Si torna a parlare del blocco degli scrutini. Anche qualche sindacato ne fa cenno. Ma le regole attuali non lo consentono. Bisognerebbe “disdettare” l’accordo del 1999.
A scadenze periodiche e quasi fisse il tema del “blocco degli scrutini” ritorna – con toni più o meno accessi – nella discussione sulle forme di protesta da utlizzare nella scuola.
Va detto subito che scioperare “a oltranza” nei giorni in cui sono previsti gli scrutini (ma anche in altri periodi dell’anno) è contrario alle norme contenute nel codice di autoregolamentazione sottoscritte nel 1999 dai sindacati e allegate al CCNL.
Il codice fu a suo tempo il risultato delle norme generali contenute nella legge 146/90 che prevedevano appunto che le parti concordassero regole finalizzate a garantire che le azioni di sciopero non confliggano con diritti costituzionalmente garantiti.
Il codice in vigore prevede dunque alcuni limiti importanti. Intanto c’è un limite annuo di giornate di sciopero: 8 giornate nella scuola dell’infanzia e nella primaria, 12 giorni negli altri ordini di scuola; ciascuna azione di sciopero, inoltre, non può essere proclamata per più di due giorni consecutivi (questo significa che gli scioperi a tempo indeterminato sono vietati).
E, venendo agli scrutini, il codice prevede che gli scioperi proclamati e concomitanti con gli scrutini finali non devono differirne la conclusione nei casi in cui l’attività valutativa sia propedeutico allo svolgimento degli esami conclusivi dei cicli di istruzione. Negli altri cosi non possono differirne la conclusione di oltre cinque giorni.
In pratica questo significa che nelle ultime classi del terzo della secondaria di primo grado e nelle classi quinte della secondaria di secondo grado gli scioperi durante gli scrutini non sono possibili.
Sono invece consentiti, nel periodo degli scrutini, scioperi di uno o due giorni, come peraltro già si è verificato in alcune circostanze negli ultimi anni.
Questo è quanto stabiliscono le norme, ma ovviamente – in linea di principio – trattandosi di norme di natura pattizia non si può escludere a priori che una delle due parti (in questo caso i sindacati firmatari del codice) dia disdetta dell’accordo. Ma – almeno per il momento – l’ipotesi è più teorica che pratica.