I limiti alla monetizzazione delle ferie nel pubblico impiego: la Cassazione fornisce alcuni importanti chiarimenti sul Pagamento delle Ferie non Godute nel Pubblico Impiego.
La Cassazione ha gettato un’altra ancora sulla situazione con l’ordinanza 20091.
Nel caso di specie, la Corte territoriale, ha accertato come incontestata l’interpretazione dell’art. 21 del c.c.n.I. del 1996 per il personale dell’area della dirigenza sanitaria, là dove lo stesso ha previsto che alla cessazione del rapporto d’impiego le ferie residue possano essere “monetizzate” solo quando il mancato godimento sia determinato da effettive e indifferib.ili esigenze di servizio, formalmente comprovate, o, comunque, a causa di ragioni indipendenti dalla volontà del dirigente.
Nel caso in esame la Corte territoriale, ha ritenuto chiaramente disatteso l’onere dì allegazione specifico dell’impossibilità dì fruire delle ferie per causa non imputabile, tenuto conto della ragguardevole entità del numero dì giornate dì ferie non godute (246,50 giorni in dieci anni), e del fatto che al dirigente sanitario apicale non potesse imputarsi un dovere d’ufficio dì collocazione in ferie del dirigente responsabile dì unità operativa, né che un’impossibilità della relativa fruizione potesse essere presunta sulla base dì altre circostanze.
Dunque per la Cassazione per passare davvero all’incasso occorre che ci siano «eccezionali e motivate esigenze di servizio o cause di forza maggiore», e soprattutto che queste esigenze siano documentate puntualmente.
Sullo stesso tema la stessa Corte, con la sentenza 15652/2018 era intervenuta poche settimane fa per sancire l’obbligo, a carico delle amministrazioni, di certificare la possibilità di riposi compensativi assicurata al dipendente titolare di ferie “in eccesso”. Senza questa prova, avevano spiegato i giudici, le ferie non godute dal dipendente che esce di scena vanno monetizzate.