«Siamo subissati di segnalazioni su questioni universitarie, spesso soprattutto segnalazioni sui concorsi». Lo ha detto venerdì scorso, a Firenze, il responsabile dell’Anac Raffaele Cantone. «Non voglio entrare nel merito, non ho la struttura né la competenza – ha aggiunto il responsabile dell’Authority anticorruzione – ma la riforma Gelmini secondo me ha finito per creare più problemi di quanti ne abbia risolti.
Un leit motiv, per il responsabile dell’Anac, quello che la corruzione sia «un sistema anticoncorrenziale che nega spazi all’innovazione e al merito». Da Firenze, però, questa volta Cantone annuncia alla platea « linee guida ad hoc, che non vogliono burocratizzare, ma provare a consentire l’esercizio della discrezionalità in una logica in cui la discrezionalità però non diventi arbitrio». E intende regole che servano a dar conto ai cittadini, «a tutti i cittadini, perché l’università è il nostro futuro».
“Non voglio entrare nel merito, non ho la struttura né la competenza – ha aggiunto – ma la riforma Gelmini secondo me ha finito per creare più problemi di quanti ne abbia risolti. Per esempio, ha istituzionalizzato il sospetto: l’idea che non ci possano essere rapporti di parentela all’interno dello stesso dipartimento, il che ha portato a situazioni paradossali”.
Cantone ha proseguito parlando ancora dell’università e sull’esodo dei cervelli negli atenei all’estero: “C’è un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione”. Sull’università “proveremo a fare linee guida ad hoc, che non vogliono burocratizzare ma provare a consentire l’esercizio della discrezionalità in una logica in cui la discrezionalità però non diventi arbitrio, in cui discrezionalità significhi dare conto ai cittadini, non solo gli studenti ma tutti i cittadini perché l’università è il nostro futuro”.
E pensare che già dieci anni fa, quando era solo un ufficetto in centro a Roma, e prima che il governo Berlusconi la sopprimesse nella culla, la neonata autorità anticorruzione guidata dall’ex prefetto Achille Serra aveva sfornato un esplosivo dossier sulla scuola universitaria di alta formazione europea Jean Monnet di Caserta. Dove si raccontava che «frequenti rapporti di parentela, affinità o coniugio legano nel 50% dei casi il corpo docente (82 persone) con personalità del mondo politico, forense o accademico».