Il dissenso degli insegnanti nei confronti del DDL Scuola potrebbe ricadere su un’altra categoria di lavoratori, gli editori dei libri di testo.
Alcuni collegi docenti hanno deliberato di non modificare i testi adottati negli scorsi anni scolastici o hanno votato contro le nuove adozioni, come azione di protesta nei confronti della riforma sulla scuola in queste settimane al vaglio del Parlamento.
Con una nota diffusa a mezzo stampa, l’AIE (Associazione Italiana Editori) lamenta il blocco dei libri di testo che in questi giorni sta caratterizzando i collegi docenti di molte scuole italiane. Una forma di protesta legittima, secondo l’associazione, ma che colpisce i soggetti sbagliati.
Protesta “singolare”, secondo l’AIE, poiché il costo viene scaricato “sulle spalle di aziende e operatori del settore che altra colpa non hanno se non quella di prestare un servizio di informazione e aggiornamento alle scuole e alla classe docente, nel contesto di una corretta prestazione sinallagmatica. E’ ulteriormente singolare, inoltre, che il costo di questa manifestazione di dissenso finisca per ricadere su soggetti strumentalmente trasformati in impropria controparte, ma che rispetto alle richieste di modifica o di ritiro del ddl in oggetto non hanno alcun potere di intervento”.
Infine, il comunicato chiede al Ministero di intervenire perché la mancata adozione dei libri di testo è un atto amministrativo dovuto da parte dei docenti.
ANARPE, Associazione Nazionale Agenti Rappresentanti e Promotori Editoriali, si unisce ad AIE, Associazione Italiana Editori, per manifestare il proprio sconcerto di fronte alla decisione di alcuni insegnanti di bloccare la scelta dei testi per il prossimo anno scolastico in segno di protesta contro la riforma della scuola approvata alla Camera e in discussione al Senato nelle prossime settimane.
“Questa soluzione – ha detto il Presidente di Anarpe Alessandro Carta – non avrà alcun effetto nei confronti della Riforma della Scuola, ma andrà unicamente ad incidere sulla filiera editoriale già profondamente in crisi”.
Anarpe, nella figura del Presidente Alessandro Carta, manifesta il proprio sgomento di fronte alla decisione presa da alcuni insegnanti di bloccare le adozioni per il prossimo anno scolastico in segno di protesta contro la Riforma della Scuola approvata alla Camera ed in discussione al Senato in questi giorni. Anarpe conferma quindi il profondo disagio – già segnalato in questi giorni da Aie – Associazione Italiana Editori – della filiera intera. Il presidente Aie Giorgio Palumbo aveva infatti segnalato con una nota alla stampa che tale protesta in realtà avrebbe danneggiato solo le aziende e gli operatori del settore che “altra colpa non hanno se non quella di prestare un servizio di informazione e aggiornamento alle scuole e alla classe docente”.
Dello stesso avviso il Presidente Alessandro Carta: “Noi promotori e consulenti degli editori – ha dichiarato – abbiamo la funzione di illustrare progetti editoriali, organizzare incontri di formazione e aggiornamento, il tutto finalizzato ad addivenire alla migliore scelta didattica. Con questa protesta messa in atto da alcuni insegnanti ci troviamo a veder vanificati tutti gli sforzi e gli impegni da sempre sostenuti, nonché ci troviamo costretti ad assumerci i costi affrontati per la campagna delle adozioni che nessuno ci rimborserà mai”.
La Legge prevede infatti che siano i docenti a scegliere il libro di testo da adottare per il prossimo anno scolastico: la prassi prevede che una volta definiti i titoli sia l’organo collegiale che rappresenta i professori della scuola ad approvare l’adozione. Tale passaggio burocratico avviene proprio nel mese di maggio.
“Appoggiamo le finalità della protesta, ossia di contestazione alla riforma – ha detto Carta – ma in maniera assoluta dissentiamo dalle modalità con cui è stata attuata. Se si vuole manifestare contro qualcuno, in questo caso il Governo, non è utile e oltremodo coerente porre in essere proteste che danneggiano unicamente soggetti terzi. Stigmatizziamo quindi questa forma di lotta che non fa altro che peggiorare la situazione di un settore già profondamente in crisi. Chi protesta dimentica inoltre ipocritamente che dietro quelle aziende che stanno danneggiando ci sono persone che lavorano e famiglie che traggono un reddito da quel lavoro, quelle stesse famiglie che a parole i contestatori dichiarano di voler tutelare. Si dimentica altresì che tali aziende contribuiscono a tenere alto il livello di cultura di questo Paese”.