Il Consiglio di Stato esamina una controversia riguardante la monetizzazione delle ferie non godute per causa imputabile al lavoratore: ecco quali sono le conclusioni emesse dai giudici amministrativi.
La monetizzazione delle ferie è una pratica che coinvolge la conversione dei giorni di ferie non goduti in un compenso economico. Questo processo varia in base alle leggi del lavoro e alle politiche vigenti in diversi paesi.
In molti contesti, i dipendenti hanno il diritto di fruire delle ferie accumulate, e generalmente, questa è considerata una pratica salutare per garantire il benessere dei lavoratori. Tuttavia, in alcune circostanze, un dipendente potrebbe decidere di non usufruire delle ferie e invece richiedere la monetizzazione di tali giorni.
La possibilità di monetizzare le ferie può essere disciplinata da normative specifiche: talvolta, i lavoratori possono chiedere il pagamento in denaro per i giorni di ferie non utilizzati, soprattutto quando non è praticamente possibile prendere una pausa o quando ci sono circostanze eccezionali che impediscono la fruizione delle ferie.
In Italia si tratta di una pratica che, sulla carta, è vietata dal Decreto Legge 95/2012 ma che, tuttavia deve essere coerente con i principi stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea in merito al diritto del lavoratore alle ferie retribuite e all’indennità sostitutiva corrispondente. Qui trovate un approfondimento dettagliato su questa materia.
E adesso, con l’ultima pronuncia del Consiglio di Stato, si aggiunge un nuovo precedente giuridico alla materia.
La controversia esaminata dai giudici amministrativi
Nel caso in esame si tratta di un parere espresso in merito alla monetizzazione delle ferie non godute da parte di un finanziere deceduto. La vicenda riguarda la richiesta della vedova di convertire in compensi economici i giorni di licenza ordinaria non fruiti dal defunto, collocato in aspettativa per infermità e dichiarato inabile al servizio il giorno prima del decesso.
Il Ministero dell’economia e delle finanze aveva respinto la richiesta con una determina apposita, sostenendo che il militare aveva scelto liberamente di non convertire i giorni di licenza ordinaria in licenza straordinaria prima del collocamento in aspettativa. Questa scelta, secondo l’Amministrazione, rendeva impossibile la monetizzazione delle ferie non godute.
La vedova del finanziere aveva presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, contestando la decisione del Ministero e invocando il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non fruite.
Niente monetizzazione ferie non godute, se la causa è imputabile al lavoratore
Nel respingere il ricorso, il Consiglio di Stato ha chiarito che il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute si applica solo quando è certo che la mancata fruizione di tali ferie non è stata determinata dalla volontà del lavoratore e non è imputabile a quest’ultimo. Nella specifica situazione esaminata, la documentazione allegata dimostrava chiaramente che il finanziere aveva fatto una scelta consapevole: aveva esplicitamente richiesto di non convertire i giorni di licenza ordinaria in licenza straordinaria.
Questo dettaglio è cruciale perché conferma che il lavoratore aveva la possibilità concreta di fruire delle ferie nonostante la sua scelta di non farlo. La richiesta di non convertire i giorni di licenza ordinaria in licenza straordinaria rappresenta un atto volontario da parte del finanziere, e la sua manifestazione esplicita di non voler usufruire di tali giorni sottolinea la sua libertà di scelta in merito.
Questa sentenza rimarca dunque il concetto già chiaramente espresso da un’altra sentenza del CdS emessa lo scorso ottobre, in cui si ribadiva in maniera decisa che i dipendenti non possono sfruttare il sistema a loro vantaggio quando hanno avuto la possibilità di esprimere un consenso e lo hanno delibaratamente omesso.
Il testo della pronuncia del Consiglio di Stato
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it