I dipendenti statali illegittimamente licenziati avrà sempre diritto al reintegro sul posto di lavoro più il pagamento di un’indennità risarcitoria? Vediamo cosa dovrebbe stabilire in materia il decreto legislativo di riforma del testo unico del pubblico impiego.
Per i dipendenti pubblici illegittimamente licenziati resta l’obbligo di reintegra sul posto di lavoro. Lo precisa un passaggio del decreto legislativo di riforma del testo unico del pubblico impiego approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri ed attualmente all’esame delle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato. Si pone così fine ad una querelle giurisprudenziale durata diversi anni a seguito della Riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori avvenuta nel 2012 con la Legge Fornero.
L’intervento del Governo è volto a cristallizzare il principio di tutela reale sul quale la giurisprudenza è approdata a seguito del sovrapporsi di diverse previsioni normative succedutesi nel tempo. La diatriba riguardava l’applicabilità anche al pubblico impiego dell’articolo 18 così come riformato dal legislatore nel 2012. La Legge Fornero, come noto, ha messo in discussione per la prima volta dopo lo Statuto dei Lavoratori il mantra della tutela reale nelle imprese del settore privato con più di 15 dipendenti consentendo ai datori di cavarsela, in alcuni casi, con la corresponsione di un indennizzo economico al posto della reintegra in caso di licenziamento illegittimo. Norma poi confermata ed ulteriormente estesa tre anni dopo con il Jobs Act.
Rimaneva in un’area grigia il settore del pubblico impiego. La legge del 2012, infatti, seppur aveva previsto la non diretta applicabilità della novella al settore pubblico (serviva un intervento normativo ad hoc) era controbilanciata da una previgente disposizione (art. 51, co. 2, del decreto legislativo n.165 del 2001) che attraverso un rinvio “mobile”, stabiliva la diretta applicabilità della normativa in materia di licenziamenti nel settore privato alle pubbliche amministrazioni. La questione aveva tratto d’inganno anche la Corte di Cassazione con due sentenze di parere opposto. In una prima sentenza (S. 24157/2015) la Corte aveva stabilito la diretta applicabilità del novellato articolo 18 anche al settore pubblico contrattualizzato, indirizzo successivamente sconfessato l’anno successivo (S. 11868/2016) in cui i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito la necessità di un intervento normativo di armonizzazione ai fini dell’applicazione della riforma Fornero (che si applica al settore privato) anche ai dipendenti pubblici contrattuali. In tale sentenza era stato indicato che finché non fossero stati emanati i provvedimenti di armonizzazione, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni contrattualizzati non si sarebbero applicate le modifiche apportate all’articolo 18 dello Statuto Lavoratori.
Nel solco di tale interpretazione e con l’obiettivo di armonizzare le regole il decreto legislativo conferma la non applicabilità dell’articolo 18 nella versione attualmente vigente al pubblico impiego. In tal senso il provvedimento prevede che il giudice, con la sentenza con la quale annulli o dichiari nullo il licenziamento , condanna l’amministrazione alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, e comunque in misura non superiore a 24 mensilità. Da tale importo va dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative. Il datore di lavoro è anche condannato, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. In sostanza, chiarisce il decreto legislativo, l’ente pubblico, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, dovrà sempre procedere al reintegro del lavoratore e non potrà liquidarlo con il pagamento di un indennizzo di natura economica, come accade invece nel settore privato.