Reazione negativa da parte dei sindacati, che bocciano nettamente l’ipotesi di far rimanere il personale della Pubblica amministrazione al lavoro oltre i 67 anni, seppur su base volontaria.


La discussione sul possibile prolungamento dell’età lavorativa oltre i 67 anni per i dipendenti pubblici è al centro di un acceso dibattito. Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo assistito in modo particolare a un’inversione di tendenza: siamo passati da una normativa che prevedeva il pensionamento automatico al raggiungimento dei 67 anni all’ipotesi odierna di una revisione che consentirebbe a molti lavoratori di continuare oltre questa soglia, fino a superare i 70 anni.

Proposta che ai sindacati non è andata affatto giù.

Al lavoro oltre i 67 anni nella Pubblica amministrazione: i sindacati bocciano la proposta

Le principali sigle sindacali del settore pubblico si sono infatti fermamente opposte a questa possibilità, sostenendo che sarebbe più urgente avviare nuove assunzioni e favorire il turnover.

Le OO.SS. vedono la proposta come una soluzione temporanea e inefficace ai problemi strutturali della Pubblica amministrazione, che richiederebbero piuttosto nuove assunzioni e una revisione profonda delle condizioni lavorative. Si prospetta dunque un braccio di ferro nelle prossime settimane tra Governo e dipendenti statali.

La posizione della FP CGIL: salari bassi, rischio di avere dei pensionati pubblici “poveri”

Secondo la Segretaria generale della Funzione Pubblica CGIL, Serena Sorrentino, l’idea di estendere l’età lavorativa è inaccettabile. La Sorrentino ha duramente criticato la politica del governo, accusando l’esecutivo di non aver adottato misure efficaci per risolvere i problemi strutturali della Pubblica amministrazione (Pa). “Salari bassi, carichi di lavoro crescenti e ora anche l’innalzamento dell’età pensionabile? Questo non è il modo di valorizzare il lavoro pubblico“, ha affermato.

Sorrentino ha inoltre contestato la gestione delle assunzioni da parte del ministro per la Pa, Paolo Zangrillo, sottolineando che la maggior parte delle nuove procedure di reclutamento avviate negli ultimi anni erano già state previste dai governi precedenti. Ha ricordato che ci sono ancora circa 300.000 dipendenti non sostituiti a causa del blocco del turnover, mentre le assunzioni realmente attribuibili all’attuale governo sono poche e concentrate in settori centrali.

Altro tema centrale nelle critiche della CGIL è quello dei salari. La Segretaria generale ha evidenziato come i compensi contrattuali siano troppo bassi e ha criticato l’introduzione di sistemi di valutazione del merito, come le cosiddette “pagelline” compilate dai dirigenti. Secondo Sorrentino, queste misure non rappresentano una vera soluzione, soprattutto considerando che il salario accessorio rimane bloccato e che il governo non ha eliminato i tetti retributivi.

La sindacalista ha anche espresso preoccupazione per le condizioni economiche dei dipendenti pubblici vicini alla pensione, costretti, secondo lei, a scegliere tra diventare “pensionati poveri” o restare al lavoro fino allo stremo delle forze.Molti non hanno alternative, soprattutto con pensioni più basse dei già esigui salari“, ha concluso Sorrentino.

La posizione della CISL: libertà di scegliere per il lavoratore, ma serve maggiore flessibilità in uscita

Anche la CISL, tramite il segretario confederale Ignazio Ganga, si è espressa in merito. Ganga ha sottolineato come la proposta di prolungare il servizio oltre i 67 anni possa essere presa in considerazione solo se viene lasciata al singolo lavoratore la piena libertà di scelta.

La CISL, però, ribadisce la necessità di un confronto con il governo per affrontare le molteplici questioni legate alla previdenza, tra cui la flessibilità in uscita e le pensioni di garanzia per i giovani. Ganga ha inoltre insistito sulla necessità di non rallentare l’assunzione di nuovo personale, fondamentale per colmare le carenze strutturali della Pa.

La posizione della UIL: politiche fallimentari sul personale

Infine dalla UIL Pubblica amministrazione il segretario generale Sandro Colombi ha espresso un’opposizione altrettanto decisa. Colombi ha ironizzato sulla proposta di prolungare l’età pensionabile, definendola una “vecchia trovata” che serve solo a mascherare il fallimento delle politiche sul personale degli ultimi decenni. Secondo Colombi, il vero problema è la mancanza di un ricambio generazionale nelle amministrazioni pubbliche, che ha portato a un depauperamento delle competenze professionali.