Se non ci sarà una regolamentazione apposita, potremmo dire addio ai buoni pasto, un danno che potrebbe colpire milioni di lavoratori. Addio buoni pasto: i buoni pasto sono sempre utilizzati da alcune categorie di lavoratori, per acquistare pasti o nell’acquisto della spesa. Rientrano nella categoria dei “fringe benefit”, ovvero i beni accessori e rappresentano un’importante agevolazione per il dipendente, per salvaguardare il proprio potere d’acquisto. Ma se non ci sarà una nuova riforma, gli esercizi commerciali potrebbero smettere di accettarli. Vediamo allora cosa succede. Addio buoni pasto: il quadro della situazione La polemica nasce dall’allarme delle principali associazioni dei settori interessati: ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio. Le associazioni di categoria richiedono che “la prossima gara Consip consenta di ridurre le commissioni a nostro carico, che sono a livelli inaccettabili”. Le aziende vogliono “la riduzione immediata dei ribassi sul prezzo richiesti in fase di gara alle società emettitrici dei buoni pasto, e la riforma complessiva del sistema, seguendo l’impianto in vigore in altre Paesi, per assicurare il rispetto del valore nominale del ticket ed eliminare le gravose commissioni pagate dagli esercizi presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati”. Le associazioni denunciano commissioni troppo alte, che vanno a scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale. Tra gli obiettivi della richiesta c’è quello di richiedere una riforma che possa salvaguardare il valore nominale dei titoli e la definizione di tempi certi di rimborso, da parte delle società che emettono i buoni pasto. Addio buoni pasto: i buoni pasto nel panorama italiano Prima della pandemia, le stime contano che erano circa 10 milioni i lavoratori italiani che pranzavano fuori casa, di cui 3 milioni beneficiavano dei buoni pasto. Il 64,7% di loro li utilizzava come principale forma di pagamento, per una spesa totale di 13 milioni di euro in buoni pasto. Stando alle ultime due gare indette da Consip, gli esercizi commerciali ne uscirebbero danneggiati dall’utilizzo dei buoni pasto da parte dei lavoratori, guadagnando poco più di 6 euro per un buono pasto di 8 euro, una sorta di tassa occulta del 20%. Gli esercizi commerciali minacciano di non accettare più i buoni pasto. Il presidente della Federdistribuzione, Alberto Frausin, ha detto: “Abbiamo bisogno di una riforma complessiva, radicale del sistema, non si tratta di dire "chiediamo uno sconto". Il meccanismo dell'asta va rivisto concettualmente. Non siamo più disposti ad andare avanti con questo gioco".Se non ci sarà una regolamentazione apposita, potremmo dire addio ai buoni pasto, un danno che potrebbe colpire milioni di lavoratori.


Addio buoni pasto: i buoni pasto sono sempre utilizzati da alcune categorie di lavoratori, per acquistare pasti o la spesa.

Rientrano nella categoria dei “fringe benefit”, ovvero i beni accessori e rappresentano un’importante agevolazione per il dipendente, per salvaguardare il proprio potere d’acquisto.

Ma se non ci sarà una nuova riforma, gli esercizi commerciali potrebbero smettere di accettarli. Vediamo allora cosa succede.

Addio buoni pasto: il quadro della situazione

La polemica nasce dall’allarme delle principali associazioni dei settori interessati: ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio.

Le associazioni di categoria richiedono che

“la prossima gara Consip consenta di ridurre le commissioni a nostro carico, che sono a livelli inaccettabili”.

Le aziende vogliono

“la riduzione immediata dei ribassi sul prezzo richiesti in fase di gara alle società emettitrici dei buoni pasto, e la riforma complessiva del sistema, seguendo l’impianto in vigore in altre Paesi, per assicurare il rispetto del valore nominale del ticket ed eliminare le gravose commissioni pagate dagli esercizi presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati”.

Le associazioni denunciano commissioni troppo alte, che vanno a scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale.

Tra gli obiettivi della richiesta c’è quello di richiedere una riforma che possa salvaguardare il valore nominale dei titoli e la definizione di tempi certi di rimborso, da parte delle società che emettono i buoni pasto.

Addio buoni pasto: i buoni pasto nel panorama italiano

Se non ci sarà una regolamentazione apposita, potremmo dire addio ai buoni pasto, un danno che potrebbe colpire milioni di lavoratori. Addio buoni pasto: i buoni pasto sono sempre utilizzati da alcune categorie di lavoratori, per acquistare pasti o nell’acquisto della spesa. Rientrano nella categoria dei “fringe benefit”, ovvero i beni accessori e rappresentano un’importante agevolazione per il dipendente, per salvaguardare il proprio potere d’acquisto. Ma se non ci sarà una nuova riforma, gli esercizi commerciali potrebbero smettere di accettarli. Vediamo allora cosa succede. Addio buoni pasto: il quadro della situazione La polemica nasce dall’allarme delle principali associazioni dei settori interessati: ANCD Conad, ANCC Coop, FIEPeT Confesercenti, Federdistribuzione, FIDA e Fipe Confcommercio. Le associazioni di categoria richiedono che “la prossima gara Consip consenta di ridurre le commissioni a nostro carico, che sono a livelli inaccettabili”. Le aziende vogliono “la riduzione immediata dei ribassi sul prezzo richiesti in fase di gara alle società emettitrici dei buoni pasto, e la riforma complessiva del sistema, seguendo l’impianto in vigore in altre Paesi, per assicurare il rispetto del valore nominale del ticket ed eliminare le gravose commissioni pagate dagli esercizi presso i quali i buoni pasto vengono utilizzati”. Le associazioni denunciano commissioni troppo alte, che vanno a scaricare il risparmio della pubblica amministrazione sui pubblici esercizi e sulla distribuzione commerciale. Tra gli obiettivi della richiesta c’è quello di richiedere una riforma che possa salvaguardare il valore nominale dei titoli e la definizione di tempi certi di rimborso, da parte delle società che emettono i buoni pasto. Addio buoni pasto: i buoni pasto nel panorama italiano Prima della pandemia, le stime contano che erano circa 10 milioni i lavoratori italiani che pranzavano fuori casa, di cui 3 milioni beneficiavano dei buoni pasto. Il 64,7% di loro li utilizzava come principale forma di pagamento, per una spesa totale di 13 milioni di euro in buoni pasto. Stando alle ultime due gare indette da Consip, gli esercizi commerciali ne uscirebbero danneggiati dall’utilizzo dei buoni pasto da parte dei lavoratori, guadagnando poco più di 6 euro per un buono pasto di 8 euro, una sorta di tassa occulta del 20%. Gli esercizi commerciali minacciano di non accettare più i buoni pasto. Il presidente della Federdistribuzione, Alberto Frausin, ha detto: “Abbiamo bisogno di una riforma complessiva, radicale del sistema, non si tratta di dire "chiediamo uno sconto". Il meccanismo dell'asta va rivisto concettualmente. Non siamo più disposti ad andare avanti con questo gioco".Prima della pandemia, le stime contano che erano circa 10 milioni i lavoratori italiani che pranzavano fuori casa, di cui 3 milioni beneficiavano dei buoni pasto. Il 64,7% di loro li utilizzava come principale forma di pagamento, per una spesa totale di 13 milioni di euro in buoni pasto.

Stando alle ultime due gare indette da Consip, gli esercizi commerciali ne uscirebbero danneggiati dall’utilizzo dei buoni pasto da parte dei lavoratori, guadagnando poco più di 6 euro per un buono pasto di 8 euro, una sorta di tassa occulta del 20%.

Gli esercizi commerciali minacciano di non accettare più i buoni pasto. Il presidente della Federdistribuzione, Alberto Frausin, ha detto:

“Abbiamo bisogno di una riforma complessiva, radicale del sistema, non si tratta di dire “chiediamo uno sconto”. Il meccanismo dell’asta va rivisto concettualmente. Non siamo più disposti ad andare avanti con questo gioco”.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it