L’accertamento basato sul redditometro viene inficiato solo laddove il contribuente riesca a fornire l’effettiva dimostrazione che gli acquisti contestati sono stati effettuati con il supporto del coniuge o dei figli conviventi, ossia dei componenti la “famiglia naturale in senso stretto”, risultando, al contrario, del tutto irrilevante il contributo economico fornito da parenti diversi o affini, da ritenersi, in quanto tali, estranei allo stretto nucleo familiare.
È quanto emerge dalla sentenza della Corte di cassazione n. 21362 del 21 ottobre 2015.
Vicenda processuale
Con avviso notificato secondo l’articolo 38, commi 4, 5 e 6, del Dpr 600/1973, si accertava, in capo a una contribuente, un maggiore reddito complessivo cui conseguiva la contestazione di una maggiore Irpef e, contestualmente, delle relative sanzioni di legge.
La contribuente ricorreva, con due separati ricorsi, sia contro l’avviso di accertamento che contro la connessa cartella di pagamento successivamente emessa, lamentando carenza di legittimità delle norme applicate nonché l’assenza di presupposti nell’utilizzo del metodo di accertamento sintetico. L’ufficio resisteva, chiedendo la conferma integrale del proprio operato e il rigetto del ricorso. La Commissione tributaria provinciale accoglieva i ricorsi riuniti, condannando altresì l’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese di giustizia.
Avverso tale pronuncia presentava appello l’Agenzia delle Entrate, chiedendo, in riforma della stessa, di confermare la legittimità e la correttezza del proprio operato in relazione alle pretese impositive, nonché la condanna della parte appellata alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Nel costituirsi in giudizio dinanzi alla Ctr, la contribuente proponeva appello incidentale, ribadendo l’eccezione di violazione e falsa applicazione dell’articolo 38, comma 4, del Dpr 600/1973, ribadendo l’asserita assenza dei presupposti per l’accertamento sintetico effettuato.
La Commissione tributaria regionale, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello dell’ufficio, annullando la pronuncia della Ctp.
I giudici di secondo grado, in particolare, rilevavano come l’ufficio avesse correttamente applicato il dettato normativo di cui al Dpr 600/1973, articolo 38, e i relativi indici e coefficienti presuntivi di reddito, in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva, costituiti dall’acquisto di un immobile e di due veicoli da parte della contribuente, mentre quest’ultima non aveva assolto all’onere di superare la presunzione posta a suo carico, non avendo fornito apprezzabili prove documentali idonee a dimostrare l’insussistenza del contestato incremento patrimoniale.
La pronuncia della Cassazione
La contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 38, commi 4 e 6, del Dpr 600/1973, in relazione all’articolo 360 cpc, n. 3, deducendo come la Ctr non avesse, a suo avviso, valutato adeguatamente la sua concreta situazione patrimoniale, anche alla luce della documentazione ritualmente depositata; la contribuente eccepiva, inoltre, come il giudice di secondo grado avesse omesso di valutare la complessiva reddittività familiare, affermando altresì, erroneamente, l’irrilevanza della natura speculativa dell’acquisto immobiliare posto a fondamento dell’accertamento nei suoi confronti. L’Agenzia delle Entrare ha resistito con controricorso.
La contribuente ha depositato memoria ex articolo 378 cpc. La Suprema corte ha rigettato le doglianze della ricorrente, precisando come la sentenza della Ctr impugnata sia da ritenersi in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in materia di accertamento sintetico.
In particolare, i giudici di legittimità ribadiscono che la determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti individuati dai decreti ministeriali, previsti dall’articolo 38 del citato Dpr, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice di capacità contributiva, essendo questi ultimi individuati nei decreti medesimi. Ne consegue la piena legittimità e fondatezza della modalità di accertamento sintetico fondato sui predetti indici di capacità contributiva, restando a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (ex multis Cassazione n. 9539/2013).
Viene ribadito, inoltre, il principio già affermato (cfr Cassazione n. 5365/2014) in base al quale il riferimento alla complessiva posizione dell’intero nucleo familiare va limitata alla sola famiglia naturale in senso stretto, costituita da coniugi conviventi ed eventualmente figli, non potendo desumersi dalla mera convivenza il possesso di redditi prodotti da un parente diverso o affine, in quanto tale estraneo allo stretto nucleo familiare; la prova contraria ammessa dal sesto comma dell’articolo 38 del Dpr 600/1973, richiedendo la dimostrazione documentale, non solo della sussistenza di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche del possesso di tali redditi da parte del contribuente, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare, per tale intendendosi esclusivamente la famiglia naturale, costituita dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori.
La presunzione del concorso di tali soggetti alla produzione del reddito, che può fornire giustificazione agli indici rivelatori di maggiore capacità contributiva concretamente adoperati dall’ufficio ai fini dell’accertamento sintetico, trovando fondamento nel vincolo che lega le predette persone e non già nel mero fatto della convivenza, esclude infatti la possibilità di desumere da quest’ultima il possesso di redditi prodotti da un parente diverso o da un affine, in quanto tale estraneo al nucleo familiare.
In applicazione dei richiamati principi, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso della contribuente, condannandola altresì alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.