business-angelsNel 2014 gli investitori informali hanno puntato 46 milioni di euro sulle neo imprese: lo dice l’analisi SDA Bocconi presentata dall’Italian Business Angels Network. Le operazioni condotte sono 135, molte meno del 2013, ma con investimento medio più elevato (315mila euro). Il settore con più finanziamenti è l’ICT.

 

Crescono gli investimenti in startup dei business angel italiani. Dopo alcuni anni sostanzialmente invariati, il 2014 ha registrato una forte crescita degli investimenti da parte degli “angeli della finanza”: +45% rispetto al 2013 per un totale di 46 milioni di euro, suddivisi in 135 operazioni. Il 30% degli investimenti ha superato i 300mila euro, il 45% è risultato inferiore ai 100mila. E sono oltre 180 i nuovi posti di lavoro creati nelle start up investite.

 

È quanto emerge dalla consueta analisi sul mercato italiano dell’informal venture capital (angel investing) condotta dal professor Vincenzo Capizzi dell’SDA Bocconi e presentata oggi alla XVI Convention di IBAN (Italian Business Angels Network) presso la sala convegni di PwC a Milano.

 

I settori che hanno beneficiato maggiormente dei finanziamenti sono l’ICT, seguito da Terziario avanzato e Commercio e Distribuzione: questo ha permesso la creazione di oltre 180 nuovi posti di lavoro in neoimprese, soprattutto nel Centro Nord. Si riduce il numero complessivo di operazioni – 135 nel 2014 contro le 324 del 2013 – ma aumenta di oltre tre volte l’investimento medio: 351mila euro rispetto ai 98mila euro dello scorso anno.

 

Secondo un trend sempre più diffuso, gli investitori tendono ad unirsi in cordate per aumentare l’apporto finanziario e ridurre il rischio. “Un aumento così sorprendente degli investimenti angel è un segnale molto positivo, che sommato al numero sempre crescente di imprese innovative registrate dal Mise, fotografa un sistema in fermento e, speriamo, pronto a fare il salto di qualità per contribuire alla crescita e al rinnovamento del Paese” ha dichiarato Paolo Anselmo,  presidente di IBAN, sottolineando che “sicuramente le norme che incentivano investimenti in startup stanno iniziando a dare frutti”.

 

Ogni anno IBAN promuove una survey per analizzare il mercato italiano dell’informal venture capital, sia dal punto di vista degli investimenti effettuati sia da quello delle caratteristiche dei business angel, pubblicando un’indagine che da oltre dieci anni rappresenta l’unica vera fotografia aggiornata sul comparto dell’angel investing nel nostro Paese.

 

Il campione 2014 è composto da 279 business angel, per un totale di 135 operazioni, realizzate in gran parte da BAN e da Club di Angel, a riprova della crescita costante di investimenti fatti da cordate di angel.La raccolta dati viene effettuata tramite un questionario online sulla piattaforma SurveyMonkey, che è stato inoltrato ad un ampio numero statisticamente significativo di operatori dell’ecosistema delle startup, e nello specifico a soci individuali associati ad IBAN, soci appartenenti a Club e BAN associati ad IBAN, terze parti (persone fisiche, Club di Investitori, Enti ed Istituzioni, incubatori ed acceleratori d’impresa, Family Office, etc.) notoriamente attive nell’ecosistema delle startup, imprenditori che hanno veicolato il loro progetto nell’Area Riservata del sito di IBAN nel corso del 2013 e del 2014, Startup iscritte al registro delle imprese innovative (3.562 startup al termine dei lavori di raccolta dati). Dopo la raccolta dati, sono state ricontattate le società oggetto di investimento al fine di ottenere un maggior numero di informazioni rilevanti.

 

Il profilo e le caratteristiche del business angel tipico non sono cambiate negli ultimi anni. Dalla ricerca emerge, infatti, che il business angel italiano è un imprenditore con un passato da manager, un’età che varia tra 30 e 50 anni, laureato, affiliato a IBAN, a uno dei BAN territoriali, o a un Club d’investitori nel Nord Italia, con un patrimonio inferiore ai 2.000.000 di euro, di cui circa il 10% dedicato ad investimenti in startup. Nel momento di valutare il progetto imprenditoriale, i principali criteri presi in considerazione sono la crescita potenziale del mercato di riferimento (33%), le qualità del team di manager (22%) e le caratteristiche del prodotto/servizio (16%). Si nota anche una maggior considerazione alla strategia d’uscita rispetto agli anni precedenti (9%). Il 57% degli intervistati afferma inoltre di essere molto coinvolto nella start up investita, soprattutto in termini competenze strategiche e contatti per lo sviluppo dell’attività economica, oltre all’apporto risorse finanziarie.

 

Nel 2014 l’importo totale investito da business angel in start up ammonta a €46.046.000, in crescita del 45% rispetto al 2013: il 60% dei finanziamenti è stato finalizzato all’acquisto di equity, il 37% al finanziamento soci e il 3% come garanzia bancaria. In linea con gli anni passati, la maggior parte delle imprese finanziate vengono dal Nord Italia, di cui il 47% ancora in fase pre-seed o seed, mentre il 43% in fase di start up. Significativo l’aumento di operazioni superiori ai 300.000 euro, circa un terzo nel 2014 contro l’11% nel 2013. Al contempo calano gli investimenti di importo inferiore, che, pur rappresentando ancora la metà delle operazioni (45%), lo scorso anno erano la netta maggioranza (68%).

 

“L’incremento del valore unitario degli investimenti realizzati dai business angels testimonia, da un lato, la crescente rilevanza di questo segmento del mercato dei capitali, che sempre più deve rappresentare una delle principali leve da valorizzare e incentivare da parte dei policymaker responsabili della formulazione di politiche industriali capaci di produrre crescita e occupazione”, ha commentato il professor Vincenzo Capizzi dell’Sda Bocconi, “dall’altro, segnala la capacità degli angels di sviluppare logiche di networking e compartecipazione, oltre che di processo produttivo, tipiche degli investitori istituzionali nel capitale di rischio”.

 

Il settore che ha beneficiato maggiormente dei finanziamenti dei Business Angels italiani è stato, come ogni anno, l’ICT (40%), seguito dal Terziario avanzato (15%) e da Commercio e Distribuzione (10%).Distribuzione degli investimenti con riferimento ai diversi settori finanziati (intesa come numero di operazioni e non come capitale apportato) .

 

Solo il 4% del campione ha dichiarato di aver portato a termine almeno un disinvestimento nel 2014, prevalentemente da startup del settore energie rinnovabili seguito da quello sanitario e apparecchiature medicali.

 

Le exit, in media, si verificano 3 anni e 3 mesi dopo l’investimento e avvengono prevalentemente sotto forma di vendita ad altri investitori e vendita al team imprenditoriale (40% in entrambi i casi). Si registra, inoltre, un 20% di cessazione attività.