A scatenare quello che sta diventando un vero e proprio caso giuridico è stata la recente sentenza del tribunale di Catania che dichiara illegittimo il decreto sul trattenimento dei migranti.
Il decreto del governo, concepito per stringere il trattenimento dei migranti con l’obiettivo del rimpatrio, è stato infatti definito “illegittimo in più parti” dal Tribunale di Catania.
La decisione è stata presa in seguito al ricorso presentato da un cittadino tunisino, sbarcato a metà settembre a Lampedusa durante un periodo di intensi arrivi e poi portato al centro di Pozzallo. Questo non è un caso isolato: in totale, il giudice ha respinto il provvedimento di trattenimento per quattro migranti nel centro della provincia di Ragusa.
Ma scopriamo quali sono i punti che va ad attaccare la sentenza dal punto di vista giuridico, prima di analizzare la questione anche dal punto di vista politico.
Il caso giuridico che emerge dalla sentenza del tribunale di Catania sui migranti
La giudice Iolanda Apostolico della Sezione Specializzata del Tribunale di Catania ha stabilito, in sintesi che alcune parti del decreto, tra cui la fideiussione, il provvedimento di trattenimento e le procedure accelerate in frontiera, sono in contrasto con le leggi europee e devono essere disapplicate.
L’imposizione della garanzia economica
In particolare, la sentenza ha sottolineato che il trattenimento dei cittadini stranieri provenienti da Paesi “sicuri” che richiedono protezione internazionale senza una valutazione individuale e l’imposizione di una garanzia economica di € 4938,00 sono illegittimi alla luce delle normative europee.
Secondo il tribunale, questo costituirebbe un “requisito amministrativo imposto al richiedente” senza una valutazione adeguata, violando così il diritto europeo e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea.
Inoltre, secondo i giudici, ciò è incompatibile con la direttiva Ue 2013/33/Ue, nota come “direttiva accoglienza“, e con la Costituzione italiana.
Il provvedimento di trattenimento illegittimo
Secondo i giudici il trattenimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato. La sentenza evidenzia che i provvedimenti emessi dal questore di Ragusa non soddisfano questa richiesta, mancando una valutazione caso per caso e senza considerare eventuali vulnerabilità che potrebbero rendere incompatibile il trattenimento.
L’attenzione si è concentrata su un tipo specifico di trattenimento, ossia quello effettuato in frontiera. Nel caso dei migranti in questione, il percorso è stato complesso: dopo essere sbarcati a Lampedusa, sono transitati attraverso Palermo prima di essere condotti a Pozzallo. Infatti le procedure accelerate in frontiera dovrebbero svolgersi, come suggerisce il nome stesso, esclusivamente in frontiera.
Il decreto del Viminale avrebbe così considerato la provincia di Ragusa come zona di transito/frontiera, dove è possibile realizzare centri di trattenimento per le relative procedure accelerate. Tali aree, secondo il governo, non fanno parte del territorio nazionale, come sostenuto nel “dl Cutro“, che stabilisce l’accesso al territorio nazionale solo in caso di esito positivo della domanda d’asilo.
Tuttavia, il tribunale di Catania ha censurato questa interpretazione, stabilendo che il trattenimento di questo tipo può avvenire solo nel luogo in cui la persona è entrata, vale a dire Lampedusa.
La lista dei “Paesi sicuri”
Il tribunale ha rilevato che il decreto presenta dei problemi anche sulla questione della lista dei “Paesi sicuri”.
Secondo i giudici di Catania va infatti assolutamente escluso – alla luce di principi della Costituzione – che la sola provenienza del richiedente asilo da un Paese sicuro «possa automaticamente privargli di fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale».
La polemica politica
Lo scontro sulla questione dell’immigrazione illegale continua ovviamente a infiammare il dibattito politico in Italia, con la premier Giorgia Meloni che ha dichiarato che il governo sta lavorando seriamente per contrastare l’immigrazione illegale di massa e facilitare le espulsioni di coloro che non hanno diritto ad essere accolti.
Ed è anche per questo motivo che la premier ha attaccato direttamente il tribunale etneo, sostenendo che “un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale.” La Lega annuncia intanto una interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio.
In risposta agli attacchi l’Associazione nazionale magistrati ha espresso solidarietà alla giudice, sottolineando l’importanza del controllo giurisdizionale sui provvedimenti che limitano la libertà personale. Di conseguenza l’Anm ha richiesto di aprire una pratica a tutela della giudice Iolanda Apostolico: richiesta che è stata formalmente depositata al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura.
Si tratta di una “grave delegittimazione professionale” fanno intanto quadrato i consiglieri del Csm che hanno avviato una raccolta di firme a tutela della giudice di Catania, che secondo la premier si è “scagliata” contro un provvedimento del governo “democraticamente eletto“.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it