In aumento gli accordi di contrattazione relativi al salario accessorio nella PA: ecco i dettagli.
Tutti in attesa del via libera al negoziato nel quale governo e sindacati dovranno concretizzare l’accordo siglato il 30 novembre scorso. Nel frattempo, se i contratti nazionali nel pubblico impiego sono fermi ormai dal 2009, non è così per quelli «di secondo livello»: nei primi sei mesi del 2016 le amministrazioni hanno trasmesso all’Aran e al Cnel 7.165 contratti integrativi, quelli, cioè, in cui si decide del salario accessorio, vale a dire della parte retributiva legata a premi, indennità (anche di responsabilità – per esempio, a seguito di assegnazione di un nuovo incarico) e progressioni economiche.
Guardando alle percentuali, l’intesa risulta essere stata raggiunta già in un’amministrazione su tre. Questo il quadro che emerge dal monitoraggio dell’Aran, l’agenzia che rappresenta il governo nelle trattative.
Per l’esattezza, nel primo semestre dello scorso anno sono stati trasmessi, via web, 7.165 contratti integrativi, circa mille al mese, per un tasso di contrattazione pari al 34,1%. La nuova procedura, peraltro, semplifica tutti i passaggi e consente di disporre di dati più ampi e più facili da monitorare.
L’Aran ricorda che, stando al Testo unico sul lavoro pubblico,
“gli atti unilaterali possono essere adottati al fine di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica, qualora non si raggiunga l’accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo”.
Occorre tra l’altro ricordare che se la contrattazione di secondo livello nell’ultimo periodo è stata sottoposta a dei paletti, dal 2010 al 2014 la disponibilità finanziaria è rimasta sempre ferma allo stesso livello: i rubinetti sono stati riaperti nel 2015, mentre nel 2016 il quantum delle risorse è stato fissato allo stesso valore (70 milioni) dell’anno precedente.