La corte di Cassazione, con la sentenza 2496/2018, si esprime sulla remunerazione di eventuali ferie residue per il dipendente della PA che si appresta al pensionamento.
Un lavoratore di una PA aveva lavorato fino al suo pensionamento con un residuo di ferie non fruite pari a 52 giorni. A fronte del diniego alla monetizzazione delle stesse, il lavoratore si è rivolto al giudice del lavoro.
Pensionamento Statali: diritto alla remunerazione delle ferie residue?
La disciplina statale in questione come interpretata dalla prassi amministrativa e dalla magistratura contabile, esclude dall’ambito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro. Nello specifico non devono chiamare in causa la volontà del lavoratore e la capacità organizzativa del datore di lavoro.
Ha chiarito la Corte costituzionale che tale interpretazione si pone nel solco della giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione. Essa non pregiudica il diritto alle ferie, come garantito dalla Carta fondamentale (art. 36, comma terzo), dalle fonti internazionali e da quelle europee.
Tale diritto inderogabile sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore. Dal mancato godimento delle ferie deriva il diritto per il lavoratore alla remunerazione dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva.
Nel caso specifico il collocamento d’ufficio in ferie del lavoratore da parte del datore di lavoro, senza assorbimento al momento del pensionamento dell’intero monte ferie spettante, era intervenuto senza che risultasse che il lavoratore medesimo si fosse rifiutato di godere delle ferie in un periodo indicato e comunicato dal datore di lavoro.
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