personale pubblica amministrazioneSbloccare il turnover per i comuni. A chiederlo è l’Anci che ha lanciato ieri un appello a governo e parlamento affinché sia ripristinato il regime di progressivo sblocco del turnover del personale degli enti locali, affermato solo pochi mesi fa e oggi rimesso in discussione dalle misure previste dalla legge di stabilità. Il riferimento è al comma 126 dell’articolo 1 del ddl stabilità, che prevede la drastica riduzione del turnover di personale per gli enti locali, fissato per il triennio 2016-2018 al 25% della spesa del personale cessato nell’anno precedente. Una misura che, secondo l’Anci, contraddice le scelte strategiche fatte solo un anno fa con il dl 90/2014, che prevede dal 2016 l’ampliamento del turnover nei comuni all’80% delle cessazioni, per arrivare al 100% dal 2018.

 

Con le previsioni inserite nella Stabilità, lamenta l’Anci, si blocca il ricambio generazionale nei comuni, dove solo il 12% dei dipendenti, e solo il 2% dei dirigenti, ha meno di 40 anni di età, mentre il 60% dei dipendenti, e il 70% dei dirigenti, supera i 50 anni. A ciò devono aggiungersi, come ha sottolineato la Corte dei conti nell’audizione sul manovra, «gli effetti negativi dell’introduzione di reiterati vincoli assunzionali sull’efficienza e la capacità operativa delle singole amministrazioni e sulla qualità dei servizi».

 

Un altro nodo delicato che la manovra dovrà sciogliere riguarda la sanatoria delle delibere sui tributi locali approvate in ritardo. Il ddl di stabilità fa salve quelle adottate entro il 30/9/2015 ma ciò non consentirebbe di utilizzare le nuove aliquote (modificate in circa 330 enti sul totale di 833 ritardatari) in tempo utile per il saldo Imu-Tasi del 16 dicembre. Poi c’è la questione sollevata dal decreto legge salva banche (dl 183/2015) con l’esecutivo pronto ad appoggiare la costituzione di un “fondo ad hoc” per risarcire i piccoli risparmiatori di Banca Marche, Banca popolare dell’Etruria, Carife e CariChieti penalizzati dal decreto approvato lo scorso 22 novembre.

 

L’ipotesi alla quale si lavora è contenuta in un subemendamento del Pd alla manovra che prevede un Fondo di solidarietà di 120 milioni di euro, di cui 80 «a carico del sistema bancario». Il fondo permetterebbe di rimborsare parzialmente le perdite stimate tra i 300 e i 350 milioni di euro. La soglia con cui definire il piccolo o piccolissimo risparmiatore si attesterebbe a 30mila euro, ma potrebbe essere anche definita con un successivo provvedimento del Governo.