tasso d'interesse aumento ritardi tfs dipendenti pubbliciNonostante la sentenza della Consulta e la proposta di legge, continuano i ritardi per il Tfs dei dipendenti pubblici, in aumento anche il tasso d’interesse.


Il Tfs (Trattamento di fine servizio) sta diventando un vero e proprio incubo per i dipendenti pubblici.

Sono passati ormai nove mesi dal pronunciamento della Consulta, che dichiarava anticostituzionale il differimento e la rateizzazione del Tfs per i dipendenti pubblici.

Da questa questione, era nata l’idea della proposta di legge del deputato del Movimento Cinque Stelle Antonio Colucci di tagliare le tempistiche per il pagamento, riducendolo a tre mesi.

Ma è ancora un nulla di fatto.

Nel frattempo, è aumentato anche il tasso d’interesse, rendendo il tutto un vero e proprio salasso per i dipendenti.
Ecco una panoramica.

Tfs dipendenti pubblici: il tasso d’interesse è in aumento

I dipendenti che si rivolgono alle banche per ottenere la liquidazione del Tfs, si ritrovano di fronte a degli interessi molto alti.

Per effetto del rendistato (l’indice sulla base del quale gli istituti di credito calcolano il tasso d’interesse da applicare sui prestiti dei dipendenti pubblici), che non accenna a scendere, i dipendenti pubblici si ritrovano ad affrontare una spesa extra superiore ai 2000 euro, per una somma pari a 45mila euro.

Le ultime analisi attestano il rendistato generale al 3,5%, con un aumento dello 0,1% dal mese di gennaio.

Il rialzo del rendistato è iniziato nel 2021, con un aumento cospicuo nel 2022, passando dallo 0,3% al 3,5% attuale.

tasso d'interesse aumento ritardi tfs dipendenti pubbliciTfs dipendenti pubblici: il problema delle tempistiche con l’Inps

Dato l’aumento smisurato degli interessi, è diventato molto difficile rivolgersi agli istituti di credito per ottenere il Tfs.
Perciò la via alternativa è l’Inps, che anticipa l’intero ammontare del Tfs (fino ad un massimo di 45mila euro), agevolato all’1%.

Il problema, però, è che sulla carta le richieste dovrebbero essere lavorate in un periodo di massimo 6 mesi, ma solo raramente è così.
Molti dipendenti pubblici sono costretti ad aspettare anni per l’ottenimento delle somme.

Le tempistiche variano a seconda della ragione che ha portato alla cessazione del rapporto di lavoro:

  • 105 giorni di attesa, quando la cessazione è motivata da sopravvenuta inabilità o da decesso;
  • 12 mesi (con altri tre mesi di attesa che può prendersi l’Inps), se il rapporto di lavoro è cessato per il raggiungimento del limite di età, per termine del contratto a tempo determinato o per la risoluzione unilaterale del datore di lavoro, a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata;
  • Almeno 24 mesi per tutti gli altri casi, come le dimissioni volontarie.

Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’Inps ha raccolto diverse segnalazioni e ha rilevato che l’erogazione del TFR e del TFS e dell’Anticipo del TFR e del TFS subiscono ritardi a causa, non solo della normativa, ma anche per carenza di personale dedicato.

Per questo, proprio il CIV ha sollecitato un intervento normativo, per consentire ai lavoratori pubblici di ottenere la prestazione in tempi accettabili e ha richiesto agli organi di gestione dell’Istituto di elaborare, il prima possibile, un progetto specifico per ridurre i tempi di erogazione dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto, delle anticipazioni e del versamento ai fondi di previdenza negoziale.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it