giudici di paceCon l’articolo 9, comma 1, lettere o), p) e q), del Dlgs 156/2015, sono state apportate alcune integrazioni e modificazioni al titolo II, capo I, sezione V, del Dlgs 546/1992 in tema di sospensione ed estinzione del processo.
 

Integrazione delle ipotesi di sospensione del processo

 

L’articolo 9, comma 1, lettera o), del Dlgs 156/2015, ha aggiunto i commi 1-bis e 1-ter all’articolo 39 del Dlgs 546/1992, rubricato “Sospensione del processo”.
Tale disposizione reca le ipotesi di sospensione del processo tributario. Nella formulazione vigente, la sospensione del processo è prescritta nei casi di proposizione di querela di falso e di sussistenza di questioni pregiudiziali concernenti lo stato o la capacità delle persone, fatta eccezione per la capacità di stare in giudizio che, in ossequio al principio generale secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte incidenter tantum dal giudice che ha giurisdizione sulla domanda, costituisce oggetto di cognizione incidentale da parte del giudice adito.
Specifiche disposizioni di legge individuano ulteriori ipotesi di sospensione necessaria, quali la rimessione alla Corte costituzionale di una questione di legittimità costituzionalee la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione o del ricorso per ricusazione.

 

I casi di sospensione di cui al vigente articolo 39 riguardano fattispecie devolute in via esclusiva al giudice ordinario. Con l’inserimento del comma 1-bis, si prevede in via generale la sospensione necessaria per pregiudizialità nei rapporti tra liti instaurate dinanzi alle commissioni tributarie. In particolare, riproducendo parzialmente l’articolo 295 cpc, il legislatore ha stabilito che “La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.
 

In tal modo, la norma recepisce il consolidato indirizzo della giurisprudenza della Corte di cassazione che, rimarcando la distinzione tra rapporti esterni (tra processo tributario e altri processi) e rapporti interni (tra processi tributari) riconosce, con riferimento a questi ultimi, l’applicabilità della sospensione per pregiudizialità di cui all’articolo 295 cpc.

 

Il Collegio supremo ha, infatti, evidenziato che:

 

In tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 39 – secondo il quale il processo è sospeso soltanto quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio -, regola unicamente i rapporti esterni, ovverossia i rapporti tra processo tributario e processi non tributari, mentre, in ordine ai rapporti tra processi tributari, trova applicazione, in virtù del disposto del citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 la disciplina dettata dall’art. 295 c.p.c” (in tal senso, ex multis, Cassazione 21291/2014).
 

Quanto alla nozione di pregiudizialità, la Corte di cassazione ha affermato che:

 

la sospensione necessaria del processo può essere disposta, a norma dell’art. 295 c.p.c., quando la decisione del medesimo dipenda dall’esito di altra causa, nel senso che questo abbia portata pregiudiziale in senso stretto, e cioè vincolante, con effetto di giudicato, all’interno della causa pregiudicata, ovvero che una situazione sostanziale rappresenti fatto costitutivo, o comunque elemento fondante della fattispecie di altra situazione sostanziale, sicché occorra garantire uniformità di giudicati, essendo la decisione del processo principale idonea a definire, in tutto o in parte, il “thema decidendum” del processo pregiudicato” (Cassazione 20928/2014, con numerosi richiami conformi).
 

Sussiste, ad esempio, un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio avente a oggetto il provvedimento di diniego o di cancellazione dell’iscrizione all’Anagrafe delle Onlus e i giudizi vertenti sugli atti impositivi emessi per recuperare le imposte o le maggiori imposte non versate. Di contro, la controversia concernente atti della riscossione delle somme dovute in pendenza di ricorso avverso un avviso di accertamento non è interessata da alcun nesso di pregiudizialità rispetto al giudizio avente a oggetto l’accertamento, atteso che la riscossione trova la sua fonte di legittimità nella provvisoria esecutorietà dell’atto impositivo, quand’anche impugnato.
 

Come emerge dal dettato normativo e dalla ratio dell’istituto, che si individua nell’esigenza di evitare il conflitto di giudicati, la sospensione per pregiudizialità deve essere disposta anche d’ufficio, indipendentemente, cioè, da un’istanza di parte; invero, essa non è connessa ad alcuna valutazione di opportunità, ma presuppone la sola verifica della sussistenza del rapporto di pregiudizialità tra i due giudizi pendenti (cfr, ex multis, Cassazione 3939/2014).

 

Pertanto, allorché ravvisi un rapporto di pregiudizialità tra due giudizi e non sia possibile evitare l’arresto del giudizio attraverso un provvedimento di riunione che consenta il simultaneus processus(in ragione del fatto che, ad esempio, i giudizi sono stati incardinati presso diverse commissioni tributarie territorialmente competenti), l’organo giudicante della causa pregiudicata dispone la sospensione del giudizio.

 

Con il comma 1-ter, si stabilisce che “il processo tributario è altresì sospeso, su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall’Italia ovvero nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi della Convenzione relativa all’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23 luglio 1990”.

 

Le procedure amichevoli (Map – Mutual agreement procedure) costituiscono uno strumento per la composizione delle controversie fiscali internazionali. L’istituto consiste in una consultazione diretta tra le amministrazioni fiscali dei Paesi contraenti, finalizzata a risolvere casi di doppia imposizione.

 

Può accadere che la procedura si svolga in concomitanza con il giudizio instaurato dal contribuente dinanzi al giudice nazionale avverso atti di accertamento d’imposta, con il rischio che si formi un giudicato in contrasto con il dispositivo dell’accordo amichevole eventualmente intervenuto tra le autorità competenti (cfr circolare 21/E/2012). Il legislatore ha, pertanto, previsto espressamente, in capo alle parti, la facoltà di ottenere, su concorde richiesta, la sospensione del processo.

 

Modifiche in tema di estinzione del processo

 

Con l’articolo 9, comma 1, lettera p), del Dlgs 156/2015, è stato modificato l’articolo 44 del Dlgs 546/1992 concernente l’estinzione del processo per rinuncia al ricorso. In particolare, al comma 2, nella formulazione vigente, si prevede che l’ordinanza con cui sono liquidate le spese che il rinunciante deve rimborsare costituisce titolo esecutivo. La novella ha eliminato l’inciso che fa riferimento all’efficacia di titolo esecutivo dell’ordinanza. La relazione illustrativa chiarisce che l’eliminazione è dovuta alla circostanza che “nell’impianto del provvedimento in esame l’unico strumento utilizzabile è il giudizio di ottemperanza, anche per le spese legali in favore del contribuente. Diversamente, per le spese liquidate in favore dell’ente impositore e degli altri soggetti equiparati è prevista l’iscrizione a ruolo dopo il giudicato, come dispone il nuovo articolo 15, comma 4”.

 

Con l’articolo 9, comma 1, lettera q), del Dlgs 156/2015, si interviene sui commi 2 e 3 dell’articolo 46 del Dlgs 546/1992, che reca la disciplina dell’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. Con riguardo al comma 2, nel periodo in cui si prevede che l’estinzione è dichiarata con sentenza o con decreto presidenziale, “salvo quanto diversamente disposto da singole norme di legge”, è stato eliminato quest’ultimo inciso, riferito alle leggi speciali.
 

Attraverso la modifica al comma 3, la previsione della compensazione delle spese di lite viene limitata alle ipotesi di cessazione della materia del contendere per definizione delle pendenze tributarie e non risulta più estesa, come nella versione vigente, a tutti i casi di cessazione della materia del contendere.
In tal modo, come emerge dalla relazione illustrativa, è stata recepita la sentenza 74/2005, con cui la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 46, comma 3, nella parte in cui prevedeva che le spese del giudizio estinto restassero a carico della parte che le aveva anticipate in ogni caso di cessazione della materia del contendere.