I documenti informatici devono essere materializzati su supporti fisici per essere considerati giuridicamente esistenti ai fini delle disposizioni tributarie? Quali sono i tempi da rispettare per procedere alla loro conservazione elettronica?
Sono alcune delle domande cui l’Agenzia delle Entrate ha dato risposta con la risoluzione n. 46/E del 10 aprile 2017.
Conservazione documenti informatici nella PA: nuove linee guida AgID valide a partire dal 2022.
Il caso
Volendo iniziare la conservazione “sostitutiva” (ossia in formato dematerializzato) di documenti analogici, un contribuente chiede se sia compatibile con le disposizioni vigenti la procedura ipotizzata a tal fine. Il procedimento, in particolare, prevede:
- che, al momento della ricezione delle fatture e degli altri documenti, gli stessi siano numerati progressivamente con un apposito “protocollo di arrivo” (formato da serie alfanumeriche univoche differenziate a seconda del formato del documento ricevuto) apposto:
- manualmente per quelli cartacei, con successiva acquisizione, tramite scanner, della relativa immagine
- sull’immagine dei documenti in formato digitale (pdf o altro) tramite apposito software
- l’integrazione dei documenti elettronici per i quali è stabilito l’assolvimento dell’Iva da parte del cessionario/committente (tipicamente gli acquisti in regime di reverse charge) mediante la predisposizione di un altro documento, allegato all’immagine dei primi, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa. Il tutto da conservare in solo formato elettronico, senza alcuna stampa cartacea
- la registrazione delle fatture secondo il disposto dell’articolo 25 del Dpr 633/1972, con annotazione del numero del “protocollo di arrivo”
- il completamento della procedura di conservazione sostitutiva (secondo quanto previsto dal Dm 17 giugno 2014) e la distruzione dei documenti in formato cartaceo.
Le risposte del Fisco
1. Documenti contabili in formato elettronico
Il primo passaggio logico-giuridico affrontato dall’Agenzia delle Entrate nel dare risposta ai quesiti formulati riguarda la possibilità (o meno) di produrre e conservare i documenti contabili con modalità diverse da quella analogica. Sul punto, l’Amministrazione finanziaria si era già espressa con la risoluzione 158/2009, laddove aveva chiarito che i documenti carenti dei requisiti per essere considerati “informatici” ab origine – ossia formati tramite strumenti informatici, ma non aventi, fin dalla loro formazione, i requisiti dei documenti informatici (ossia staticità, immodificabilità, eccetera, secondo il disposto dell’allora vigente Dm 23 gennaio 2004) – devono essere materializzati su un supporto fisico per essere considerati giuridicamente esistenti ai fini delle disposizioni tributarie.
Veniva comunque ammessa, per la loro conservazione, l’acquisizione della relativa immagine tramite il processo di generazione dello spool (o rappresentazione grafica) di stampa, purché l’immagine così ottenuta rispecchiasse fedelmente il contenuto del relativo documento.
L’evoluzione normativa degli ultimi anni – con l’abrogazione del Dm 23 gennaio 2004 e l’emanazione del Dm 17 giugno 2014, che rinvia espressamente al Codice dell’amministrazione digitale (di cui al Dlgs 82/2005) – ha tuttavia modificato il quadro di riferimento, a cominciare dalla stessa definizione di documento informatico, ora da intendersi come “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (cfr articolo 1, lettera p), del Cad).
Ne deriva, come indicato dalla stessa Agenzia delle Entrate, che di fronte a un documento dotato dei requisiti per essere considerato “informatico” – perché così creato o divenuto in successivi passaggi – non vi è alcun obbligo di una sua materializzazione su supporti fisici per considerarlo giuridicamente esistente ai fini delle disposizioni tributarie.
È dunque possibile, ad esempio, evitare la stampa di una fattura ricevuta in formato digitale, pur quando la stessa, in base all’articolo 21 del Dpr 633/1972, non sia una vera e propria “fattura elettronica” (dotata, quindi, di tutti i requisiti previsti dallo stesso articolo 21 per tale tipologia).
Ciò fermo restando che, in caso di verifiche, controlli o ispezioni, come previsto dall’articolo 5, comma 2, Dm 17 giugno 2014, il documento informatico dovrà essere reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato dal soggetto ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lettera d), Dpr 633/1972.
2. I termini della conservazione sostitutiva
L’Amministrazione finanziaria, nell’avallare la procedura indicata dal contribuente, ha colto l’occasione per ribadire precedenti interventi e fornire interessanti precisazioni in tema di conservazione dei documenti fiscalmente rilevanti.
Sotto il primo profilo, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che:
- è possibile, ai fini dell’assolvimento dell’Iva da parte del cessionario/committente, nelle ipotesi di acquisti in regime di reverse charge (articoli 46 del Dl 331/1993, 17 e 74 del Dpr 633/1972):
- predisporre un altro documento da allegare all’immagine della fattura ricevuta, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa (secondo quanto già indicato in precedenti documenti di prassi, quali la circolare 13/1994, nonché la successiva 45/2005 e la risoluzione 52/ 2010)
- conservare tutta la documentazione (fatture e documenti integrativi a esse collegati) in formato elettronico, senza procedere ad alcuna stampa
- non è necessario (cfr le risoluzioni 153/2000 e 318/2007):
- che il numero progressivo di registrazione delle fatture sul registro Iva coincida con il numero di protocollo di ricezione. L’annotazione di entrambi i numeri attribuiti alla fattura di acquisto, sia sul registro dei protocolli di arrivo sia sul registro Iva degli acquisti, assicura, infatti, l’univoca correlazione tra i dati contenuti nel documento e i dati riportati sui menzionati registri
- apporre fisicamente il “numero progressivo Iva” sul documento originale, qualora sia assicurata la perfetta corrispondenza dei dati contenuti nella fattura con quelli riportati nel registro Iva degli acquisti e nel registro dei protocolli di arrivo e, in particolare, sia riportato in quello Iva, con riferimento a ciascun documento, anche il numero progressivo di “protocollo di arrivo”, risultando comunque indispensabile che attraverso la consultazione dell’archivio informatico sia facilmente reperibile qualsiasi documento originale contraddistinto da tale classificazione.
Quanto ai termini di conservazione, il rinvio all’articolo 7, comma 4-ter, del Dl 357/1994 (contenuto nell’articolo 3, comma 3, del Dm 17 giugno 2014) comporta che la conservazione dei documenti informatici, ai fini della loro rilevanza fiscale, deve essere eseguita entro il terzo mese successivo al termine di presentazione delle dichiarazioni annuali. Il plurale, utilizzato dalla norma, in questi mesi ha spinto alcuni commentatori a domandarsi se il riferimento sia alla dichiarazione dei redditi, a quella Iva o altro.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che il termine in questione, in un’ottica di semplificazione e uniformità del sistema, va inteso come quello di presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi, valido anche per i documenti rilevanti ai fini Iva, sebbene da quest’anno la presentazione delle due dichiarazioni non sia più allineata (si veda, in tema di Iva, l’articolo 8 del Dpr 322/1998). Ne deriva che, per i periodi d’imposta coincidenti con l’anno solare (in ipotesi 1° gennaio – 31 dicembre 2016), a legislazione vigente, il termine ultimo di conservazione coinciderà con il 31 dicembre successivo (31 dicembre 2017).
Diverso il discorso per i periodi d’imposta non coincidenti con l’anno solare, tipici degli esercizi “a cavallo” (ad esempio, 1° luglio 2015 – 30 giugno 2016). In questo caso, i documenti rilevanti ai fini Iva andranno conservati entro il terzo mese successivo al termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi successiva alla fine dell’anno solare.
Dunque, rimanendo all’esempio appena fatto (esercizio 1° luglio 2015 – 30 giugno 2016), presentata la dichiarazione dei redditi entro il 31 marzo 2017, i documenti fiscalmente rilevanti (ivi comprese le fatture emesse nel corso del periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2016) andranno portati in conservazione non oltre il 30 giugno 2017.