrare l’esame, sono dapprima intervenuto sulla questione delle materie attribuibili. Ora vorrei passare al vaglio il ruolo che è stato attribuito al Parlamento e ai Consigli regionali nell’ambito del procedimento che porta alla stipula delle intese Stato-Regioni. Lo farò qui con una riflessione generale riferita allo stretto dettato costituzionale e successivamente analizzando quanto previsto dalla legge approvata lo scorso 26 giugno.

Ritengo, infatti, che proprio le modalità di coinvolgimento delle assemblee elettive interessate al provvedimento possano rappresentare un ulteriore elemento di criticità.

Cosa prevede la Costituzione

Per addivenire all’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, l’art. 116 Cost., terzo comma, prevede: la consultazione degli enti locali, una iniziativa della Regione, il rispetto dei princìpi dell’art. 119 Cost., l’intesa tra la Regione interessata e lo Stato, l’approvazione della legge da parte delle Camere a maggioranza assoluta.

Nulla di più è specificato, e questa disposizione scritta in maniera alquanto opaca ha ulteriormente complicato una definizione chiara del ruolo che debba essere riconosciuto agli organi assembleari. Per la Regione, ad esempio, non è esplicitato a quale livello spetti l’iniziativa e la definizione dell’Intesa, né quale rapporto debba esserci tra Giunta e Consiglio all’interno del procedimento. Così come per lo Stato non viene indicato in capo a chi stia incardinata la trattativa con la Regione, né quale ruolo spetti al Parlamento nei diversi passaggi.

Nel silenzio della Carta, la prassi dei tentativi abbozzati negli anni precedenti ha portato a concentrare nei vertici esecutivi del Governo e del Presidente della Regione queste prerogative, con una evidente riduzione del ruolo degli organi assembleari. E anche la legge Calderoli ha confermato questo schema.

Il ruolo delle assemblee elettive non può essere limitato

Sostengo da tempo che questo aspetto rappresenti una forte criticità, poiché non si può limitare così profondamente il ruolo dei due consessi che detengono proprio il potere legislativo di Stato e Regioni.

In particolare quello delle Camere, che a fronte di una legge tanto importante per gli equilibri costituzionali non può essere ridotto a dei passaggi di natura meramente formale, con il voto finale limitato alla semplice approvazione dei contenuti dell’Intesa, senza che su di essa possano essere apportate modifiche nel corso della discussione.

Delle previsioni contenute nella legge n. 86/2024 tratterò in maniera più specifica in un prossimo articolo ma, rimanendo a considerazioni di carattere generale, vorrei ancora evidenziare l’anomalia di un procedimento che possa prevedere da un lato un’Intesa in cui lo Stato dismette la propria funzione legislativa su determinate materie, con legge rinforzata e approvata a maggioranza assoluta, e dall’altro un Parlamento che si priva, almeno potenzialmente, di quote di potere legislativo in favore delle Regioni richiedenti senza che possa discuterne in maniera adeguata.

Se con la scelta della concertazione e dell’accordo il legislatore costituzionale ha voluto sottolineare proprio la massima adesione al modello della leale collaborazione, realizzandosi con essa la forma più intensa di partecipazione, rimane inspiegabile come in questo percorso possa mancare un ruolo attivo delle Camere.

Si comprendono le eventuali conseguenze politiche che potrebbero derivare da un’attività emendativa sul testo sottoposto all’approvazione dal Governo; ma queste dovrebbero essere comunque affrontate e, piuttosto che limitare l’attività assembleare, superate per mezzo di un percorso più idoneo a rafforzare le sedi di confronto preventivo, sia a livello regionale che nazionale, di modo che il testo inviato al Parlamento provenga già da un processo di ampia condivisione, e quindi il più possibile esente da tale criticità.

Secondo autorevoli studiosi, la legge contenente l’Intesa Stato-Regione può essere considerata una norma sulla produzione normativa, in quanto derogatoria dell’ordine costituzionale delle competenze indicato nell’art. 117 Cost., anche se limitatamente agli ambiti materiali oggetto della stessa. Con tale previsione, infatti, la sfera dell’autonomia regionale viene ad arricchirsi sul piano delle fonti normative e l’assetto delle attribuzioni legislative trova regolamentazione sia nell’art. 117 Cost., sia nelle leggi di differenziazione adottate attraverso l’Intesa con le singole Regioni.

Il ruolo del Parlamento deve essere centrale

Risulta alquanto anomalo che una legge autorizzata ad introdurre modifiche o deroghe alla Costituzione, sottratta a referendum abrogativo e modificabile esclusivamente attraverso revisione costituzionale, possa essere solo accettata o rifiutata dalle Camere chiamate all’approvazione.

L’effetto, costituzionalmente inammissibile, sarebbe quello di avere un Parlamento subalterno non solo al potere esecutivo nazionale, ma persino a quelli regionali, vedendo così seriamente pregiudicata la sua funzione precipua di custode degli interessi nazionali.

Pur valutando su altre questioni, l’ordinanza della Corte costituzionale n. 17 del 2019 ha chiaramente riconosciuto il diritto ai singoli deputati e senatori di accedere a un ricorso per conflitto di attribuzione qualora «patiscano una lesione o un’usurpazione delle loro attribuzioni da parte di altri organi parlamentari»; ipotesi che nel nostro caso potrebbe essere riferita anche al diritto di presentare emendamenti sulla legge di differenziazione poiché, avendo questa portata costituzionale, si configurerebbe palesemente l’evenienza di «una sostanziale negazione o un’evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente».

L’approvazione della legge da parte delle Camere rappresenta la garanzia costituzionale che il legislatore ha posto, proprio perché si è in presenza di una procedura che conferisce un incremento di autonomia, in capo solo ad alcune Regioni, che deroga ai princìpi generali fissati dagli artt. 117 e 118 Cost.

Limitarla a un atto di mera ratifica potrebbe condurre a un vero e proprio capovolgimento dei poteri e del rapporto che intercorre tra Parlamento e Governo, a un’inaccettabile limitazione dei poteri del Presidente della Repubblica rispetto all’eventualità di un rinvio alle Camere della legge di approvazione dell’Intesa; e nondimeno di quelli della Corte costituzionale in ordine al sindacato sui contenuti.