Comunicato FLC CGIL – FIR CISL – UIL RUA
Inizia la discussione sul DDL di riforma della PA.
Fondamentale riconoscere le specificità della ricerca pubblica senza improbabili scorciatoie.
Il DDL attualmente in discussione alla camera contiene una delega che raccoglie molte delle nostre richieste storiche per gli enti pubblici di ricerca. In particolare il riferimento ad uno statuto speciale nell’ambito della pubblica amministrazione più coerente con le necessarie esigenze di flessibilità gestionale del personale e del budget, delle missioni e del reclutamento evitando le note pastoie burocratiche legate a continui controlli dei ministeri.
Nello specifico l’emendamento delega il Governo ad adottare decreti legislativi volti a recepire la Carta Europea dei ricercatori e il documento European Framework for Research Careers con particolare riguardo alla libertà di ricerca e all’autonomia professionale e definire uno sistema di regole più snello ed efficace per gli enti ricerca, più coerente con le esigenze del settore. Si punta a semplificare la normativa degli Epr coordinandola e armonizzandola con le migliori pratiche internazionali relativamente alla gestione delle risorse, alle missioni e al reclutamento evitando lungaggini burocratiche, razionalizzando e semplificando i vincoli amministrativi.
La delega riguarda inoltre il rafforzamento della responsabilità e dell’autonomia decisionale nella gestione degli Epr attraverso la riduzione dei controlli preventivi e rafforzando quelli successivi.
Ciò rappresenta un primo importante risultato che come FLC CGIL, FIR CISL e UIL RUA rivendichiamo con convinzione.
Riteniamo, tuttavia, illusorio che le difficoltà degli enti di ricerca si possano risolvere comunque ancora una volta a costo zero e senza nuove assunzioni, come prevede l’emendamento, in un comparto che ha subito tagli fino al 20% delle risorse e una riduzione del personale attraverso i ripetuti blocchi del turn over, accompagnata da un costante aumento del precariato come dimostrano i numeri:18.000 dipendenti a tempo indeterminato e 12.000 precari.
Premesso che non esistono scorciatoie ai problemi che il settore ha di fronte che sono essenzialmente di sottodimensionamento, carenza di infrastrutture, carenza di risorse per svolgere le attività istituzionali e mancanza di una governance unitaria, la scelta di una delega così elastica al governo desta comunque più di una perplessità.
Ci saremmo aspettati e ci aspettiamo ancora un provvedimento organico di natura parlamentare piuttosto che una delega così ampia.
In questo quadro l’idea, affatto nuova, che le specificità professionali e le difficoltà di circolazione e mobilità del personale, in particolare a livello sovranazionale, siano imputabili alla contrattazione collettiva, è francamente poco credibile. Chiedere nel 2015 l’introduzione di uno stato giuridico delegando il governo a tradurre in norme di legge prerogative e diritti connessi al ruolo di ricercatore attualmente regolati dal contratto collettivo nazionale di lavoro è una scelta legittima ma decisamente, a nostro avviso, quanto meno azzardata. Premesso che non esistono scorciatoie ai problemi che il settore ha di fronte che sono essenzialmente di sottodimensionamento, carenza di infrastrutture, carenza di risorse per svolgere le attività istituzionali e mancanza di una governance unitaria la via della legificazione di parti del rapporto di lavoro ci sembra quella più lontana dalla realtà di queste oggettive necessità.
L’esperienza dell’università dimostra che lo stato giuridico via via indebolito, non ha rappresentato un argine dalla progressiva burocratizzazione delle attività. Al tempo stesso, da più parti si ipotizza la cancellazione anche dei residui di stato giuridico per introdurre, in sostanza, la licenziabilità dei docenti che non superano gli step di valutazione decisi nei singoli atenei e ispirati agli attuali criteri Anvur. Con tanti saluti della libertà di ricerca e di insegnamento.
Chi pensa oggi che abbia un qualche senso legificare i rapporti di lavoro è davvero anacronistico.
La fallimentare scelta di mettere ad esaurimento il ruolo dei ricercatori universitari rende anche difficile, già nelle attuali condizioni, una equiparazione tra le figure professionali del comparto della ricerca e avrebbe come conseguenza la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori degli EPR come già avvenuto negli atenei riproducendo un sistema che ha paralizzato il reclutamento mettendo in competizione migliaia di precari e i ricercatori di ruolo per accedere alla posizione di Professore di seconda fascia (associato).
L’esercizio della delega, che peraltro dovrà essere armonizzata con l’annunciato ddl su università e ricerca, dovrà salvaguardare l’esistenza, l’unitarietà e la specificità del Comparto della Ricerca (attualmente messo in discussione dalla legge 150/99 di Brunetta) ampliandone gli ambiti e favorendo la circolazione del personale della ricerca a partire da quello inserito, a seguito di provvedimenti legislativi, in ambiti impropri.
Resta ferma la nostra convinzione che il rafforzamento e il riconoscimento di principi quali la portabilità dei progetti, l’autonomia professionale, del diritto alla formazione, il recepimento della carta europea dei ricercatori possa trovare una effettiva cittadinanza dentro la contrattazione collettiva se resa praticabile e non soggetta ai blocchi che l’hanno ingessata dal 2009 non certo per responsabilità delle organizzazioni sindacali. Una contrattazione per gli enti pubblici di ricerca a cui, semmai, andrebbe riconosciuta una peculiarità in coerenza con lo spirito della stessa delega.
Con l’obiettivo di approfondire il confronto sui contenuti della delega e sulle modifiche necessarie FLC CGIL FIR CISL UILRUA avvieranno, a partire dai prossimi giorni, una serie di incontri pubblici aperti a tutta la comunità degli EPR.
Domenico Pantaleo – Giuseppe De Biase – Sonia Ostrica