Continua la situazione allarmistica per quanto riguarda la spesa pensionistica dei dipendenti statali: i dati dichiarano un buco di 15 miliardi di euro.
La situazione previdenziale dei dipendenti pubblici continua a destare allarme.
Secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato, presentati nel Conto annuale 2023, il deficit delle pensioni degli statali ha raggiunto, nel 2022, la cifra record di 15’970 miliardi di euro.
Una voragine che si è aperta a causa di una serie di fattori, tra cui il blocco del turn-over (e quindi lo stop alle assunzioni), le misure per anticipare l’uscita dal lavoro (come Quota 100) e l’invecchiamento della popolazione attiva.
Ecco nel dettaglio.
Buco nella spesa pensionistica degli statali: cosa succede
Come dichiarato dalla Ragioneria di Stato, l’incidenza della spesa pensionistica per i dipendenti pubblici, in rapporto al PIL, è aumentata in maniera significativa.
Le politiche di contenimento della spesa pubblica, che hanno portato ad un blocco delle assunzioni e le misure di flessibilità in uscita, come Quota 100, hanno accelerato il processo di invecchiamento del settore pubblico e gravato sui conti previdenziali.
Non si tratta di certo di una novità, ma negli ultimi anni la situazione si è aggravata in modo preoccupante.
Nel 2015, il buco era già di 4428 miliardi di euro, ma è stato nel 2019 che si è registrata un’impennata, raggiungendo i 12’498 miliardi.
Questo aumento è stato causato principalmente dagli interventi normativi che hanno facilitato l’accesso al pensionamento anticipato.
La situazione è ulteriormente peggiorata nel 2020, sia a causa degli oneri su base annua dei nuovi accessi al pensionamento registrati nell’anno precedente e sia per gli oneri derivati dai nuovi accessi al pensionamento del 2020, superiori a quelli del 2019.
Buco nella spesa pensionistica degli statali: quali sono le conseguenze e le prospettive per il futuro
Le conseguenze di questo deficit sono molte e piuttosto preoccupanti.
L’incremento della spesa pensionistica mette a dura prova la sostenibilità del sistema previdenziale e rischia di compromettere la capacità dello Stato di fornire servizi ai cittadini.
Inoltre, l’invecchiamento della popolazione attiva nel settore pubblico potrebbe portare ad una carenza di personale qualificato e ad una riduzione dell’efficienza della Pubblica amministrazione.
Le prospettive per il futuro non sono rosee.
Secondo le stime dell’INPS, nei prossimi dieci anni oltre un terzo dei dipendenti pubblici andrà in pensione. Questo significa che il numero di pensionati continuerà a crescere, mentre quello dei contribuenti attivi diminuirà. Questa tendenza potrebbe aggravare ulteriormente il deficit delle pensioni e richiedere interventi strutturali per riformare il sistema previdenziale.
Per far fronte a questa situazione, è necessario adottare alcune misure urgenti, come:
- Un rilancio delle assunzioni: è fondamentale sbloccare il turn-over e favorire l’ingresso di nuovi giovani nel settore pubblico;
- Una riforma del sistema pensionistico: è necessario rivedere le regole per l’accesso alla pensione, per poter garantire la sostenibilità del sistema nel lungo periodo;
- Lo sviluppo della previdenza complementare: è importante incentivare la partecipazione dei lavoratori a forme di previdenza private, al fine di integrare le pensioni pubbliche.
C’è bisogno di una riforma strutturale del sistema previdenziale per poter garantire la sostenibilità delle pensioni e tutelare i diritti dei futuri pensionati.
Non rompete le balle che come sono andati in pensione prima, ci andremo anche noi dopo…
Ma in che Italia viviamo. Prima si consente di andare in pensione con 25 anni di contributi (vedi beby pensioni, conosco persone in pensione a 50 anni di età), poi quote varie 98, 100, 103 e ancora oggi si consentono scivoli (vedi forze armate) di 5 anni aggratis, per non parlare dei politici e delle loro agevolazioni, per gli altri resta unica soluzione a 67 anni. Secondo me se c’e’ qualche politico serio in Italia non deve fare altro che dare la possibilità (facoltativamente) di andare in pensione a 62 anni con i contributi reali versati (senza alcuna distinzione o… Leggi il resto »
Ma per favore! Siamo quelli che pagano più tasse e più contributi. Ognuno di noi versa abbastanza contributi per almeno altre 2 persone. E per di più, non è vero che la vita media sia aumentata, anzi! tanto meno dei 15 anni in più che fanno lavorare tutti i lavoratori.
E’ che hanno rimesso i vitalizi. E si pagano pensioni da favola e stipendi da favola. Per non parlare del resto. E diciamocelo, una buona volta!
Non dimenticare le pensioni sociali pagate con i nostri soldi
Tagliate le pensioni ed i vitalizi di chi governa . 15 miliardi per gli armamenti si sono trovati in 4 ore.
Perché non scrivete che il vero debito è creato anche dal comparto difesa e sicurezza che vanno in pensione 8/10 anni prima con un calcolo dei contributi maggiore e con cinque anni di scivolo?
Gli altri dipendenti pubblici al contrario vanno in pensione dopo i privati perché hanno una finestra di uscita più lunga
In Italia sarebbe ora di fare regole uguali per tutti e chi scrive dovrebbe informarsi bene