sistema-programmazione-nuovo-codice-contratti-pubbliciUn approfondimento curato dall’Avv. Renzo Cavadi analizza il sistema di programmazione nel nuovo Codice dei Contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023) tra localizzazione delle opere d’interesse nazionale e recepimento della recente disciplina normativa da parte della Regione Sicilia. 


ll D. Lgs. n. 36/2023 attraverso il quale è stato recentemente approvato il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, inserisce al suo interno e precisamente nella Parte Terza del Libro Primo, diverse disposizioni normative, relative al sistema di programmazione, sia di lavori che di acquisti di beni e servizi.

Le principali novità del sistema di programmazione nel nuovo Codice dei Contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023)

La disciplina concernente la programmazione prevista nell’attuale testo legislativo, trova la propria regolamentazione all’articolo 37 D. Lgs n. 36/2023, rubricato “Programmazione dei lavori e degli acquisti di beni e servizi”. La stessa norma  peraltro, rinvia per la parte di dettaglio normativo all’Allegato I.5 al Codice, che detta le coordinate relative alle tipologie di modelli utilizzabili, le circostanze che permettono di modificare la programmazione. In esso inoltre, sono comprese anche le modalità di trade union con la pianificazione dell’attività delle centrali di committenza alle quali sia le stazioni appaltanti che gli enti concedenti, possono delegare ogni tipo di attività.

E’ interessante osservare come il vecchio Codice di cui al D. Lgs. n. 50/2016, nelle definizioni contenute al suo interno, faceva emergere una distinzione piuttosto netta e ben precisa tra le Amministrazioni aggiudicatrici, gli Enti aggiudicatori e naturalmente le stazioni appaltanti. Più precisamente, ed è questo un passaggio importante da evidenziare, l’art. 21 limitava l’obbligo della programmazione alle sole Amministrazioni aggiudicatrici, finendo per escludere di conseguenza da tale obbligo, tutti gli altri soggetti.

Ebbene, volendo fare un breve confronto tra la vecchia e la nuova disciplina, va detto che quella inserita nel nuovo Codice, di fatto, non contiene più al suo interno queste distinzioni: essa invece individua come soggetti, soltanto le singole stazioni appaltanti e gli enti concedenti, finendo per equipararli a tutti gli effetti all’obbligo della programmazione, secondo i criteri e le coordinate normative disciplinate dall’art. 37 e per l’appunto all’Allegato I.5.

In definitiva, il D. Lgs. n. 36/2023 estende l’obbligo della programmazione (sia per i lavori che per i servizi e le forniture), a tutti quei soggetti che son tenuti ex lege, al rispetto delle regole e dei principi contenuti nel codice stesso e dunque non soltanto alle Amministrazioni aggiudicatrici come avveniva in precedenza.

Un altro aspetto di recente conio normativo introdotto con il D. Lgs. n. 36/2023 concerne la vigenza della programmazione di beni e servizi: nel nuovo Codice infatti, essa ha durata triennale e non biennale (come era indicano nel vecchio codice), e dunque viene equiparata concretamente a quella dei lavori.

Le soglie di importo, superate le quali, sussiste per legge l’obbligo di programmazione,  sono state oggi elevate rispetto a quelle previste in precedenza dal D. Lgs. n. 50/2016.

In concreto, il programma triennale dei lavori pubblici fa riferimento ai lavori di importo superiore alla soglia di cui alla lett. a), comma 1 dell’all’articolo 50, ad oggi predeterminata nella misura di euro 150.000, mentre il vecchio codice la fissava in euro 100.000. Per quanto concerne invece il programma triennale legato agli acquisti di beni e servizi, il D. Lgs n. 36/2023 riporta gli acquisti di importo stimato uguale o superiore alla soglia di cui alla lett. b) comma 1 all’articolo 50, ad oggi indicata normativamente nella misura di euro 140.000 (a differenza del vecchio codice che la fissava in € 40.000).

Occorre osservare che, la riduzione a scalare a due livelli di progettazione invece di tre, prevista dal nuovo codice, ha determinato tra i suoi effetti, la semplificazione e l’affrancazione dalla documentazione tecnica obbligatoria, e questo, al fine di poter inserire più facilmente gli interventi nel programma triennale dei lavori pubblici e nell’elenco annuale ([1]).

Le nuove coordinate applicative nel sistema della  programmazione

L’articolo 37 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici in vero non fa alcun cenno alla documentazione tecnica necessaria, per l’inserimento della stessa nel programma triennale (e nell’elenco annuale), di quei lavori il cui importo risulta superiore a euro 150.000 e inferiore alla soglia di rilevanza europea (euro 5.382.000) di cui al comma 1, lett. a) dell’articolo 14.

In ragione del fatto che la redazione del documento di fattibilità ([2]) concernente le c.d. alternative progettuali, risulta per legge obbligatorio soltanto per i lavori di importo uguale o superiore alla soglia unoniale indicata, si ritiene pertanto, che per l’inserimento nel programma triennale dei lavori il cui importo è compreso in tale fascia (ove non sia redatto il documento di fattibilità delle alternative progettuali), sia sufficiente la quantificazione delle risorse finanziarie necessarie stimate da parte del RUP sulla base del quadro esigenziale o, in alternativa, sulla base della redazione del documento di indirizzo alla progettazione ([3]).

Per una precisa scelta legislativa inoltre, così come dispone il comma 2 dell’art. 37, i lavori, servizi e forniture da realizzare e portare a termine in amministrazione diretta, non sono inseriti nel sistema della programmazione.

Le procedure di adozione e approvazione del programma triennale dei lavori pubblici nonché il programma triennale degli acquisti di beni e servizi, seguono quelle del vecchio Codice: più precisamente si può osservare come l’Allegato I.5, ripropone in toto (fatti salvi i riferimenti agli articoli del nuovo D. Lgs n. 36/2023), la disciplina riportata nel Decreto Ministeriale n. 14 del 16 gennaio 2018 del MIT (recante “Regolamento recante procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale dei lavori pubblici, del programma biennale per l’acquisizione di forniture e servizi e dei relativi elenchi annuali e aggiornamenti annuali”). Inoltre, anche il comma 1 dell’art. 37 del D. Lgs. 36/2023 non ha prodotto particolari modifiche rispetto al vecchio comma 1 dell’art. 21 del D. Lgs. n. 50/2016, ad eccezione, e questo va evidenziato con attenzione, dell’indicazione finalizzata al rispetto dei principi contabili.

In tal senso, proprio in relazione a questi ultimi, si dovrebbe puntare sul fatto che i criteri convergenti sulla spesa di investimento relativa ai lavori pubblici, potrebbero allinearsi e adeguarsi con celerità al nuovo D. Lgs n. 36/2023, quanto meno con particolare riferimento alla riduzione dei livelli di progettazione. Così facendo, l’auspicio sarebbe quello di limitare ed evitare potenziali problemi di natura contabile, relativamente alla tenuta al fondo pluriennale vincolato, che potrebbe comportare a livello effettuale, un inutile allungamento della tempistica.

Infine, non sarebbe nemmeno da scartare l’idea di ancorare il ciclo legato alla programmazione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (e magari le tempistiche collegate contenute nell’allegato I.5), al rispetto di quanto previsto dalla lett. a), comma 1 dell’art. 37. Tutto questo, permetterebbe alle singole amministrazioni locali, di poter gestire la propria attività amministrativa, rispettando sia le norme legate alla programmazione economico-finanziaria, sia i principi contabili che li riguardano in una giusta visione d’insieme in cui questi ultimi si legano ai contenuti del Documento Unico di Programmazione e della redazione del bilancio.

Il procedimento amministrativo di localizzazione delle opere d’interesse dello Stato

Ciò premesso, l’articolo 38 dell’attuale D. lgs n. 36/2023, introduce nel corpo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, la disposizione normativa che disciplina il procedimento amministrativo concernente la localizzazione delle opere di interesse nazionale o d’interesse statale.

La norma, seppur similare per alcuni aspetti alle previsioni già previste nell’articolo 27 dell’allora vigente D. Lgs. n.50/2016, ha un impatto rilevante in termini di novità ([4]) procedurali e risvolti applicativi. Ci si trova di fronte a una disposizione normativa, che funge infatti da crocevia e se vogliamo da anello di collegamento con altre norme, che di base, trovano la loro fonte e disciplina, in altrettanti e diversi testi normativi.

Come sottolineato dalla Relazione allo Schema definitivo del Codice dei Contratti pubblici (elaborata dalla Commissione del Consiglio di Stato nel 2022), le novità introdotte attraverso il D. lgs. n. 36/2023, trovano un pieno ed effettivo riscontro nella legge n. 108 del 29 luglio 2021 (recante Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure). Quest’ultima a tal proposito, ha previsto un apposito percorso amministrativo da svolgersi all’interno della Conferenza di Servizi, sia per quei tipi d’interventi indicati in via dettagliata all’interno dell’Allegato 4 (e aventi ad oggetto opere infrastrutturali ferroviarie e il sistema idrico), sia per gli interventi la cui competenza spetta al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), finanziati totalmente o parzialmente, attraverso apposite risorse previste dal PNRR, dal PNC e dai programmi finanziati dai fondi strutturali dell’Unione Europea, comprese anche le infrastrutture di supporto a essi collegate.

Di fatto, il nuovo 38 al comma 3 del D. lgs n. 36/2023 dispone che “ La stazione appaltante o l’ente concedente convoca, ai fini dell’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica nonché della localizzazione dell’opera, una conferenza di servizi semplificata ai sensi dell’articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 a cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, ivi comprese le regioni, le province autonome, i comuni incisi dall’opera e le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, del patrimonio culturale, del paesaggio e della salute.”

La disposizione normativa prevede dunque l’utilizzo in forma generale e in via semplificata (anche in termini di celerità procedimentale), dello strumento della Conferenza di Servizi, ai fini della localizzazione delle opere concernenti la concessione e la gestione di opere pubbliche, oppure per la concessione di servizi pubblici con opere da realizzare da parte del concessionario (comma 1 art. 38)

Secondo quanto dispone poi il comma 9 dell’articolo 38: del D. lgs. n. 36/2023, “La conferenza di servizi si conclude, nel termine di sessanta giorni dalla sua convocazione, prorogabile, su richiesta motivata delle amministrazioni preposte alla tutela degli interessi di cui all’articolo 14- quinquies, comma 1, della legge n. 241 del 1990, una sola volta per non più di dieci giorni. Si considera acquisito l’assenso delle amministrazioni che non si sono espresse nel termine di conclusione della conferenza di servizi, di quelle assenti o che abbiano espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza medesima.

Sul punto, occorre osservare che in relazione alla gestazione temporale della conferenza dei servizi, il D. lgs n. 36/2023 rende fondamentali, le norme derogatorie previste per il PNRR ([5]), fissando dunque a sessanta giorni, i tempi conclusivi del procedimento anche per tutte quelle P.A. preposte ex lege alla tutela degli interessi cd. sensibili, per le quali invece la L. n. 241/90 fissa normativamente un termine diverso di novanta giorni.

Occorre osservare che in relazione a quanto prevede il comma 11 dell’art. 38 del D. lgs. n. 36/2023, nelle ipotesi di non assenso o di assenso parziale, le singole amministrazioni coinvolte nel procedimento legato alla conferenza dei servizi, “non possono limitarsi a esprimere contrarietà alla realizzazione delle opere o degli impianti, ma devono, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, indicare le prescrizioni e le misure mitigatrici che rendano compatibile l’opera e possibile l’assenso,” valutandone altresì i profili finanziari e quindi la quantificazione dei costi.

Aggiunge ancora il comma suddetto che tali prescrizioni di legge sono da applicarsi senza eccezioni a tutte le P.A. partecipanti alla conferenza comprese “quelle titolari delle competenze in materia urbanistica, paesaggistica, archeologica e del patrimonio culturale”.

Con riferimento particolare alle disposizioni normative che interessano il governo del territorio, val la pena evidenziare quanto previsto dal comma 10 dell’articolo 38 del D. lgs. n. 36/2023 secondo il quale così dispone “La determinazione conclusiva della conferenza di servizi approva il progetto e perfeziona a ogni fine urbanistico ed edilizio l’intesa tra gli enti territoriali interessati anche ai fini della localizzazione dell’opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell’intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensatrici”.

La stessa norma altresì precisa ancora più nello specifico che “L’intesa tra gli enti interessati, in ordine alla localizzazione dell’opera, ha effetto di variante agli strumenti urbanistici vigenti. Essa comprende il provvedimento di valutazione di impatto ambientale, la valutazione di assoggettabilità alla verifica preventiva dell’interesse archeologico, i titoli abilitativi necessari, la dichiarazione di pubblica utilità e indifferibilità delle opere nonché il vincolo preordinato all’esproprio e consente la realizzazione di tutte le opere e attività previste nel progetto approvato. A tal fine, le comunicazioni agli interessati di cui all’articolo 14, comma 5, della legge n. 241 del 1990 tengono luogo della fase partecipativa di cui all’articolo 11 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del D.P.R. n. 327 del 2001. Gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell’opera”.

Dall’esegesi della norma si ricava come essa, abbia una certa autonomia e un peso specifico non indifferente, anche per ciò che concerne l’uso del territorio”.

Il recepimento delle coordinate normative sulla  programmazione e la localizzazione delle opere nel territorio della Regione Sicilia

Le considerazioni espresse a livello nazionale in materia di localizzazione, hanno un tratto talmente marcato al punto tale che, quanto evidenziato in precedenza, trova piena conferma anche per quanto concerne riguarda l’applicazione normativa nell’ambito territoriale della Regione Sicilia.

L’Assemblea Regionale Siciliana ha dovuto infatti emanare una specifica legge regionale n. 12 del 12 ottobre 2023 (recante Recepimento del codice dei contratti pubblici ai sensi del D. Lgs. 36/2023), la quale, ha assorbito concretamente il nuovo Codice dei Contratti Pubblici attraverso le modifiche ([6]) apportate alla precedente legge regionale siciliana n. 12 del 12 luglio 2011 (recante Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Recepimento del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.)

Più precisamente il legislatore regionale ha ritenuto di poter abrogare i commi da 2 a 34 dell’articolo 6 della legge regionale siciliana del 2011 (concernente proprio la programmazione dei lavori pubblici) e che prevedeva al suo interno, l’approvazione di progetti con effetto di variante urbanistica. Il contenuto attuale dell’articolo 6 della predetta disposizione normativa regionale si limita a prevedere (attraverso un rinvio dinamico, espresso e integrale), che: “Per la programmazione di lavori, beni e servizi, sul territorio regionale siciliano si applica il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 libro I parte III”.

La conseguenza della legge approvata in Sicilia dall’ARS, produce come effetto inevitabile che il procedimento legato alla Conferenza di Servizi ai fini della localizzazione e approvazione di progetti c.d. variante, disciplinato dall’articolo 38 del D. lgs. n. 36/2023, trova concreta applicazione e seguito anche nel territorio regionale siciliano.

 

Note

([1]) L’art. 37 comma 2 del D. lgs n. 36/2023 così dispone: “i lavori di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza europea di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), sono inseriti nell’elenco triennale dopo l’approvazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali e nell’elenco annuale dopo l’approvazione del documento di indirizzo della progettazione. I lavori di manutenzione ordinaria superiori alla soglia di rilevanza europea di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), sono inseriti nell’elenco triennale anche in assenza del documento di fattibilità delle alternative progettuali”

([2]) L’art. 37 del Codice non prevede peraltro nemmeno l’obbligo di redigere il progetto di fattibilità tecnica ed economica ai fini dell’inserimento nell’elenco annuale dei lavori di importo superiore ad euro 1.000.000, come invece prevedeva l’art. 21 del D. Lgs. n. 50/2016.

([3]) Così A. IMMORALI, La programmazione in S. Dota – A Di Bari, Le principali novità del nuovo Codice dei Contratti, Quaderni ANCI, 6. 2023, 24 ss.

([4]) Tra queste novità vi è in particolare, e lo si è già ricordato, la riduzione da tre a due livelli di progettazione.

([5]) Sul punto la norma di chiusura dell’articolo 38 del D. lgs. n. 36/2023 al comma 14 così dispone: “restano ferme le disposizioni speciali vigenti per determinate tipologie di opere pubbliche d’interesse nazionale, comprese quelle relative agli interventi del PNRR”

([6]) Senza pretesa di esaustività, va rimarcato che il Legislatore siciliano attraverso la recente  legge regionale n. 12/2023, con cui ha recepito formalmente il neo D. Lgs. 36/2023, al di là del mero rinvio al nuovo Codice nazionale dei Contratti Pubblici, ha colto l’occasione propizia, per introdurre alcune importanti integrazioni e parallelamente inserire novità di rilievo anche di carattere ordinamentale, proprio in ragione dell’esercizio della potestà legislativa di carattere esclusivo (seppur limitata per competenza ai lavori pubblici), che lo Statuto speciale riconosce  alla Regione Sicilia.

 


Fonte: Dott. Avv. Renzo Cavadi - Funzionario direttivo Ministero dell'Istruzione - Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia