prove-invalsi-danneggiano-studentiLe prove Invalsi, da anni al centro di un acceso dibattito nel panorama educativo italiano, suscitano interrogativi profondi e sollevano critiche riguardo alla loro efficacia: qual è il loro impatto, danneggiano gli studenti oppure no?


Le criticità attuali del sistema scolastico italiano suggeriscono che è essenziale avviare un dibattito aperto e costruttivo sul ruolo e sulla rilevanza delle prove Invalsi nel contesto educativo italiano. È fondamentale considerare non solo gli aspetti positivi delle valutazioni standardizzate, ma anche le criticità e gli effetti negativi che possono avere sul benessere degli studenti e sulla qualità dell’istruzione.

Solo infatti attraverso un approccio inclusivo e orientato al miglioramento continuo sarà possibile garantire un sistema educativo equo, efficace e rispettoso delle esigenze e dei diritti degli studenti.

Le prove INVALSI danneggiano gli studenti?

Scopriamo pertanto se questi test, ormai da molti anni entrati a regime nelle nostre scuole, rischiano davvero di avere effetti “collaterali” sul sistema scolastico e sui nostri ragazzi.

E analizziamo in modo particolare, qui di seguito, alcune criticità evidenziate dai detrattori di questo strumento di valutazione rivolto ai nostri istituti scolastici.

Un format “chiuso”

Il cuore della critica al formato delle prove Invalsi risiede nella sua tendenza a favorire domande a risposta chiusa e a privilegiare la mera memorizzazione di informazioni anziché stimolare la comprensione critica e il pensiero creativo degli studenti.

Le domande a risposta chiusa, con la loro struttura binaria di “giusto” o “sbagliato”, impongono agli studenti di adottare un approccio meccanico all’apprendimento, incentrato sulla capacità di ricordare e ripetere informazioni senza necessariamente comprenderle appieno. Questo schema di valutazione, invece di incoraggiare la riflessione e l’analisi critica, può limitare lo sviluppo di abilità cognitive più complesse, come la capacità di problem solving, di ragionamento logico e di sintesi concettuale.

Inoltre, questo approccio riduttivo può soffocare la naturale curiosità e creatività degli studenti. Quando la priorità è posta sulla ricerca della “risposta corretta”, si rischia di trascurare il processo di esplorazione e di sperimentazione che sono fondamentali per lo sviluppo del pensiero critico e della creatività. Gli studenti potrebbero sentirsi disincentivati a esprimere idee originali o a esplorare soluzioni alternative, temendo di deviare dalla “strada sicura” delle risposte predeterminate.

Questo modello di valutazione, centrato sul concetto di “risposta giusta”, può pertanto avere un impatto negativo sulle dinamiche di apprendimento degli studenti, limitando le loro prospettive di crescita e di sviluppo intellettuale. Invece di incoraggiare la diversità di pensiero e la ricerca dell’eccellenza, le prove Invalsi potrebbero finire per omologare le esperienze educative, trasformando gli studenti in meri esecutori di nozioni preconfezionate anziché in pensatori critici e creativi capaci di affrontare le sfide del mondo reale.

Troppa attenzione ai “risultati”, alla “quantità”

Un’altra critica fondamentale riguarda il ruolo delle prove Invalsi nel modellare l’intero sistema educativo, spingendo le scuole a concentrarsi esclusivamente sui risultati quantitativi delle valutazioni standardizzate.

In molte istituzioni scolastiche, l’obiettivo primario diventa ottenere punteggi elevati nelle prove Invalsi, spesso a discapito della qualità dell’insegnamento e della personalizzazione dell’apprendimento. Le scuole possono sentirsi costrette a dedicare un’eccessiva quantità di tempo e risorse alla preparazione delle prove, strutturando il curriculum in modo da soddisfare specifiche esigenze di valutazione anziché le esigenze individuali degli studenti. Questo approccio può portare a una perdita di flessibilità e adattabilità nel curriculum scolastico, con conseguente riduzione delle opportunità di sviluppo individuale degli studenti.

Inoltre, l’orientamento del sistema educativo verso il raggiungimento di risultati numerici può accentuare le disuguaglianze educative esistenti. Le scuole che dispongono di maggiori risorse finanziarie e infrastrutturali possono essere in grado di offrire programmi di preparazione più efficaci per le prove Invalsi, mentre le scuole con risorse limitate possono trovarsi in una posizione svantaggiata. Questo può contribuire a una disparità di opportunità educative tra studenti provenienti da contesti socio-economici diversi, alimentando ulteriormente il divario nel successo accademico.

Inoltre, l’attenzione eccessiva posta sui risultati delle prove Invalsi può portare a una standardizzazione e uniformità del curriculum, riducendo la diversità di approcci pedagogici e limitando la creatività e l’innovazione nell’insegnamento. Ciò può rendere l’apprendimento meno coinvolgente e stimolante per gli studenti, riducendo la loro motivazione intrinseca e il desiderio di imparare.

Ansia e stress tra gli studenti

Le prove Invalsi, oltre alle criticità legate al formato e al ruolo nel sistema educativo, sollevano anche importanti questioni riguardo al benessere emotivo degli studenti.

La pressione per ottenere risultati positivi e la paura delle conseguenze di una valutazione negativa possono avere un impatto significativo sul loro benessere emotivo. Gli studenti si trovano ad affrontare un carico aggiuntivo di aspettative e responsabilità, spesso percependo le prove come una sfida che mette a repentaglio il loro successo futuro.

Questo clima di stress può compromettere la capacità degli studenti di concentrarsi, apprendere e performare al loro meglio durante le prove. L’ansia e la tensione possono interferire con la loro capacità di pensiero critico e di risoluzione dei problemi, portando a un declino nel rendimento scolastico complessivo. Gli studenti possono sentirsi sopraffatti e scoraggiati, perdendo la fiducia nelle proprie capacità e nel valore del loro apprendimento.

Inoltre, il persistente stress legato alle prove Invalsi può avere effetti negativi sulla salute mentale degli studenti nel lungo termine. L’ansia cronica può portare a problemi come depressione, disturbi del sonno e bassa autostima, compromettendo ulteriormente il loro benessere complessivo e la loro capacità di affrontare le sfide quotidiane.

La testimonianza nella lettera di una docente precaria a “Il Fatto Quotidiano”

La recente testimonianza di Marta Branda, giovane insegnante precaria, aggiunge un ulteriore tassello al dibattito. Nel suo appello pubblicato sulla testata ilfattoquotidiano.it, Marta denuncia con fermezza il dramma vissuto da alcuni dei suoi studenti durante le prove Invalsi, evidenziando un quadro angosciante di paura e disperazione.

Secondo quanto scritto sulle colonne del quotidiano la giovane insegnate ha lanciato questo allarme: “Oggi ho osservato un bambino di 11 anni (che a quell’età dovrebbe cantare e correre nei prati) tremare di paura. Ho visto un altro bambino immobile, con lo sguardo spento e con le lacrime agli occhi dirmi ‘Maestra, sono incapace’”.

Attraverso la voce di questa docente, emergono storie di studenti che si sentono sopraffatti dalla pressione delle prove, incapaci di gestire il carico emotivo che esse comportano. Si tratta spesso di realtà nascoste dietro le statistiche e i punteggi, rivelando il lato umano di un sistema che spesso trascura il benessere degli individui in favore di risultati quantificabili.

La testimonianza diretta conferma inoltre le preoccupazioni già espresse riguardo agli effetti negativi delle prove Invalsi sul benessere emotivo degli studenti. Essa mette in luce la vulnerabilità di molti studenti di fronte a un sistema che non tiene conto delle loro esigenze emotive e che, al contrario, può contribuire ad aumentare il loro livello di stress e ansia.

Inoltre, evidenzia il rischio di una percezione distorta di sé come apprendenti da parte degli studenti. Quando le prove diventano il principale criterio di valutazione del successo scolastico, gli studenti possono finire per identificare la propria autostima e il proprio valore personale con i risultati che ottengono. Questo può portare a una perdita di fiducia in se stessi e alla percezione di fallimento in caso di prestazioni inferiori alle aspettative.

Che cosa dovrebbero fare le scuole per aiutare gli studenti?

È importante riconoscere l’impatto che lo stress da prove standardizzate può avere sugli studenti e adottare misure per mitigarne gli effetti negativi. Le scuole e gli educatori devono essere consapevoli delle pressioni che gli studenti affrontano durante il periodo delle prove e fornire loro il sostegno necessario per affrontare lo stress in modo sano ed efficace.

Questo potrebbe includere strategie di gestione dello stress, programmi di supporto emotivo e un ambiente scolastico che promuova un approccio positivo all’apprendimento e alla valutazione.

Solo attraverso un impegno concreto per proteggere il benessere emotivo degli studenti sarà possibile garantire un ambiente educativo che favorisca la crescita, lo sviluppo e il successo di tutti gli studenti.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it