Come è noto l’articolo 17 del DPR 16 aprile 2013, n. 62 afferma che “Le amministrazioni danno la più ampia diffusione al presente decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e nella rete intranet, nonché trasmettendolo tramite e-mail a tutti i propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei vertici politici dell’amministrazione, nonché ai collaboratori a qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di servizi in favore dell’amministrazione.
L’amministrazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all’atto di conferimento dell’incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati, copia del codice di comportamento”.
Il DPR citato è il regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici che spesso viene utilizzato per la formulazione di specifiche contestazioni disciplinari. il Regolamento di condotta ivi citato, deve essere posto a conoscenza del lavoratore, come d’altronde previsto dall’articolo 17 del citato DPR.
Ma nella scuola pubblica vi sono principi ed elementi di condotta che vogliono vedere, giustamente, nel docente, come colui o colei, che possa conferire il giusto esempio, in materia di correttezza comportamentale. Ad un docente di una scuola secondaria di secondo grado di Milano, è stata conferita una pesante sanzione disciplinare, pari a sei mesi di sospensione. I fatti contestati riguardavano le seguenti violazioni:
- Uso di linguaggio volgare ed offensivo nei riguardi degli alunni
- Abuso di note disciplinari sul registro di classe
- Incapacità di relazionarsi con gli studenti e di gestire la disciplina
- Atteggiamenti scorretti nei confronti dei colleghi
- Grave turbativa nell’ambiente scolastico per forte disagio e malcontento suscitato negli allievi
- Pesante pregiudizio del rapporto fiduciario scuola famiglia
Interessante notare che tra le condotte ivi contestate vi rientrava anche l’utilizzo, diciamo improprio di Facebook. Nel testo della Sentenza del 14 dicembre 2015 del Tribunale di Milano, nella parte che ricostruisce il fatto si legge: ” Nemmeno il ricorrente ha negato di avere pubblicato su Facebook la frase “Nella scuola pubblica italiana va avanti solo il lecchinaggio, di gente che, per preservarsi la cattedra sul sostegno, lecca il fondo schiena al dirigente, per mettere il bastone tra le ruote al collega. VERGOGNA!!!!”.
Ad avviso del giudicante, i comportamenti accertati ” sono da solidi gravità tale da giustificare la sanzione conservativa della sospensione dall’attività per mesi sei, prevista dall’art. 495 D.Lgs. n. 297 del 1994 per gravi violazioni dei doveri, delle responsabilità e della correttezza inerenti alla funzione docente, poiché concretano condotte oggettivamente lesive della dignità degli alunni e dell’insegnante L., nonché dell’immagine dell’istituzione scolastica. Le condotte del ricorrente non possono ritenersi giustificate da reazioni indisciplinate degli alunni.
Oltre a non essere risultato in causa alcuno specifico comportamento direttamente lesivo della dignità o della persona del Prof. A. posto in essere dagli alunni, è evidente come rientri tra i doveri inerenti il corretto svolgimento delle mansioni di docente esercitare il proprio controllo, anche disciplinare in maniera equilibrata e nei limiti della continenza verbale.
L’irrogazione della sanzione nella misura massima risulta altresì giustificata dalla recidiva, specificamente contestata al ricorrente (sospensione dall’insegnamento per la durata di mesi tre (…). Vanno dunque rigettate
le censure di sproporzione della sanzione svolte dalla parte ricorrente”.