La questione della composizione delle classi si trova negli ultimi anni sempre a oscillare tra integrazione e divergenze: il recente caso accaduto a Fondi, dove i genitori hanno rifiutato di iscrivere gli alunni italiani in una classe con “troppi stranieri”, riapre il dibattito.


Ogni anno, con l’inizio delle lezioni, il tema dell’integrazione scolastica torna a far discutere, sollevando interrogativi sulla composizione delle classi e il delicato equilibrio tra studenti italiani e di origine straniera. Una questione che ha  di recente interessato anche la politica, che ha approvato un nuovo dl per l’integrazione nelle aule.

Ma qual è la situazione sul territorio in concreto? In alcuni istituti si creano situazioni di tensione, mentre in altri fioriscono modelli di inclusione che promuovono una convivenza armoniosa.

Recentemente, un caso particolare ha acceso i riflettori su una scuola di Fondi, suscitando reazioni contrastanti tra genitori e istituzioni.

Composizione classi alunni italiani/stranieri: il caso Fondi

All’inizio di quest’anno scolastico, l’Istituto Alfredo Aspri di Fondi, in provincia di Latina, si è trovato al centro di un dibattito riguardante la distribuzione degli studenti nelle classi, con un particolare focus su quelli di origine straniera. Dodici alunni, che avrebbero dovuto iniziare la prima elementare, sono stati trasferiti su richiesta dei genitori, insoddisfatti della composizione della classe. La motivazione principale? La presenza di un numero elevato di bambini stranieri.

Secondo quanto riportato dalla dirigente scolastica Adriana Izzo, nella classe in questione, la percentuale di alunni di origine straniera aveva superato il 50%, una soglia considerata inaccettabile da alcuni genitori italiani. Questo caso riflette un problema ricorrente nelle scuole italiane, che ogni anno si trovano a dover gestire l’equilibrio tra alunni italiani e stranieri.

Nel 2010, una circolare dell’allora ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini aveva introdotto un limite del 30% per gli studenti stranieri per classe. Tuttavia, questa soglia può essere flessibile, consentendo delle eccezioni in casi particolari. Nonostante ciò, nel caso di Fondi, la composizione della classe ha generato tensioni, con i genitori dei bambini italiani che hanno deciso di trasferire i propri figli.

In risposta, l’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio ha chiesto alla scuola di riequilibrare la distribuzione degli alunni nelle classi prime, cercando di ristabilire un giusto rapporto tra studenti italiani e stranieri. D’altra parte, la comunità indiana del Lazio, rappresentata da Gurmukh Singh, ha protestato contro la separazione dei bambini stranieri dai coetanei italiani, sollecitando una maggiore inclusione.

Esistono tuttavia anche esempi positivi di integrazione

Mentre situazioni come quella di Fondi portano a riflettere sulla gestione dell’integrazione scolastica, in Italia esistono esempi che mostrano come l’inclusione possa essere realizzata con successo, creando un ambiente favorevole per tutti gli studenti.

L’esempio dell’istituto primario Di Donato di Roma

Un caso emblematico è quello della scuola primaria Di Donato, situata nel quartiere Esquilino di Roma, una zona storicamente multietnica. L’istituto è diventato un simbolo di integrazione grazie alla capacità di accogliere bambini di numerose nazionalità e promuovere la partecipazione attiva dell’intera comunità scolastica.

Il merito è dell’Associazione Genitori scuola “Di Donato” che si impegna da anni affinché l’integrazione non si ferm solo dentro le aule: si continua anche oltre l’orario scolastico attraverso attività extracurriculari che coinvolgono studenti e famiglie in modo trasversale. Tra sport, laboratori artistici, teatro, musica e doposcuola, i bambini partecipano a iniziative che rafforzano i legami tra culture differenti, aiutando a costruire un tessuto sociale inclusivo e armonioso.

La gestione della scuola, infatti, si basa su un modello di cooperazione attiva tra genitori, insegnanti e personale scolastico, dove ognuno contribuisce alla vita dell’istituto. Le famiglie non solo partecipano, ma gestiscono turni di lavoro nelle varie attività scolastiche, contribuendo a creare uno spazio aperto, accogliente e vivace.

Questa realtà inclusiva, che vede alunni italiani e stranieri convivere quotidianamente, dimostra come la diversità possa diventare un punto di forza. Non si tratta solo di un esperimento di inclusione, ma di una vera e propria comunità scolastica che si impegna a costruire un dialogo interculturale continuo, dove la convivenza tra culture diverse è il cuore pulsante del progetto educativo.

La dichiarazione di Emiliano Monteverde, membro dell’Assessorato alle politiche sociali e salute del comune di Roma

Sull’esperienza della Di Donato abbiamo raggiunto e interpellato anche Emiliano Monteverde, dell’Assessorato alle politiche sociali e salute del comune di Roma e che per 8 anni è stato assessore alle politiche sociali nel Primo Municipio di Roma, che è anche uno dei genitori attivi all’interno dell’istituto:

“Le esperienze che i nostri figli possono fare in scuole multietniche e multiculturali sono importantissime. Conoscere e vivere come quotidiane le differenze, le culture ma anche le tragedie e le caratteristiche di popoli diversi è una esperienza che insegna alle bambine e ai bambini la complessità e il valore della cultura a partire dalla propria che non va data per scontata. Esperienze come la scuola Di Donato o rioni come l’ Esquilino insegnano che se la paura e la diffidenza sono le prime reazioni quando non si conoscono gli altri, di conseguenza queste esperienze crescono futuri adulti meno impauriti, meno diffidenti, più abituati alla complessità, più consapevoli di se e quindi anche più curiosi e inclusivi verso gli altri.”

L’esempio dell’istituto comprensivo Guicciardini di Roma

Un altro esempio significativo è l’Istituto comprensivo Guicciardini, sempre a Roma, che ha sviluppato un sistema educativo innovativo e orientato al futuro, incentrato sullo sviluppo delle competenze sociali e civiche.

Come dichiarato dalla preside Simona Di Matteo in un recente intervento sul quotidiano Vita obiettivo della scuola è formare cittadini attivi e consapevoli fin dall’infanzia, promuovendo un coinvolgimento diretto degli studenti in attività pratiche legate alla cittadinanza. Questo approccio si concretizza in una serie di iniziative che vanno oltre la semplice didattica: il progetto “Bike to school“, ad esempio, incoraggia l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano, mentre la collaborazione con il movimento “Streets for kids” sostiene la pedonalizzazione delle strade adiacenti agli istituti, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e incentivare l’uso di mezzi sostenibili.

Un elemento distintivo dell’Istituto Guicciardini è l’introduzione della figura del “mobility manager“, un professionista che lavora per agevolare l’accesso degli studenti alla scuola, migliorando i percorsi casa-scuola e sensibilizzando alla mobilità ecologica. Questo approccio integrato rende la scuola non solo un luogo di apprendimento, ma anche un laboratorio di pratiche sostenibili, dove gli alunni imparano l’importanza della cittadinanza attiva e dell’ambiente.

Che cosa si può imparare da queste buone pratiche di integrazione?

Gli esempi virtuosi di integrazione scolastica tra alunni italiani e stranieri nella composizione delle classi e delle attività extra-curriculari, come quelli offerti dalle scuole Di Donato e Guicciardini di Roma in contrapposizione a quanto accaduto a Fondi, dimostrano chiaramente che la scuola può essere molto più di un semplice luogo di apprendimento. Queste istituzioni si trasformano in laboratori di cittadinanza attiva, spazi in cui le nuove generazioni non solo acquisiscono nozioni, ma sviluppano competenze sociali fondamentali per il futuro. Imparano a convivere, a collaborare, a costruire un dialogo tra culture diverse, superando le barriere della diversità e trasformando la pluralità in una risorsa preziosa.

Il confronto tra il caso di Fondi e le esperienze positive di Roma evidenzia la complessità del tema dell’integrazione scolastica. Non esistono soluzioni semplici o universali. L’integrazione richiede un impegno costante da parte di tutti: istituzioni, insegnanti, famiglie e comunità. Ogni scuola deve affrontare sfide specifiche legate al contesto sociale e culturale in cui opera, ma ciò che emerge dagli esempi positivi è che l’integrazione non è solo possibile, ma può anche diventare una fonte di arricchimento per l’intera comunità scolastica.

Quando le differenze culturali vengono accolte e valorizzate, come accade nelle scuole romane, i bambini imparano sin da piccoli che la diversità non è un ostacolo, ma una componente naturale e arricchente della vita in società. In questo senso, la scuola diventa un luogo dove si formano cittadini consapevoli, aperti al dialogo, capaci di vivere e collaborare in un mondo globalizzato. Le iniziative che promuovono la sostenibilità, l’inclusione e la partecipazione attiva insegnano ai bambini non solo a rispettare l’altro, ma anche a sentirsi parte di una comunità più grande, in cui ognuno ha il diritto e il dovere di contribuire.

È quindi essenziale che, di fronte alle sfide poste dalla presenza di un numero crescente di studenti stranieri nelle scuole italiane, si sappia guardare agli esempi di successo come modelli da cui trarre ispirazione. L’integrazione scolastica non deve essere vista come un problema, ma come un’opportunità per costruire una società più giusta e coesa. Gli esempi di Roma ci mostrano che, se affrontata con creatività, apertura e collaborazione, l’inclusione può arricchire tutti, creando scuole dove ogni bambino, indipendentemente dalla sua provenienza, può sentirsi accolto, valorizzato e parte integrante della comunità.