Ieri il mondo della scuola ha sfiduciato il primo Ministro. Lo sciopero ha visto più di 100mila partecipanti e punte di adesione storiche. Probabilmente è stato superato il mezzo milione di persone scese in piazza in tutta Italia.
Sciopero storico
Potrebbe essere superiore all’80% l’adesione allo sciopero di ieri, mancano ancora circa 4mila scuole che non hanno inviato i dati al Ministero perché chiuse e nelle quali si prefigura, quindi, il 100% di adesioni.
I motivi
Tra i motivi dello sciopero, l’esclusione della II fascia dalle assunzioni, l’aumento dei poteri dei dirigenti (i sindacati e il mondo della scuola hanno chiesto, invece, collegialità), la possibilità per i dirigenti di poter scegliere i docenti (si teme clientelismo), blocco del contratto, esclusione degli ATA dal piano assunzionale, l’eliminazione di alcune materie contrattuali, maggiori investimenti per colmare il gap con l’Europa.
I poteri ai presidi fanno paura
Ieri, in concomitanza con lo sciopero nazionale, abbiamo lanciato una inchiesta sulle ragioni dello sciopero, chiedendo quale dei motivi fosse il più importante. Il 48% dei 1.130 utenti che hanno partecipato ha risposto “l’aumento di poteri dei dirigenti”, il 32% “l’esclusione dalle assunzioni dei precari delle GI e degli ATA”, segue con l’11% “il blocco del contratto”.
Timide aperture
“La scuola è dei professori e degli studenti e non dei sindacati ma se tutti dicono che alcuni punti non vanno allora c’è un problema e interveniamo”, lo ha detto Renzi il occasione del summit sulla scuola presso il “Nazareno”, giorno 20 aprile. Da allora sono state apportate delle modifiche al testo del DDL scuola, alcune vanno nella direzione di un attutimento dei poteri dei dirigenti.
Così, è stato approvato un emendamento che trasforma il POF triennale in un documento elaborato dal Collegio docenti e non dal solo dirigente scolastico. Resta, però, il nodo “chiamata diretta”. Nel testo è stata apportata una sostanziale modifica, il dirigente non sceglierà i docenti, ma li individuerà. Modifica effettuata in vista della riformulazione dell’articolo 7 del testo del DDL che dovrebbe andare in direzione di una individuazione da parte del dirigente con criteri rigidissimi e ratificata dal Consiglio d’istituto.
Le modifiche non bastano
Modifiche attuate e potenziali che non bastano al mondo della scuola, la sostanza non cambia tra “scelta” ed “individuazione”. Così la Gilda degli insegnanti minaccia il blocco degli scrutini e la Camusso promette nuove iniziative di protesta se le ragioni dei sindacati non saranno accolte. Lo sciopero, insomma, non è che l’inizio della protesta.
Il nodo precari
C’è poi il nodo precari da sciogliere. Le assunzioni non bastano, perché lasciano fuori decine di migliaia di lavoratori che negli anni hanno lavorato da graduatoria d’istituto. Non va giù anche il divieto di fare supplenze oltre i 36 mesi, che metterebbe in difficoltà molti lavoratori. Divieto che nasce da una distorta interpretazione della sentenza della Corte di giustizia europea che ha condannato l’Italia per la reiterazione dei contratti a termine.
Governo nuovamente denunciato
Ieri Pantaleo, segretario FLCGIL, ha chiesto alla Giannini di dimettersi, mentre l’ANIEF volava a Bruxelles per denunciare nuovamente il Governo, inadempiente in materia di precariato. Queste le ragioni: la mancata stabilizzazione dei precari, che dopo 36 mesi di servizio, anziché essere assunti, vengono ‘puniti’ dal Governo italiano negando loro ogni forma di supplenza; l’assunzione di un solo docente precario su tre, tra quelli inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, di merito e d’istituto; l’esclusione dalle immissioni in ruolo degli Ata, pur in presenza di almeno 10mila posti liberi.
Il punto sui lavori parlamentari
Dopo lo svolgimento dello sciopero, il premier Matteo Renzi ha mostrato segnali di apertura per modificare il DDL in discussione alla commissione Cultura della Camera, ma non arretra sulla necessità di condurre in porto la riforma.
Anche questa mattina alla Camera andranno avanti i lavori parlamentari. I tempi sono sempre più stretti, tanto che a Montecitorio si potrebbe lavorare no-stop anche nel week end: fine dei lavori in commissione intorno al 12 maggio, il 14 in aula per il voto delle pregiudiziali, voto finale il 19 maggio.
Ieri, la discussione si è fermata all’articolo 5, per saltare al 15. Non si sono affrontati quegli articoli caldi del DDL (in particolare il 7 e l’8) che affrontano le tematiche legate ai poteri dei dirigenti e alle assunzioni. Saggia scelta, dato che si tratta di due dei punti che ieri hanno portato centinaia di migliaia di lavoratori della scuola a serrare gli istituti e a scendere in piazza.