L’istruzione e la ricerca rappresentano pilastri fondamentali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con l’obiettivo dichiarato di ridurre le disparità educative e garantire pari opportunità agli studenti italiani.


Tuttavia, un’analisi approfondita condotta da Save the Children nel rapporto “Scuole disuguali” mette in evidenza come l’allocazione delle risorse destinate alle infrastrutture scolastiche, in particolare alle palestre, non stia riuscendo a sanare le disuguaglianze territoriali.

La carenza di impianti sportivi nelle scuole, infatti, rischia di compromettere il diritto allo sport per migliaia di bambini e adolescenti, soprattutto nelle aree più svantaggiate del Paese.

Scuola italiana: più di 1 su 2 è senza palestre

L’attività motoria gioca un ruolo chiave nello sviluppo fisico e psicologico dei più giovani, influenzando positivamente la salute, le capacità relazionali e il rendimento scolastico. La pratica sportiva è riconosciuta anche dalla Costituzione italiana, che all’articolo 33 ne sancisce il valore educativo e sociale. Tuttavia, i numeri descrivono una realtà allarmante: meno della metà degli istituti statali dispone di una palestra. Nelle scuole primarie la percentuale scende al 41,5%, mentre nelle secondarie di primo e secondo grado si attesta rispettivamente al 53,2% e al 48,1%.

A fronte di una situazione già critica, l’Italia detiene un primato negativo tra i Paesi OCSE in termini di sedentarietà giovanile. Secondo i dati più recenti, il 94,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni non raggiunge il livello minimo di attività fisica raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre, il 27,2% dei minori tra i 3 e i 17 anni è in sovrappeso o obeso, un dato che evidenzia le conseguenze di stili di vita poco salutari e di una scarsa cultura del movimento.

Barriere economiche e strutturali: perché i giovani non fanno sport?

Oltre alla mancanza di impianti sportivi, il fattore economico rappresenta un ostacolo significativo per molte famiglie. Un terzo dei minori provenienti da contesti socioeconomici svantaggiati non pratica alcuna attività sportiva a causa dei costi elevati. La situazione peggiora con l’età: tra i ragazzi di 15-16 anni, il 16,2% rinuncia allo sport proprio per ragioni economiche.

La carenza di infrastrutture aggrava ulteriormente il problema: in Italia si contano 131 impianti sportivi ogni 100.000 abitanti, ben al di sotto della media europea di 168,3. Di questi, l’8% risulta inutilizzabile. Un dato preoccupante se si considera che nei territori con una maggiore disponibilità di strutture i livelli di sedentarietà sono significativamente più bassi.

Le disparità territoriali: il divario tra Nord e Sud

L’analisi territoriale rivela differenze marcate nella distribuzione delle palestre scolastiche. Nelle province di Vibo Valentia, Catania, Catanzaro e Cosenza, meno di un quarto delle scuole dispone di un impianto sportivo. Questo dato si inserisce in un contesto di maggiore svantaggio economico, aggravando il divario rispetto alle aree più attrezzate.

Tuttavia, alcune zone del Mezzogiorno si distinguono per una dotazione superiore alla media nazionale: nella provincia di Barletta-Andria-Trani il 72,9% degli istituti è dotato di una palestra, mentre percentuali elevate si registrano anche a Lecce (67,8%), Taranto (66,5%) e Bari (61,7%). Al Centro-Nord, la situazione è generalmente migliore, con punte di eccellenza nelle province di Prato (82,7%), Firenze (68,2%) e Savona (67,9%). Tuttavia, anche in alcune aree settentrionali permangono criticità, come a Reggio Emilia, Ferrara e Gorizia, dove la disponibilità di palestre scolastiche resta inferiore al 30%.

Gli investimenti previsti e il confronto con l’Europa

Il PNRR ha stanziato risorse significative per migliorare l’accessibilità allo sport, con interventi mirati alla costruzione e riqualificazione di impianti adibiti a palestra in ogni scuola, ma spesso molti istituti si ritrovano senza questi locali. A questi si aggiungono i 100 milioni di euro del Fondo “Sport e Periferie” e la riforma introdotta con la legge di bilancio 2022, che ha reso obbligatoria l’educazione motoria nelle classi quarte e quinte della scuola primaria per un massimo di due ore settimanali.

Rispetto ad altri Paesi europei, tuttavia, l’Italia rimane indietro. In Francia, gli alunni delle scuole primarie svolgono in media tre ore settimanali di attività fisica, alle quali si aggiungono 30 minuti di movimento quotidiano nell’ambito della strategia nazionale per la salute e lo sport. La Finlandia ha adottato un approccio simile, introducendo pause attive ogni ora per favorire il benessere e la concentrazione degli studenti. Inoltre, il programma “Schools on the Move” ha reso l’attività motoria parte integrante della didattica, dimostrando l’efficacia di un modello educativo basato sul movimento.

Un’opportunità da non sprecare

Il potenziamento delle infrastrutture sportive scolastiche è un passaggio cruciale per garantire pari opportunità ai giovani italiani. Se da un lato il PNRR e le politiche nazionali stanno cercando di colmare il divario, dall’altro i dati dimostrano che il percorso è ancora lungo.

Senza un’effettiva redistribuzione delle risorse e un incremento degli investimenti, il rischio è che l’attività sportiva rimanga un privilegio per pochi, anziché un diritto accessibile a tutti. Le esperienze di altri Paesi dimostrano che un sistema educativo che promuove il movimento non solo migliora la salute dei giovani, ma incide positivamente anche sulle loro performance scolastiche e sulla loro crescita personale. In questo contesto, l’Italia ha l’occasione di cambiare rotta, trasformando una scuola attualmente senza abbastanza palestre in un luogo di formazione integrale, dove l’educazione fisica non sia più considerata un’attività marginale, ma una componente essenziale del percorso formativo.

Il dossier di Save The Children

Qui il documento completo.