denuncia-per-diffamazioneIl Dirigente scolastico denuncia per diffamazione il sindaco del proprio Comune: il primo cittadino lo aveva, infatti, accusato di aver organizzato uno sciopero di studenti. Vediamo i dettagli della vicenda.


Non è la prima e non sarà l’ultima volta che nelle aule del Tribunale giungono provvedimenti di diffamazione contro qualche Dirigente o attivati da qualche Dirigente, in un settore sempre più afflitto da contenziosi, e sempre più difficile da governare ciò è assolutamente nella norma.

 

Ad esempio una Cassazione penale Sez. V, 17/11/2016, n. 2200 affermava che “costituisce legittima espressione del diritto di critica, tale da escludere la punibilità del fatto, l’uso, da parte del preside di istituto, dell’espressione “futili e superficiali”, in risposta alle considerazioni contenute nella lettera di un insegnante inviata in precedenza agli stessi destinatari. (Annulla senza rinvio, Trib. Macerata, 18/12/2015)”.

 

Un caso inverso, invece, vuole un dirigente scolastico aver querelato un sindaco per una storia a dir poco singolare. La Corte di Appello di Catania, con sentenza nel 2015 confermava la sentenza del Tribunale di Catania, del 2012, che aveva riconosciuto colpevole A.G. del delitto di cui all’art. 595 c.p., comma 2, per avere, nella qualità di Sindaco di (OMISSIS), offeso la reputazione di A.L.G., Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo “(OMISSIS)” di (OMISSIS), inviando al Provveditorato degli studi di Catania, al Prefetto di Catania, all’Assessorato Regionale dei Beni Culturali di Catania e al Comando dei Carabinieri de luogo considerato una missiva con la quale riferivaalle dette autorità che il Preside A. aveva organizzato uno sciopero degli studenti e li aveva strumentalizzati, capeggiando un corteo di “ragazzi innocenti, per la loro giovane età, circuiti dallo stesso“.

 

Così si pronunciava la Cassazione pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-01-2018) 20-02-2018, n. 8198:

 

”Non meno destituita di giuridico fondamento è la doglianza che attinge il profilo della riconosciuta responsabilità del ricorrente per il delitto di diffamazione. Con motivazione incensurabile, infatti, la Corte territoriale ha escluso che il comportamento tenuto dall’imputato potesse essere ritenuto scriminato dall’esercizio dell’adempimento del dovere ex art. 51 cod. pen., posto che, quand’anche questo fosse stato erroneamente ritenuto esistente, nel contegno tenuto dal Sindaco erano riconoscibili gli estremi di una mirata denigrazione del Preside, certamente travalicante i limiti della segnalazione dell’operato scorretto altrui: è indubitabile, infatti, che, nel conformarsi all’obbligo, il pubblico agente avrebbe dovuto attenersi ad esso, senza eccedere dai propri compiti di ufficio. Peraltro, le modalità in cui la condotta si è dispiegata – in ragione del numero dei destinatari della missiva, delle autorità informate e del tenore delle espressioni usate, soprattutto con riferimento alla strumentalizzazione della immaturità dei discenti – depongono, come accertato nel giudizio di merito – per il consapevole e volontario intento del ricorrente di offendere la reputazione della parte civile e non per quello di adempiere semplicemente al proprio dovere d’ufficio, reale o putativo che fosse.“