procure liti tributarieAttraverso un’interpretazione restrittiva delle norme in materia di procura delle liti, i giudici di legittimità ribadiscono che la stessa va conferita a gradi di merito chiusi.

 

È inammissibile il ricorso in Cassazione per difetto di procura, se questa non è specificamente rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria regionale. È quanto ha deciso la Corte suprema con la sentenza n. 575 del 15 gennaio 2016, che ha rigettato il ricorso per cassazione in quanto la procura speciale ai difensori era stata rilasciata a margine dell’atto di appello, non risultando invece a essi specificamente conferita dopo la pubblicazione della sentenza impugnata.

 

Ai sensi dell’articolo 365 del codice di procedura civile, il ricorso diretto alla Corte di cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo speciale dei patrocinanti in Cassazione, munito di procura speciale.

 

Secondo i giudici di legittimità, che richiamano un orientamento consolidato, detta norma deve essere intesa nel senso che la procura rilasciata ai fini della proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, con specifico riferimento alla fase di legittimità, dopo la pubblicazione della sentenza impugnata. “È, pertanto, inidonea allo scopo e, come tale, determina l’inammissibilità del ricorso, la procura apposta in margine o in calce all’atto introduttivo del giudizio di merito, ancorché conferita per tutti i gradi e le fasi del giudizio” (cfr Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 488/2000 e Cassazione ordinaria n. 19226/2014).

 

I giudici della Corte, attraverso un’interpretazione restrittiva delle norme in materia di procura alle liti (articolo 15, comma 3, Dlgs 546/1992, nonché – in quanto applicabili ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Dlgs richiamato – gli articoli 83, terzo comma, e 365 cpc), ai fini di una valida proposizione del ricorso per cassazione, richiedono non solo che la stessa non possa essere rilasciata a margine o in calce ad atti diversi dal ricorso o dal controricorso, salva l’ipotesi di suo conferimento nella forma prevista dal secondo comma dello stesso articolo, cioè con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, ma è fondamentale che la stessa sia rilasciata successivamente alla pronuncia che si vuole impugnare.

 

La ratio di tale ultima prescrizione viene individuata dai giudici di legittimità nell’“esigenza, coerente con il principio del giusto processo, di assicurare la certezza giuridica della riferibilità dell’attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa”. Per la stessa ragione, l’eventuale procura rilasciata ai fini del ricorso per cassazione, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, deve necessariamente fare specifico riferimento alla sentenza che si vuole impugnare (cfr Cassazione, sentenza n. 6000/2015).

 

I giudici di legittimità, inoltre, hanno specificato che l’ipotesi posta alla loro attenzione è quella di “inesistenza della procura ad litem” e tale vizio, oltre all’inammissibilità del ricorso per cassazione già menzionata, determina l’addebito degli oneri processuali a carico degli stessi difensori (e non in capo al ricorrente).

 

In tali casi, secondo i giudici, l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità, diversamente da quanto accade, invece, nelle ipotesi di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura “ad litem”, nel qual caso la parte rappresentata assume le vesti di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo.