Da alcuni giorni si è sviluppato un notevole interesse sulla pronuncia della Corte Costituzionale 33/2025, con la quale è stato dichiarato incostituzionale l’articolo 29 bis, primo comma, della legge 184/1983, nella parte in cui non include i single tra coloro che possono portare a termine l’adozione di un minore straniero residente all’estero.


Non mi dilungo sui contenuti generali della decisione, che possono essere recuperati da un articolo già pubblicato dalla Redazione. Voglio piuttosto inquadrare la normativa in materia, per verificare gli effetti immediati e quelli di prospettiva che ne possono scaturire.

Che cos’è l’adozione internazionale

La fattispecie riguarda l’adozione di un bambino straniero fatta nel suo Paese, davanti alle autorità e secondo le leggi che vi operano. Le competenze, previste dalla Convenzione de L’Aja 29 maggio 1993, ai sensi della legge n. 476/1998, sono della Commissione per le adozioni internazionali.

Prima della sentenza in commento, i requisiti richiesti agli aspiranti genitori italiani erano gli stessi necessari per l’adozione nazionale ai sensi dell’art. art. 6 della legge 184/83 (come modificata dalla legge 149/2001).

Dunque, consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal tribunale per i minorenni; tra essi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni una separazione personale, neppure di fatto.

L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore.

Non è preclusa quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni.

La domanda di disponibilità all’adozione internazionale va presentata al Tribunale per i minorenni, cui spetta innanzitutto verificare, tramite i servizi socio-assistenziali degli Enti locali, che gli adottanti siano effettivamente idonei a educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.

Successivamente al decreto di idoneità inizia la ricerca del bambino attraverso uno degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali, che segue anche tutte le pratiche fino alla trascrizione del provvedimento nei registri dello stato civile.

Quali possibilità avevano i single prima della sentenza

Sia per quella nazionale che per quella internazionale la richiesta da parte di persone singole non è esclusa in via assoluta dalla normativa italiana, ma consentita in casi eccezionali: quando il minore straniero, che deve comunque essere già orfano di entrambi i genitori, per qualche ragione ha già instaurato un rapporto stabile e duraturo con la persona che intende adottarlo, la cui interruzione potrebbe provocare danni psicologici; oppure se affetto da disabilità e per qualche ragione, magari di salute fisica o mentale, non è stato ritenuto idoneo a un percorso di affidamento preadottivo.

Inoltre, si può procedere a un’adozione diretta nei Paesi stranieri in cui la normativa riconosce questa possibilità anche ai non coniugati e l’autorità straniera ritenga che coincida con l’interesse del bambino. In questo caso, l’Italia dovrà riconoscerla non appena la pratica sia conclusa dallo Stato estero.

A fare giurisprudenza in materia è ancora la storica sentenza n. 2233/2019, con la quale il Tribunale per i minorenni di Roma riconobbe, per la prima volta nel nostro Paese, il diritto di un uomo single ad adottare due bambini sudafricani, «a ogni effetto e con effetti di adozione piena», in seguito alle sentenze di due tribunali esteri.

I giudici, infatti, argomentarono che «l’adozione realizzata all’estero da un cittadino italiano come persona singola può e deve essere riconosciuta in Italia come adozione piena se tale è l’efficacia dell’adozione nello Stato in cui è stata pronunciata, non contraddicendo alcun “principio fondamentale” del diritto di famiglia e dei minori vigente in Italia, ma essendo espressione di una differente valutazione della migliore opportunità per il minore in stato di abbandono».

Pur chiarite queste eccezioni, non sfugge come nei casi sopra esposti si è comunque in presenza di adozioni nominative, ossia nei confronti di un minore già individuato e in rapporto con l’aspirante genitore; per cui non ci si riferisce a una richiesta generalizzata, ma alla formalizzazione di un rapporto esistente da tempo.

La sentenza della Corte costituzionale n. 33/2025, invece, risulta assolutamente innovativa proprio nella misura in cui riconosce anche alle persone singole la possibilità di intraprendere un percorso ordinario di adozione internazionale nei confronti di bambini ancora sconosciuti, nelle stesse identiche modalità previste dalla legge per le coppie eterosessuali e sposate.

Cosa cambia con la sentenza della Corte Costituzionale 33/2025 sulle adozioni ai single

Si sottolinea in primo luogo che la pronuncia produrrà effetti immediati dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, poiché non si richiede alcuna attuazione da parte del legislatore.

Nell’ammettere il diritto all’adozione internazionale pure per le persone non coniugate, la Corte ha utilizzato proprio quei casi eccezionali già previsti nella normativa, cui si è accennato, affermando che «lo stesso legislatore ha riconosciuto che la persona singola è, in astratto, idonea ad assicurare un ambiente stabile e armonioso al minore, finanche in contesti non privi di criticità o rispetto a minori che richiedono un particolare impegno».

Ma si faccia attenzione: per eventuali e ulteriori effetti giuridici non è andata oltre.

Anzi, nella stessa sentenza è specificato che le questioni trattate attengono alla condizione della persona che ha lo stato libero, in quanto non è vincolata da un matrimonio (art. 86, primo comma, prima parte, del Codice civile). Non rientra, quindi, nel perimetro del giudizio la condizione della persona che non ha lo stato libero, in quanto è parte di un’unione civile (art. 86, primo comma, seconda parte, cod. civ.).

Effetti politici e prospettive per la normativa

Ovviamente, tutt’altro significato hanno gli effetti che potranno scaturire da questa storica decisione e che già stanno infiammando il dibattito politico.

Se è vero, di fatto, che la Corte non ha esteso l’illegittimità costituzionale all’articolo 6 della legge 184/83 sulle adozioni nazionali, non può certo negarsi che il divieto da essa imposto per i single risulta a questo punto ancora più irragionevole, e persino discriminatorio per i bambini italiani bisognosi.

A maggior ragione dal momento in cui i giudici della Consulta hanno ribadito che «se scopo dell’adozione internazionale è quello di accogliere in Italia minori stranieri abbandonati, residenti all’estero, assicurando loro un ambiente stabile e armonioso, l’insuperabile divieto per le persone singole di accedere a tale adozione non risponde a una esigenza sociale pressante e configura – nell’attuale contesto giuridico-sociale – una interferenza non necessaria in una società democratica».

Pertanto, alla luce della novità introdotta con la sentenza n. 33/2025, è facile prevedere che di fronte a una siffatta diseguaglianza possa essere sollevata specifica questione di legittimità costituzionale anche per le adozioni nazionali; e considerato questo recente orientamento gli esiti parrebbero essere pure alquanto scontati.

Ma non v’è dubbio che la strada maestra sarebbe quella di procedere per via legislativa, con il Parlamento che recuperi la sua funzione precipua, introducendo le opportune modifiche normative su un argomento di tale delicatezza e interesse per migliaia di persone.