La decisione del governo di procedere sulla riforma con un maxi emendamento, su cui sarà posto il voto di fiducia, è l’ennesimo atto di arroganza nei confronti della scuola, del parlamento e del Paese. Una decisione intollerabile per il metodo e per i contenuti, che abbiamo più volte avuto modo di contestare.
Le nostre critiche e proposte sono rimaste inascoltate, al di là dei soliti annunci di apertura, giunti dal Presidente del Consiglio.
Il governo ha deciso, infatti, di forzare la mano per approvare un provvedimento dannoso per la scuola, ignorando le ragioni di insegnanti, studenti, famiglie e le prerogative del parlamento. Esso verrebbe così privato degli spazi e dei tempi necessari per discutere una riforma decisiva per il Paese, resa ancora più ampia da ben otto deleghe in bianco. Vengono messi in discussione basilari principi costituzionali: inclusività, uguaglianza sociale e libertà di insegnamento.
Non si può migliorare il sistema scolastico, come l’esecutivo invece proclama, con provvedimenti che l’intero mondo della scuola ritiene, con solide motivazioni, sbagliati.
Questa legge infatti:
- non risolve ma aggrava il problema del precariato
- esclude e ignora le professionalità ATA
- mortifica la partecipazione e la collegialità
- non rispetta la libertà di insegnamento
- cancella diritti contrattuali fondamentali e indebolisce la funzione del contratto nazionale
Il dissenso finora espresso in modo massiccio e compatto dalla scuola, attraverso una partecipazione storica allo sciopero unitario che ha visto incrociare le braccia a 618 mila lavoratori, oltre un milione di fiaccole nelle piazze delle città italiane, 10 milioni di post e, non ultima, l’altissima adesione allo sciopero degli scrutini, non si fermerà.
I sindacati andranno avanti con tutti gli strumenti di lotta possibili. Non si illuda il premier che la scuola, complice il periodo estivo, possa alla fine rassegnarsi alla sua decisione. Il prossimo anno scolastico sarà contrassegnato dal caos di scelte organizzative e didattiche improvvide e sbagliate, in cui la voce di protesta si farà sentire ancora più forte e chiara.
Renzi e il Governo sappiano che la scuola non accetta padroni, che esiste una comunità educante fatta di professionalità e competenze che ogni giorno lavora con passione e dedizione, a dispetto di stipendi bassissimi, mancato rinnovo del contratto nazionale e tanta precarietà. Questi lavoratori formano al valore della conoscenza e della democrazia le giovani generazioni. La scuola non può tollerare prepotenze e improvvisazioni, ma pretende di essere ascoltata, rispettata e valorizzata.