Viale Trastevere comunica ai sindacati l’adeguamento finale operato dagli uffici scolastici sulla base dell’organico di fatto, derivante dai mutamenti delle iscrizioni e dalle bocciature che si sono concretizzate nelle ultime settimane. Penalizzate ancora le scuole della parte bassa della Penisola: la Sicilia perde ulteriori 504 cattedre, la Campania 387, la Puglia 340, la Calabria 183. In Basilicata spariscono 58 insegnanti, in Molise 33, in Sardegna 27 e in Abruzzo 14. E questo avviene a fronte di 34mila alunni in più rispetto all’anno precedente. Per il Miur l’unica cosa che conta è che “il saldo degli organici rimanga invariato”.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): è assurdo attuare questa politica nelle stesse aree dove imperversano abbandoni e Neet. Invece di rinforzare gli organici, migliorare l’orientamento, creare un collegamento diretto, in accordo con il Ministero del Lavoro, con industrie e aziende, l’amministrazione rema al contrario.
Quello del taglio degli insegnanti nelle Regioni del Sud è un copione già visto. Che da diverso tempo si ripropone in modo ciclico. E che il Ministero dell’Istruzione conferma per il futuro: anche l’anno prossimo, infatti, le scuole del Meridione e delle Isole maggiori subiranno un ulteriore decremento di “cattedre”. Attraverso l’adeguamento finale operato dagli uffici scolastici periferici sulla base del cosiddetto “organico di fatto”, derivante dai mutamenti delle iscrizioni e dalle bocciature degli studenti che si sono concretizzate nelle ultime settimane, non c’è una Regione del Sud che si salva: la Sicilia perde ulteriori 504 cattedre, la Campania se ne vede sottratte 387, la Puglia 340, la Calabria 183. Numeri negativi anche per la Basilicata, dove spariscono 58 posti da insegnante, per il Molise (-33), per la Sardegna (-27) e per l’Abruzzo (-14).
Dalla tabella di suddivisione regionale dei posti, fornita dall’amministrazione scolastica ai sindacati in queste ore e pubblicata dallarivista specializzata “Orizzonte Scuola”, risulta che i posti relativi all’organico dei docenti saranno praticamente gli stessi degli altri anni: 628.067. Perché la priorità, hanno spiegato i tecnici del Miur, è che “il saldo degli organici deve rimanere invariato”. E poco importa che il numero di alunni nell’ultimo biennio sia aumentato di circa 64 mila unità, a seguito di un incremento di 30 mila iscritti in più nell’anno in corso e di 34mila nel prossimo (25.546 unità alle superiori, 9.216 alla primaria, -785 alle medie), che corrispondono a circa 3mila nuove classi. E che il numero di iscritti alle scuole pubbliche tra il 2009 e il 2012 sia aumentato di 90.990 unità.
Quel che conta è che la quantità di insegnanti, per effetto dell’art. 19, comma 7 della Legge 111/2011, rimanga sempre lo stesso. Ecco che, allora, come nel gioco delle tre carte, visto che i docenti non possono aumentare, in alcune regioni, quelle del Sud dove il tasso demografico è in discesa, non si può fare altro che ridurre il numero dei docenti. Peccato che siano le stesse scuole dove l’Invalsi ha ravvisato un gap di competenze degli alunni fino a 40 punti inferiori rispetto a quelle del Centro-Nord.
A dire il vero, il prossimo anno ci sarà un incremento: riguarda gli insegnanti di sostegno. Che da 63.348 saranno incrementati di circa 20mila unità. Ma anche in questo caso il Miur ha agito con la logica del “bilancino”, perché l’incremento doveva essere maggiore, visto che è stato attuato su un organico sottodimensionato del 30%. Tanto è vero che anche se entro tre anni i docenti di ruolo specializzati nell’insegnamento ai disabili saliranno a 90.032, nello stesso periodo i docenti di sostegno di cui avranno bisogno i nostri alunni saranno molti di più degli attuali 110.216: basti pensare al trend positivo a partire dal 2001, quando gli iscritti nelle scuole con handicap certificato erano appena 138mila, mentre oggi sono diventati 222mila.
“La decisione di ridurre ancora il corpo docente assegnato alle scuole del Sud – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – è l’esatto opposto di quello che occorreva fare: nelle Regioni meridionali, infatti, il tasso di abbandono scolastico è altissimo. Alle superiori di Caltanissetta e Palermo supera il 40% di iscritti. Si tratta di in segno evidente di quanto le scuole abbiano difficoltà a scolarizzare e portare alla maturità i giovani del posto. Dal Miur, quindi, dovrebbero rinforzare gli organici, migliorare l’orientamento, creare un collegamento diretto, in accordo con il Ministero del Lavoro, con industrie e aziende”.
“Invece non solo non si attua alcun programma di rafforzamento didattico e orientativo, ma – dice ancora Pacifico – si assegnano meno docenti. Costringendo quelli in servizio ad assolvere un servizio ingrato. E in certi casi impossibile: quante possibilità ha un docente di una scuola di provincia del Sud di imprimere la sua impronta formativa a un gruppo-classe che sfiora, se non supera, le trenta presenze di studenti? Spesso, peraltro, nati e cresciuti in luoghi dove prevale il disagio sociale e culturale. Un altro provvedimento da attuare sarebbe quindi quello di ridurre il numero di alunni per classe. Invece, le ultime disposizioni introdotte dal Miur durante il mandato dell’ex Ministro Gelmini, hanno imposto di alzare i parametri”.
La verità è che si stanno sottraendo docenti proprio laddove ve ne sarebbe più bisogno. Lo sanno bene anche a Viale Trastevere: se si consulta l’ultimo Focus del Miur sulla “dispersione scolastica”, si scopre che le zone dove gli alunni iscritti, sia nella scuola di primo che di secondo grado, presentano un “maggior rischio di abbandono” scolastico prima dei 16 anni sono ancora una volta Sardegna, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise e Abruzzo. Le stesse che l’anno prossimo partiranno con decine e centinaia di prof in meno.
“A rendere ancora più complessa la situazione – continua Pacifico – c’è poi il dato riguardante le assunzioni del personale docente: il Miur ne ha previste poche decine di migliaia, mentre l’Anief ha calcolato che sono almeno 100mila i posti vacanti e utili per le immissioni in ruolo. Di questi, quasi la metà riguarderebbe il sostegno, circa 20mila sono quelli assegnati fino al 31 agosto e 30mila riguardano i prossimi pensionamenti. È assurdo che a fronte di 140mila posti assegnati annualmente ai precari, su posti da considerare in larga parte vacanti, si continui a negare di stabilizzarne i due terzi. In questo modo si continua a precarizzare il rapporto di lavoro nella scuola, malgrado le indicazioni dell’Ue, che entro l’anno potrebbero essere confermate dalla Corte di Giustizia europea, indichino chiaramente – conclude il sindacalista Anief-Confedir – di intraprendere la strada della stabilizzazione automatica dopo 36 mesi di servizio”.
FONTE: ANIEF – Associazione Sindacale Professionale