Una studentessa de L’Aquila cade e si fa male durante una corsa campestre organizzata nell’ora di ginnastica: secondo la Cassazione la scuola non è responsabile per le lesioni riportate dallo studente.
Lo ha stabilito la terza sezione civile della Suprema corte con la sentenza numero 16666, depositata lo scorso 6 luglio.
La studentessa allora minorenne ha perso il ricorso ed è stata condannata a risarcire le spese legali.
L’episodio è accaduto nel 1995. La ragazza, che frequentava la scuola media, durante una corsa campestre su una distanza di mille metri, era inciampata sul marciapiede che costeggiava l’edificio scolastico, e che era parte integrante del percorso da seguire, riportando alcune lesioni.
Da qui la richiesta di risarcimento danni alla scuola. I giudici di I grado avevano sottolineato la totale assenza di responsabilità da parte del Miur e quindi dell’istituto scolastico, respingendo la richiesta di risarcimento perchè era stata “ritenuta adempiuta l’obbligazione contrattuale del ministero in rapporto alle caratteristiche della gara campestre alla quale si stava allenando la giovane e a quelle di non pericolosità del marciapiede, le cui condizioni erano pure ben note alla vittima, che frequentava i luoghi dove si tenevano le lezioni di educazione fisica”. Anche la Corte d’appello aveva affermato l’assenza di responsabilità del ministero, sia contrattuale che extracontrattuale.
La decisione
La Cassazione ha confermato le sentenze di primo e secondo grado, ritenendo la scuola non responsabile per le lesioni riportate dalla studentessa, ma ha sottolineato che “il riferimento alla problematica dell’insidia o della responsabilità da cose in custodia è del tutto fuori luogo perché la qui gravata decisione ampiamente motiva sulla presenza di un ostacolo come quello origine della caduta come insita nel rischio sportivo connesso al percorso della gara di corsa campestre”.
La Suprema Corte ha sottolineato inoltre che “la corte territoriale non parla mai di accettazione del rischio, ma di rischio connaturato alla specifica attività di educazione fisica posta in essere, in relazione alla specificità sportiva praticata nel momento”.
Inoltre, i supremi giudici sottolineano che: “Le ricorrenti non si confrontano con la ratio decidendi dell’impostazione dell’evento come gara di corsa campestre senza particolari violazioni delle relative regole, con conseguente esclusione, in via principale, della responsabilità extracontrattuale e, in via subordinata, con riconoscimento delle esimenti proprie dell’inerenza del rischio poi corso al regolare esercizio di un’attività sportiva particolare”.