La proiezione è indicata nel rapporto Generare classe dirigente, curato dalla LUISS Guido Carli e Fondirigenti: con la riduzione di giovani in cerca di lavoro anche un aumento del reddito pro-capite fino a 2.500 euro. Tre gli interventi da attuare: autonomia degli istituti scolastici; trasparenza dei risultati dell’apprendimento; confronto e competizione tra le scuole. Perché l’84,9% degli studenti dice che i loro risultati migliorano quando sono ben motivati.

È la scuola la vera arma contro la disoccupazione. A sostenerlo sono i curatori dell’ottava edizione del rapporto Generare classe dirigente, curato dalla LUISS Guido Carli e Fondirigenti e che quest’anno si è focalizzato sul passaggio tra istruzione e vita lavorativa dei giovani. Dal rapporto, presentato il 17 luglio, è emerso che investire nella scuola avrebbe riflessi sulla disoccupazione giovanile, riducendola tra i 4 e i 5 punti percentuali. Di conseguenza, la riduzione di cittadini in cerca di lavoro produrrebbe un aumento del reddito pro-capite tra i 1.500 e i 2.500 euro. Il problema, è che occorrerebbe un intervento, sul lungo periodo, che comporterebbe un costo di 2-3 miliardi (0,1-0,2% del Pil).

L’intervento poggerebbe su tre cardini: l’autonomia degli istituti scolastici; l’accountability, ovvero la trasparenza dei risultati dell’apprendimento combinata alla responsabilità sugli stessi; il confronto e la competizione da coltivare, in diverse forme, tra gli istituti scolastici.

Nel rapporto si indicano numerosi dati che illustrano quali siano davvero le aree critiche su cui lavorare: l’inadeguatezza dell’apprendimento ‘rimandato’, con i debiti formativi (oggi ‘carenze’) che non hanno dato i risultati sperati, con il 17,4% degli studenti che non ha interamente recuperato i propri; la motivazione, e non solo la valutazione, degli studenti, l’84,9% dei quali afferma che i loro risultati migliorano quando sono ben motivati; l’efficacia dei processi di ‘giunzione’ tra la formazione e il lavoro (il 60,9% dei docenti è molto o abbastanza preoccupato per il passaggio alla vita lavorativa degli studenti). I ricercatori si sono anche soffermati sull’importanza della costruzione delle competenze trasversali, che le aziende cercano e non sempre trovano; o il livello di istruzione della nostra classe dirigente, più basso, in media, di quello degli altri paesi europei (solo il 39,5% dei dirigenti italiani tra i 30 e i 65 anni è laureato).

All’incontro ha partecipato anche il Procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, con un intervento sulla responsabilità che la classe dirigente è chiamata ad assumersi nell’opera di contrasto alla criminalità organizzata: il Procuratore ha posto l’accento sull’importanza che educazione e formazione hanno nella promozione della cultura della legalità, fra i giovani, come contrasto ai fenomeni mafiosi difficili da vincere.

FONTE: Tecnica della Scuola (www.tecnicadellascuola.it)

AUTORE: Alessandro Giuliani

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