Secondo quanto afferma Marianna Madia, Ministro della Funzione Pubblica, tra le priorità del Governo c’è “lo sblocco dei contratti del pubblico impiego”.
Ad annunciarlo durante una intervista al quotidiano “La Stampa” relativamente alla sentenza della Consulta che ha stabilito l’illegittimità del blocco.
Una sentenza storica che costringe il Governo a rivedere la posizione sul blocco dei contratti. Le risorse necessarie non sono ancora state quantificate, ma la discussione inizierà a settembre nella Legge di Stabilità.
Il tema è diventato priorità, dato che gli impiegati coinvolti sono 3,3 milioni con un costo che potrebbe aggirarsi intorno a 5-7 miliardi di euro.
E’ possibile che lo sblocco non avvenga per tutti gli impiegati allo stesso tempo e che si segua una tabella che gradualmente riporti le progressioni alla normalità.
Prima si partirebbe dagli stipendi più bassi che potrebbe richiedere un ammontare di 1,66 miliardi di euro. I primi interventi potrebbero, comunque, non coinvolgere il mondo della scuola.
I fondi necessari sono consistenti e potrebbero rendere necessari interventi sull’Iva.
L’attesa sentenza della Corte Costituzionale sul blocco degli stipendi pubblici è arrivata: “è illegittimo il blocco dei contratti e degli stipendi della Pubblica amministrazione”.
Si tratta di un’espressione inequivocabile, che dà ragione alla Confedir, per la quale si sono costituiti in giudizio i legali Anief Sergio Galleano e Vincenzo De Michele, che per le stesse motivazioni hanno chiesto il rispetto della normativa comunitaria anche per l’Italia, dove il legislatore ha cambiato in corsa le regole del contratto nazionale sulla contrattazione e la rappresentatività dei lavoratori.
La Consulta ha però stabilito che gli effetti della decisione saranno efficaci solo dalla data di pubblicazione della sentenza: non varranno “per il passato”, hanno detto i giudici costituzionalisti. Nei fatti, alla fine ha vinto la posizione del sindacato: il blocco contrattuale, introdotto nel 2010 dal Governo Berlusconi, confermato poi dai premier Monti, Letta e Renzi, è stato reputato incostituzionale. Inoltre, questa sentenza riapre la contrattazione per oltre 3 milioni di lavoratori dello Stato.
La sentenza non avrà quindi effetto retroattivo, ma solo dal 2015. Non sanando un gap in busta paga ingiusto illegittimo: in questi anni gli stipendi del personale della pubblica amministrazione si sono infatti illegittimamente ridotti di 3 punti rispetto all’inflazione, quelli di chi opera nel comparto scuola di 4 punti. Anche l’indennità di vacanza contrattuale, attraverso cui si sarebbe recuperata almeno una parte del mancato adeguamento stipendiale, è stata congelata, almeno fino al 2018. Il tempo però è galantuomo: nel frattempo, sempre la Consulta ha dato ragione ai magistrati, nel 2012, e ai pensionati, quest’anno, ritenendo illegittimo il blocco degli assegni stipendiali.
“A questo punto – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal – lo Stato deve trovare 2 miliardi per sanare gli stipendi di oltre 3 milioni di lavoratori del pubblico impiego per l’anno in corso. Si tratta di un aumento, in media, di 80 euro a dipendente. E vanno anche pagate le indennità di vacanza contrattuale, come è stato deciso per i giudici nel 2012, a differenza di quanto indicato nell’ultima Legge di Stabilità, la 190/2014, che ha bloccato stipendi e contratti pubblici per altri quattro anni. Inoltre, aspettiamo – conclude Pacifico – di capire per quali motivi la sentenza non è retroattiva”.