La sezione controllo della Corte dei Conti, chiamata ad esprimersi sulle stabilizzazioni in Sicilia, nega il potere alla Regione di autorizzare i Comuni a derogare al rispetto del limite del 50% per i concorsi riservati. L’interpretazione della magistratura contabile è molto più restrittiva di quella sostenuta, in diverse sedi, dalla Regione. Sembra impossibile trovare una soluzione, senza coinvolgere il legislatore nazionale.
Stabilizzazione Precari Comuni Siciliani, i paletti della Corte dei Conti. La sezione controllo della Corte dei Conti della Sicilia, sollecitata ad esprimere un parere dai sindaci di Milazzo e San Pier Niceto, limita – di fatto – fortemente la possibilità delle “stabilizzazioni” del personale precario nei Comuni.
In teoria, i Comuni potrebbero “stabilizzare” tutti i propri precari ma, secondo l’interpretazione della Corte, solo se sono in grado di procedere contestualmente ad investire una somma analoga per assunzioni dall’esterno. Situazione in cui versano pochissimi Comuni o, forse, nessuno.
Secondo la magistratura contabile (pareri 27 e 28 del 2019) – contrariamente a quanto sostenuto da esponenti della Regione – il comma 7 dell’art. 26, comma 6, della L.R. n. 8/2018, che pone a totale ed esclusivo carico delle risorse regionali le “stabilizzazioni”, non è sufficiente ad escludere l’obbligo di garantire l’adeguato accesso dall’esterno.
La neutralità finanziaria per il bilancio comunale, determinata dall’abolizione dei vincoli e dei limiti della spesa del personale propria dei singoli enti, non incide sull’obbligo, statuito dalla Corte Costituzionale, di bilanciare l’accesso alla pubblica amministrazione dall’interno e dall’esterno.
In effetti, la trasformazione del contratto di lavoro dei precari storici dei Comuni non si configura propriamente come un “concorso interno” quanto, piuttosto, come un “concorso riservato”.
I paletti della Corte dei Conti
Per la Corte dei Conti della Sicilia, il reclutamento del personale attraverso procedure concorsuali per la stabilizzazione dei precari non può in ogni caso assorbire risorse finanziarie superiori al cinquanta per cento (possono essere anche inferiori) di quello reclutato attraverso ordinarie procedure concorsuali aperte all’esterno.
Secondo la magistratura contabile, la Regione, malgrado fosse questa la sua dichiarata volontà, non ha il potere di autorizzare i Comuni a derogare alle norme nazionali sulle assunzioni dall’esterno.
A livello nazionale la materia è disciplinata dall’art. 20, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017 (il ricorso al primo comma dello stesso articolo, per i precari storici siciliani, era già stato escluso dall’Ufficio legislativo e legale della Regione) secondo cui le procedure concorsuali riservate alla platea del personale precario in servizio presso l’ente, possono essere indette “ferma restando la garanzia dell’adeguato accesso dall’esterno, previa indicazione della relativa copertura finanziaria” e “in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili” e ciò, dunque, a prescindere dall’entità del finanziamento regionale.
E’ stato lo stesso Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica a chiarire che il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, risulta immediatamente applicabile in Sicilia sia per le norme di ordinamento civile in esso contenute, sia perché la Corte Costituzionale ha più volte affermato che “le norme statali in tema di stabilizzazione dei lavoratori precari costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica” (sentenze n. 18 del 2013 e n. 310 del 2011; sentenza n. 277 del 2013)”.
Le procedure di stabilizzazione
La disposizione di cui all’art. 26, comma 6, della legge regionale n. 8/2018, prevede che limitatamente alle risorse regionali aggiuntive, gli enti locali sono autorizzati ad avviare le procedure di stabilizzazione per i soggetti che prestano servizio presso lo stesso ente a valere sulle risorse regionali richiamate nel presente articolo, mediante le disposizioni di cui al comma 2 dell’articolo 20 del medesimo decreto legislativo, interamente riservate ai medesimi.
Secondo l’interpretazione più favorevole alle “stabilizzazioni” questo costituiva un’autorizzazione ad avviare procedure concorsuali riservate esclusivamente al personale precario dell’ente, secondo l’interpretazione della Corte dei Conti questo significa che l’Ente può destinare le somme aggiuntive regionali interamente alle “stabilizzazioni”, purché abbia la possibilità di destinare una somma equivalente alle assunzioni dall’esterno.
“La “ratio” della garanzia della riserva dei posti all’esterno – scrive la Corte dei Conti – non riguarda la singola procedura selettiva, nell’ambito della quale si possa prevedere una riserva di posti a favore dei precari da stabilizzare bensì risulta assicurata dal generale obbligo per gli enti di bandire procedure concorsuali aperte a tutti per la copertura del fabbisogno nell’ambito degli spazi finanziari disponibili (ovvero nel rispetto di tutte le disposizioni vincolistiche sul turn-over), destinando risorse non superiori al cinquanta per cento di detto plafond all’espletamento di procedure concorsuali ad hoc tra il personale precario da stabilizzare, al fine di selezionare le unità previste nel piano del fabbisogno del personale”.
La Regione ha guardato quasi esclusivamente all’aspetto finanziario della vicenda e si è vista smentita dalla magistratura contabile sul contemperamento delle selezioni riservate con quelle aperte all’esterno.
E’ evidente che i Comuni non hanno le capacità e le risorse finanziarie per reggere l’impatto di un numero di assunzioni dall’esterno pari a quello dei precari da stabilizzare.
Il Consiglio dei Ministri non aveva sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 26 della L.r. n. 8/2018, probabilmente sviluppando lo stesso ragionamento della Corte dei Conti.
Conclusioni
La normativa regionale siciliana è costituzionalmente legittima, purché interpretata in armonia con il D. Lgs. n. 75/2017.
Dopo il parere della Corte dei Conti diventa difficile ipotizzare una soluzione a livello regionale. Costituendo le norme statali in tema di stabilizzazione dei lavoratori precari principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, servirebbe una legge nazionale che autorizzi procedure concorsuali riservate al personale precario, con una motivazione in grado di superare l’eventuale vaglio del giudice delle leggi, sul rispetto dell’art. 97 della Costituzione.
Un eventuale concorso aperto all’esterno con ragionevoli punteggi premianti l’esperienza maturata internamente all’ente è, ipoteticamente, possibile ma si scontrerebbe con due limiti sostanziali: il primo di natura finanziaria (nessuno potrebbe, a monte, avere la sicurezza che il concorso produrrebbe solo “stabilizzazioni” con oneri a carico della Regione) e l’altra della candidabilità del personale di ruolo per ricoprire posti di categoria più elevata.