comparti contrattazione pubblico impiegoAnche la Corte d’Appello di Roma ha riconosciuto, come il Tribunale, le buone ragioni sostenute dalla FLC CGIL a proposito della contrattazione collettiva per la scuola, l’università, la ricerca e gli istituti AFAM. Con la sentenza del Tribunale capitolino è stato ordinato espressamente all’Amministrazione di dare avvio “senza ritardo” al procedimento di contrattazione collettiva.

 

Le argomentazioni dell’Amministrazione, che ha richiesto non solo l’annullamento ma anche la sospensione della sentenza, risiederebbero nel pericolo che i lavoratori del comparto della conoscenza, potrebbero, sulla base della precedente sentenza del Tribunale di Roma, adire l’autorità giudiziaria con richieste di tipo risarcitorio.

 

È esattamente quel che vogliamo, che i lavoratori siano risarciti del maltolto. Ed è bene che ciò avvenga attraverso la contrattazione collettiva, subito. Senza cincischiamenti e stiracchiate teorie, che certo non possono ribaltare quanto ha sancito la Corte costituzionale: la contrattazione va riattivata per tutti i settori pubblici. Soprattutto, aggiungiamo noi, dal momento che ormai è stato firmato l’Accordo sui Comparti pubblici, la cui mancata sottoscrizione era l’ultimo alibi del governo per rinnovare i Contratti.

 

Le ragioni dello sciopero del 20 maggio dei settori Istruzione, università, ricerca e istituti Afam si rafforzano di ora in ora.

 

La Corte di Appello, a seguito dell’udienza del 12 maggio scorso, ha respinto la richiesta di sospensiva avanzata dalla Presidenza del Consiglio nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma con cui lo scorso settembre 2015, seguito di ricorso promosso dalla FLC CGIL, l’Amministrazione era stata condannata a dare avvio “senza ritardo” al procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della Scuola, dell’Università, della Ricerca, dell’Afam.

 

Contro queste sentenza la Presidenza ha proposto appello per chiederne, oltre l’annullamento, anche la sospensione dell’efficacia esecutiva in ragione di un supposto pericolo costituito dal fatto che, tra il deposito del ricorso in appello e la fissazione dell’udienza di merito, i lavoratori del comparto della conoscenza, potrebbero – sulla base della sentenza del Tribunale di Roma – rivolgersi all’autorità giudiziaria con richieste di tipo risarcitorio.

 

I legali della FLC CGIL hanno fatto rilevare che, fermo restando l’autonomia del singolo a chiedere comunque giustizia, il diritto al rinnovo contrattuale  – con  i relativi riconoscimenti retributivi – è stato chiaramente sancito non solo dal Tribunale di Roma ma perfino dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 178/15 e che pertanto l’Amministrazione non può accampare ulteriori pretesti pur di rinviare l’avvio delle trattative con il sindacato dopo anni di blocco contrattuale!

 

I giudici della Corte di Appello con la loro sentenza hanno pienamente accolto le ragioni della FLC CGIL ritenendo “palesemente infondata” l’istanza presentata dalla Presidenza del Consiglio.

 

A questo punto la Presidenza del Consiglio dovrebbe farsene una ragione del fatto che la contrattazione è un diritto incomprimibile sancito dalla Costituzione e che pertanto farebbe bene a convocare il sindacato per rinnovare immediatamente i contratti.