Tfr in busta paga, come funziona?il trattamento di fine rapporto, è il corrispettivo economico che compete al lavoratore subordinato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, per qualsiasi motivo, licenziamento, dimissioni, o raggiungimento dell’età della pensione.
Tfr in busta paga come funziona? Il Tfr è una somma di denaro che spetta al lavoratore nel momento in cui termina il rapporto di lavoro. Doveva servire in origine come una sorta di paracadute finanziario di cui il lavoratore poteva disporre nei periodi di disoccupazione.
L’importo del Tfr in busta paga è determinato dal risparmio, per ogni anno di servizio o frazione di anno, di una quota pari al 6,91% della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni.
Il tempo di maturazione del diritto al Tfr coincide, come detto, con la cessazione del rapporto. Il datore di lavoro quindi, a meno che il lavoratore non abbia preferito l’accantonamento in qualche fondo pensionistico diverso dall’azienda, è tenuto a pagare subito il dipendente. In caso di ritardo nel pagamento, sono dovuti interessi e rivalutazione monetaria.
A chi spetta il Tfr
Hanno diritto al TFR i dipendenti pubblici assunti con:
- contratto a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000, eccetto le categorie cosiddette “non contrattualizzate”;
- contratti a tempo determinato in corso o successivo al 30 maggio 2000 e della durata minima di 15 giorni continuativi nel mese;
- contratto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 e che aderisce a un fondo di previdenza complementare (il passaggio al TFR è automatico).
Se il rapporto di lavoro a tempo determinato decorre da una data precedente al 2 giugno 1999 fino al 30 maggio 2000, si attua in ogni caso l’iscrizione a un Trattamento di Fine Servizio (TFS), che comprende l’indennità di buonuscita e il premio di servizio, poiché pari o superiore all’anno continuativo. Il valore del trattamento di fine servizio maturato fino a quel momento costituisce il montante a cui si aggiungono le quote di TFR.
Come viene pagato il Tfr
Il TFR è corrisposto d’ufficio, pertanto il lavoratore non deve fare alcuna domanda per ottenere la prestazione. Il modello TFR1 è compilato a cura dell’ente o amministrazione di appartenenza.
La somma spettante può essere percepita tramite accredito sul conto corrente bancario/postale o altra modalità di pagamento elettronico. Il pagamento è corrisposto in tre modalità:
- in unica soluzione, se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 90.000 euro;
- due rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 90.000 euro e inferiore a 150.000 euro.
- tre rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è uguale o superiore a 150.000 euro.
Invece, ai dipendenti che hanno terminano il servizio e hanno maturato i requisiti pensionistici a partire dal 1° gennaio 2014, il pagamento del TFR è corrisposto:
- in unica soluzione, se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50.000 euro;
- due rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 50.000 euro e inferiore a 100.000 euro;
- tre rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 100.000 euro.
Fino all’entrata in vigore della legge n.25 del 5 dicembre 2005 il Tfr veniva versato in azienda. A partire da quella data, con l’avvio della riforma della previdenza complementare, è stato introdotto un meccanismo per cui è possibile scegliere dove destinare il proprio Tfr.
Il lavoratore decide dove versare la sua liquidazione, potendo scegliere se lasciarla in azienda oppure versarla nei fondi pensionistici, fondi che si occupano di accumulare e amministrare il Tfr dei lavoratori.
Dove versare il Tfr?
Oltre la classica destinazione in azienda. Ci sono:
- fondi pensionistici negoziali o chiusi,
- fondi pensionistici aperti,
- PIP (Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo),
- fondi pensione preesistenti.
Tutti i fondi pensione sono vigilati dalla COVIP, l’Autorità preposta al controllo del settore. Attraverso il costante monitoraggio delle strutture organizzative, gestionali e finanziarie di tutte le forme pensionistiche complementari, questo ente verifica che esse mantengano un comportamento corretto e trasparente nei confronti degli aderenti.
Nell’albo CONVIP sono iscritti tutti i fondi pensione vigilati dalla stessa. Contiene gli elementi identificativi dei singoli fondi (numero di iscrizione, denominazione, indirizzo ecc.) ed è consultabile online nel sito.
I fondi pensionistici chiusi sono organizzati e gestiti collegialmente da amministratori scelti nelle organizzazioni sindacali di categoria e da gestori privati. L’adesione è volontaria e su base collettiva. Prevedono il contributo del datore di lavoro a favore del lavoratore che aderisce, versando la sua quota.
Quelli aperti sono invece privati, molto simili ai fondi comuni di investimento. L’adesione è consentita su base individuale o su base collettiva, in quest’ultimo caso è previsto il contributo del datore di lavoro e, nella prevalenza dei casi, anche il versamento del TFR. Possono aderire a tali fondi anche soggetti che non svolgono attività lavorativa.
I PIP sono forme pensionistiche complementari individuali rivolte a tutti coloro che, indipendentemente dalla propria situazione lavorativa, intendano costruirsi una pensione integrativa. È una forma pensionistica complementare realizzata attraverso un contratto di assicurazione sulla vita.
Il fondo pensione preesistente è una forma di previdenza complementare destinata a specifici ambiti di lavoratori dipendenti individuati dai contratti o accordi collettivi anche aziendali o interaziendali. L’adesione avviene su base collettiva. Sono autonomi quelli dotati di soggettività giuridica e interni quelli costituiti come posta di bilancio o patrimonio di destinazione all’interno di banche, imprese di assicurazione o altri enti e società.
Le modifiche con la Legge di stabilità
La Legge di stabilità 2015 (art. 1, comma 26 della legge n. 190/2014) ha previsto la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato, con un’anzianità di almeno 6 mesi di ottenere in busta paga, quindi mensilmente, un anticipo del trattamento di fine rapporto.
Fino al giugno 2018 si poteva riscuotere la quota della liquidazione maturata mensilmente, unitamente allo stipendio.
La scelta di farsi o meno anticipare la liquidazione spetta al lavoratore e, una volta manifestata, l’opzione non può essere revocata.
Una decisione che può essere esercitata anche dai lavoratori che hanno optato per versare il TFR ad un fondo di previdenza complementare (fondo pensione).
Il TFR in busta paga è tassato secondo l’ordinaria tassazione Irpef, quindi con un prelievo più alto di quello previsto per il TFR ordinario.
Non essendo però stato adottato dal legislatore alcun provvedimento di proroga o reiterazione delle disposizioni normative dal periodo di paga luglio 2018 i datori di lavoro non sono più tenuti ad erogare in busta paga la quota maturanda di trattamento di fine rapporto.
Dal periodo di paga luglio 2018, quindi i datori di lavoro interessati dovranno procedere al ripristino dell’assetto previgente all’entrata in vigore della suddetta legge. Sarà necessario quindi adeguare i relativi obblighi con accantonamento del Tfr in azienda, o versamento al Fondo di tesoreria o alla forma pensionistica complementare di destinazione.
Novità per la previdenza complementare
Con la Legge sulla Concorrenza, legge 124/2017, e l’ultima manovra finanziaria per il 2018, sono state introdotte delle novità per chi decide di destinare la liquidazione ad un fondo pensione:
- è possibile destinare una sola parte del TFRal fondo pensione;
- il lavoratore può cambiare in qualsiasi momento la sua decisione iniziale, in tal caso però quanto versato fino a quel momento non potrà essere restituito,
- c’è la possibilità di riscattare la posizione individuale accumulata per coloro che perdono i requisiti necessari per la partecipazione al fondo,
- prestazione pensionistica anticipata fino a 10 anni ammessa, in tutto o in parte, per soggetti che versino in uno stato di inoccupazione superiore a 24 mesi e si trovino a non più di 5 anni di distanza dal pensionamento.