intelligenza artificialeVediamo una riflessione sull’intelligenza artificiale, diventata sempre più presente nelle nostre vite. 


Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale è diventata argomento di numerose discussioni, e non soltanto tra gli addetti ai lavori. Non passa giorno che stampa e televisione non presentino qualche novità in questo campo: basti pensare all’enorme successo delle automobili Tesla, in parte controllate da un’intelligenza artificiale, o ancora alle applicazioni in campo economico ed assicurativo.

Ma gli stessi telefoni che teniamo in tasca, con le applicazioni per la trasformazione dei volti o degli assistenti virtuali (Siri, Alexa, assistente Google) rappresentano esempi ancor più diffusi.

Questi progressi rappresentano realmente qualcosa di straordinario? Quanto siamo lontani dalla creazione di un’intelligenza artificiale in grado di pensare e provare sentimenti ed emozioni?

La domanda è, in realtà, sbagliata. Siamo abituati a definire “intelligente” tutto ciò che pensa – o sembra pensare – nel modo in cui lo facciamo noi. Ma non è affatto detto che un apparecchio o un organismo pensanti sia caratterizzato da modelli logici e comportamentali sovrapponibili ai nostri. Questo rende particolarmente difficile immaginare ed accettare intelligenze diverse dalla nostra, anche se potenzialmente superiori.

A confondere ulteriormente il quadro, la nostra visione è distorta da decenni di produzioni artistiche, sia letterarie che cinematografiche, nelle quali le intelligenze artificiali vengono dipinte come supercomputer senzienti con intenti malevoli.

Le cose sono ben più complicate, in quanto immaginare, progettare e creare un’intelligenza artificiale richiede un enorme sforzo economico e di ricerca e sviluppo in campo tecnologico.

Che cosa è l’intelligenza?

L’intelligenza, prima ancora di entrare nel tema dell’artificialità, è un’entità di difficile definizione. La sua definizione varia moltissimo in base al descrittore, dato che è caratterizzata da una miriade di sfaccettature difficilmente tutte racchiudibili all’interno di un unico sguardo.

Ecco che uno psicologo renderà una definizione diversa rispetto ad un medico o ad un filosofo.

Esistono comunque della caratteristiche a comune tra le varie definizioni: ad esempio l’intelligenza può essere vista come la capacità di risolvere problemi in situazioni diverse tra loro, mettendo a frutto le conoscenze pregresse. Per situazioni diverse, ovviamente, si intendono condizioni nuove e mai affrontate in precedenza.

L’intelligenza artificiale ristretta

Abbiamo citato Siri e Cortana: questi esempi moderni e ben noti di intelligenza artificiale sono caratterizzati da una discreta capacità di comprendere ciò che viene loro chiesto, ma mancano della capacità di contestualizzare e di mantenere il “filo del discorso”. Questo grosso limite è dato dal fatto che si tratta di intelligenze artificiali ristrette, ovvero capaci di fare una sola cosa (o al massimo qualcuna).

Siri, ad esempio, è in grado di rispondere a semplici domande, ma non sarà in grado di mantenere una conversazione, neanche molto semplice. I videogiochi sono esempi analoghi: si tratta di prodotti caratterizzati da una intelligenza artificiale molto ristretta, capace di muovere i nemici all’interno di un ambiente chiuso e controllato. Non per nulla, il gioco degli scacchi – con le sue regole ben definite – è stato per decenni un eccellente terreno di allenamento per le intelligenze artificiali.

Un ultimo appunto riguarda la natura di queste intelligenze: si tratta di agenti pensati e creati per risolvere problemi umani, mentre nel prossimo futuro sarà lecito aspettarsi la comparsa di bisogni e obiettivi non più umani, ma artificiali.

Intelligenza artificiale generale

In modo diametralmente opposto, le intelligenze artificiali generali sono in grado di apprendere un numero illimitato di nuove abilità, imparando dai propri errori ed assimilando informazioni dall’ambiente. Oltre a giocare a scacchi, potrebbe imparare a guidare un’auto a a comporre musica. Diventerà, in sostanza, molto simile al nostro cervello, quantomeno nel funzionamento di fondo…per quanto molto, molto più veloce nell’elaborazione.

Ecco perché i alcuni libri sull’intelligenza artificiale affrontano il problema con un approccio molto più “umano”, partendo proprio dalla definizione di intelligenza e dalla struttura macro e microscopica cerebrale.

Non dobbiamo tuttavia cadere nell’errore di considerare un’intelligenza del genere come un qualcosa di simile a noi, con la sola differenza di essere più veloce di noi. Se si tratta davvero di un agente estremamente intelligente, come possiamo pensare che sarà disponibile ad ascoltarci o ad impiegare tempo e risorse per risolvere i nostri problemi? La paura di una modifica o eventuale disattivazione, la metterà sulla difensiva?

Ovviamente, ad oggi, non abbiamo alcuna possibilità di rispondere in modo adeguato a questi quesiti. Ma non dobbiamo dimenticare che se un’intelligenza è in grado di superare la nostra, nulla le impedirà di mettere mano alla propria struttura, migliorando al punto da andare incontro ad una crescita esponenziale della propria capacità elaborativa.

Dovremmo aver paura?

Non dobbiamo, per il momento, aver paura. Sarebbe tuttavia il caso di mettere da parte pregiudizi e stereotipi, iniziando quindi a riflettere seriamente su quelle che saranno inevitabilmente le questioni etiche e filosofiche dalle quali saremo inevitabilmente investiti nei prossimi decenni. Se non cominciamo da subito, potrebbe essere troppo tardi.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it