Regole dress code scuolaNon esiste una normativa nazionale sul dress code scolastico, perciò, ogni scuola applica le sue regole.


Regole dress code scuola: ha fatto scalpore l’ultima circolare, in una scuola torinese, che ha vietato le unghie finte perché “dannose per la salute e perché possono ferire i compagni”.

Si tratta, però, solo dell’ennesimo caso in cui una scuola decide autonomamente le regole per il dress code, all’interno dell’istituto scolastico.

Secondo le indagini condotte dal sito specializzato Skuola.net, tra i 1300 studenti intervistati, oltre 1 su 3 ha affermato che, all’interno delle loro scuole, ci sono regole comportamentali giudicate “strane e/o assurde”.

Vediamo nello specifico.

Regole dress code scuola: le regole degli istituti scolastici

Ogni istituto scolastico decide autonomamente una parte delle regole da applicare all’interno della propria scuola.

Alcune delle regole considerate più “assurde” sono il divieto di andare in bagno in determinati momenti della giornata, l’impossibilità di indossare piercing al naso e l’obbligo di lasciare la classe durante la ricreazione.

La maggior parte delle regole di questo tipo si concentrano su due ambiti: il dress code degli studenti e l’utilizzo dello smartphone.
Sempre secondo le indagini di Skuola.net, 2 alunni su 5 affermano di essere liberi di poter indossare ciò che vogliono a scuola.

Mentre, per gli altri esiste un “dress code”: nel 26% dei casi viene indicato in una circolare, nel 33% viene solo “suggerito” e al 3% è imposta una divisa scolastica.

Con l’arrivo della primavera, la situazione “peggiora” e circa 6 studenti su 10 devono fare attenzione a quanto scoprono le gambe (bermuda, shorts e gonne) o a quanto scoprono la parte superiore del corpo (con limitazioni all’utilizzo di top, magliette corte e canottiere).

Sono importanti anche le regole per il corretto utilizzo degli smartphone in classe, sul quale si dà battaglia il Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Secondo i sondaggi, quasi 6 alunni su 10 hanno regole scritte, per l’utilizzo di dispositivi tecnologici personali, mentre il 21% non ha mai ricevuto indicazioni ufficiali.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it