L’Anief ha calcolato che tra il 2006 al 2018 lo Stato ha accumulato un debito nei confronti degli insegnanti di 53 euro in media al mese. Che fanno quasi 9mila euro complessivi. Invece dal Miur giungono commenti trionfanti sul dato che per “l’81% il merito deve contribuire alla crescita stipendiale dei docenti”.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): accettare il “merito” non significa abolire gli scatti. E sia ben chiaro: gli arretrati non dovranno essere assorbiti dal Miglioramento dell’offerta formativa o dai fondi destinati al comparto. “La carriera degli insegnanti è un percorso percorribile, ma ad una condizione: occorre adeguare gli stipendi all’inflazione”.
Così commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, l’interpretazione fornita oggi dal Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, sui risultati della consultazione nazionale sulla “Buona scuola”.
Uno dei dati emessi dal Miur, a pagina 39 delle slide fornite dal dicastero di Viale Trastevere, è stato quello della carriera degli insegnanti: Giannini si è soffermata sul fatto che solo il 14% degli italiani, in particolare i dirigenti e le famiglie, riterrebbe che con il nuovo contratto gli incrementi stipendiali degli insegnanti dovranno continuare ad essere assegnati per anzianità. Mentre il 46% preferirebbe il sistema “misto”.
E il restante 35% “solo per merito”. Ora, però, anziché rilevare che il 60% di coloro che hanno detto la loro sulle linee guida di riforma della scuola chiede di mantenere in vita gli scatti di anzianità, anche introducendo il cosiddetto merito, dal Ministero dell’Istruzione giungono commenti trionfanti sul dato che per “l’81% il merito deve contribuire alla crescita stipendiale dei docenti”.
“Concettualmente anche il sindacato è d’accordo con questa impostazione – dichiara Pacifico – a patto però che parallelamente si mantengano in vita gli aumenti in busta paga legati al costo della vita. Abbiamo calcolato che per la sola mancata assegnazione delle indennità di vacanza contrattuale, tra il 2006 e il 2018, alla luce della proroga di ‘sospensione’ prevista per i prossimi tre anni, lo Stato è debitore nei confronti degli insegnanti di 53 euro in media al mese.
Che fanno quasi 9mila euro complessivi”. “Sia ben chiaro – continua il rappresentante Anief-Confedir – che questi soldi non dovranno però essere prelevati dal ‘Miglioramento dell’offerta formativa’, quindi alle attività, ai progetti e alle funzioni assegnate al personale e alle scuole a supporto della didattica. Come non può andar bene riassegnare il maltolto istituendo ulteriori tagli: prevedere, come è stato fatto con la Legge di Stabilità 2015, un taglio al Miur pari ad 1 miliardo e 411 milioni di ulteriori tagli nei soli prossimi tre anni per finanziare la riforma è un’operazione che non possiamo accettare.
Mentre nella stessa legge di bilancio non è prevista alcuna risorsa per evitare che gli stipendi dei nostri insegnanti e del personale non docente. Non è così – conclude Pacifico – che si rilancia la scuola e chi vi opera con abnegazione ogni giorno”. L’Anief ricorda che la retribuzione dei nostri insegnanti rimane ad oggi fortemente al di sotto della media europea: se ad inizio carriera la retribuzione lorda di un insegnante della scuola secondaria di primo grado è di 24.141 euro (circa 1.300 euro nette al mese). La media europea è di 26.852. Il divario cresce a fine carriera: 45.280 euro nella media dell’Unione europea contro 36.157 in Italia, il 25 per cento in meno che arriva al 30 per cento nella secondaria di secondo grado, pari a quasi 9mila euro in meno.
FONTE: ANIEF – Associazione Sindacale Professionale