Sulla riforma degli stipendi, il Governo prepara il gioco delle tre carte: addio al 66% di premiato, ma mette un tetto finanziario. Carta vince, carta perde: a perdere pare siano sempre i docenti.

Venerdì, il Sottosegretario Faraone, ospite di Fahrenheit su RaiRadio3, ha anticipato le modifiche al sistema di progressione di carriera messo a punto dal Governo in sostituzione della prima proposta contenuta nelle linee guida per la riforma.

In pratica, come già ampiamente anticipato dalla nostra redazione, il Governo ha abbandonato l’idea di un tetto massimo di docenti da premiare che era stato indicato nel testo “La Buona scuola” nel 66%.

Via il tetto, come già detto dall’On Simona Malpezzi e riportato dalla nostra redazione, e via ad un sistema che per un terzo prevede aumenti stipendiali per anzianità e per due terzi legati al merito.

Merito che, nella lingua del Governo, significa non soltanto l’attività didattica ma soprattutto svolgimento di attività “diverse rispetto alle tradizionali”, capacità relazionali con gli studenti, formazione, partecipazione all’apertura pomeridiana etc…

Quanto varranno queste “buone pratiche”? Secondo Faraone i due terzi dello stipendio. Ma, attenzione, perché, se è stato tolto il tetto del 66% ne entra un altro, quello della disponibilità finanziaria. Il che significa che saranno premiati di docenti finché ci saranno soldi stanziati per poterlo fare.

Insomma, il limite alla bravura dei docenti viene ancora determinato da un tetto, questa volta di fondi disponibili.

Inoltre, se presupponiamo come assunto il fatto che dall’avvio della riforma non ci saranno ulteriori stanziamenti per gli stipendi dei docenti, anzi, nella Legge di stabilità è scritto che i contratti sono bloccati anche per il prossimo anno e nelle linee guida “La Buona scuola” si parla di blocco fino al 2018, questa nuova proposta, come la precedente, sarà sempre a costo zero.

In pratica, i docenti meritevoli dovranno, comunque, dividere la torta degli attuali fondi destinati agli stipendi, solo che le fette non saranno equamente distribuite a tutti, si potrà rientrare gli “immeritevoli” perché i fondi sono finiti, non certo perché non ho ben fatto il mio lavoro. Ancora una volta ci troviamo davanti ad un tentativo di riforma a costo zero: carta vince, carta perde, perdono i docenti.

C’è, però, un elemento di novità che è sfuggito ai più. Durante l’intervento su Radio3, Faraone ha chiaramente affermato che dal prossimo anno si punterà a stanziare più soldi per gli stipendi. Da ciò si presume che quel tetto di fondi destinati al merito potrebbero nei prossimi anni anche essere incrementati, permettendo di poter “premiare” più insegnanti. l principio vale anche in senso inverso? Meno disponibilità lo Stato avrà per premiare i docenti, meno sarà cospicuo il fondo?

Resta il fatto che, a meno di miracoli inaspettati, la riforma degli stipendi partirà dal prossimo anno con investimento zero e a meno di smentite da parte dell’esecutivo, riteniamo ancora valido il sistema presente nel testo “La Buona scuola” che prevedeva aumenti di 60 euro ogni tre anni e che, declinato nella nuova versione della progressione di carriera che vuole un quarto dipendente di aumenti legati all’anzianità, si tradurranno in 20 euro ogni tre anni per l’anzianità di servizio e 40 euro per i meritevoli ma non tutti.

 

 

FONTE: Orizzonte Scuola (www.orizzontescuola.it)

AUTORE: Paolo Damanti

 

 

 

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