In Italia, il legame tra esseri umani e cani è profondo e radicato: ma quali sono le regole per il loro addestramento? Cosa è consentito e cosa è vietato?


Con circa sette milioni di cani che vivono nelle famiglie italiane e centinaia di migliaia di altri in rifugi o come randagi, è chiaro che questi animali non sono solo compagni di vita, ma membri a pieno titolo della società. Tuttavia, il panorama normativo riguardante l’addestramento canino rimane frammentato, e le pratiche di educazione e addestramento non sono sempre adeguatamente regolamentate. Una nuova legge in discussione qualche anno fa puntava a cambiare questo scenario, definendo in modo chiaro quali metodi di addestramento siano consentiti e quali vietati, con l’obiettivo di migliorare il benessere dei cani e la loro integrazione nella vita sociale. Ma allo stato attuale non è stata ancora trasformata in legge.

La realtà italiana: dati e lacune regolatorie

Attualmente, l’Italia conta oltre 1.300 canili, e circa il 44% di essi è situato nel Sud. Ogni animale ospitato costa circa 3,50 euro al giorno, per una spesa annua complessiva di circa 150 milioni di euro. Parallelamente, il settore cinofilo impiega direttamente 35.000 persone e genera un indotto che coinvolge milioni di lavoratori, dai veterinari ai volontari, ma opera senza uno standard regolatorio nazionale.

Chiunque può aprire un centro di addestramento e registrarsi con un codice fiscale specifico per i servizi di cura degli animali da compagnia, spesso senza un percorso formativo approfondito o l’iscrizione a un registro di competenze riconosciute.

Quale addestramento per i cani è consentito in Italia?

In Italia, l’addestramento dei cani è regolamentato a livello nazionale da regole che, pur riconoscendo l’importanza dell’educazione cinofila, non prevedono ancora un sistema uniforme per le professioni nel settore.

Allo stato attuale è la norma UNI 11790:2020Attività professionali non regolamentate – Educatore Cinofilo ed Esperto Cinofilo nell’Area Comportamentale – Requisiti di conoscenza, abilità e competenza” a regolamentare il settore. Un Ddl proposto nel 2020, Disciplina delle professioni del settore cinofilo, è rimasto senza attuazione.

L’obiettivo di queste regole è assicurare il benessere dei cani, proteggendo la loro salute fisica e psicologica e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza pubblica e favorire una corretta convivenza tra animali e persone.

Norme generali per il benessere e la formazione del cane

Le leggi italiane stabiliscono che gli addestratori e i proprietari debbano adottare metodi di addestramento rispettosi del cane, evitando qualsiasi forma di abuso o coercizione. Sono vietate pratiche che possano causare sofferenza o stress all’animale, come il ricorso a punizioni fisiche o l’uso di strumenti lesivi. L’obiettivo principale è quello di promuovere metodi positivi e non violenti, basati sulla ricompensa e sul rinforzo positivo, evitando ogni forma di addestramento aggressivo o coercitivo.

Formazione e qualifiche degli addestratori

Attualmente, in Italia non esiste una regolamentazione nazionale unificata per gli addestratori di cani. Chiunque può avviare un’attività di addestramento, purché rispetti le normative locali relative alla salute e alla sicurezza pubblica. Tuttavia, alcune regioni e comuni stanno introducendo regolamenti che richiedono qualifiche professionali specifiche e l’iscrizione a registri di addestratori riconosciuti.

Esistono anche corsi di formazione organizzati da enti come l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (ENCI), che rilasciano certificazioni riconosciute nel settore. Questi corsi includono moduli sul comportamento animale, sulla psicologia del cane e sulle tecniche di addestramento, e rappresentano un percorso preferibile per chi desidera avviare una carriera professionale e qualificata nel campo cinofilo.

Professioni e certificazioni europee

L’Italia si sta anche muovendo verso l’adozione della normativa europea CEN-CWA 16979, un accordo che definisce le competenze minime per i professionisti della formazione cinofila. Questa certificazione, conosciuta come Dog Training Professional (DTP) e Dog Training Professional Behaviour (DTP-B), stabilisce standard formativi per educatori e istruttori, inclusi aggiornamenti continui e un codice etico. L’obiettivo è formare figure professionali in grado di gestire i cani in modo sicuro e appropriato, riducendo il rischio di abbandoni e promuovendo adozioni più consapevoli.

Regole nei canili e nelle adozioni

Per quanto riguarda i canili, non esiste un regolamento nazionale che imponga obblighi formativi per gli operatori. Di conseguenza, la gestione è spesso affidata a volontari o personale con formazione limitata. Tuttavia, l’introduzione di figure certificate, come il DTP-B specializzato in comportamenti problematici, potrebbe migliorare la qualità della vita nei canili e facilitare il processo di adozione, assicurando che ogni cane venga affidato alla famiglia più adatta.

Punti chiave della normativa italiana

  1. Vietato l’uso di metodi coercitivi o violenti: è proibito qualsiasi tipo di addestramento che possa causare danno o sofferenza al cane.
  2. Obbligo di rispetto dei bisogni etologici: l’addestramento deve tenere conto delle caratteristiche naturali e psicologiche del cane.
  3. Assenza di regolamentazione unificata per gli addestratori: attualmente non vi è una normativa nazionale, ma alcune regioni e comuni stanno implementando registri e requisiti specifici.
  4. Prossima introduzione di certificazioni europee: lo standard CEN-CWA 16979 potrebbe diventare un riferimento importante per l’intero settore.