Il Consiglio di Stato, sez. III, il 25.11.2015 con la sentenza n. 5359, si è pronunciato, in materia di direttive europee sull’argomento appalti, sull’efficacia diretta nell’ordinamento interno, prima della scadenza del termine per il recepimento.
E’ controversa la legittimità dell’aggiudicazione di un appalto avente ad oggetto i servizi di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla valorizzazione del patrimonio immobiliare da reddito dell’INPS.
La disamina della tesi appena riassunta postula la preliminare soluzione del problema dell’efficacia delle direttive europee nell’ordinamento interno, prima del loro recepimento e, in ogni caso, prima della scadenza del termine a quel fine assegnato agli Stati membri.
E’ stato, al riguardo, precisato (Cons. St., sez. V, 11 settembre 2015, n.4253; sez. VI, 26 maggio 2015, n.2660) che, prima della scadenza del termine per il recepimento, resta inconfigurabile qualsiasi efficacia diretta nell’ordinamento interno e, in particolare, nei c.d. rapporti verticali delle direttive europee (che, quindi, non possono essere qualificate, in tale situazione, come self-executing), per quanto dettagliate e complete, e che, nondimeno, le stesse conservano un’efficacia giuridica, ancorchè limitata, che vincola sia i legislatori sia i giudici nazionali ad assicurare, nell’esercizio delle rispettive funzioni, il conseguimento del risultato voluto dalla direttiva (Cons. St., sez. V, 20 ottobre 2015, n.4793).
Quanto ai contenuti di tale ridotta efficacia, si è, in particolare, chiarito che, in pendenza del termine per il recepimento, il rispetto del principio di leale collaborazione sancito all’art.4, par.3, del Trattato UE impedisce, per un verso, al legislatore nazionale l’approvazione di qualsiasi disposizione che ostacoli il raggiungimento dell’obiettivo al quale risulta preordinata la direttiva (C. Giust., 18 dicembre 1997, C-129/96, Inter-EnvironnementVallonie) e impone, per un altro, ai giudici nazionali di preferire l’opzione ermeneutica del diritto interno maggiormente conforme alle norme eurounitarie da recepire, di guisa che non venga pregiudicato il conseguimento del risultato voluto dall’atto normativo europeo (CGARS, 15 gennaio 2015, n.1; C. Giust. UE, 15 aprile 2008, C-268/08, Impact).
Non solo, ma è stato anche escluso che possa riconoscersi qualsivoglia efficacia alle direttive non ancora recepite, che introducono nell’ordinamento un istituto nuovo, che, come tale, esige una compiuta disciplina normativa interna, necessariamente riservata in tutti i suoi aspetti al legislatore nazionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2097; sez. IV, 28 maggio 2009, n. 3333).
Ovviamente, perché possa utilmente invocarsi il limitato effetto della c.d. interpretazione giuridica conforme, nei termini sopra precisati, risulta necessario che la direttiva che viene invocata come vincolante criterio ermeneutico sia stata pubblicata sulla G.U.U.E. prima dell’adozione dell’atto impugnato, posto che, in ogni caso, il giudizio della legittimità di quest’ultimo dev’essere comunque formulato alla stregua della normativa vigente al momento della sua assunzione.
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