Possono essere cumulati i compensi che hanno natura indennitaria e quelli ascrivibili a risarcimento danni, che una pubblica amministrazione deve corrispondere ad un proprio dipendente?
Ecco le principali indicazioni contenute nella sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2018.
La questione posta all’esame dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato attiene alla valenza del principio della cd. compensatio lucri cum damno (di seguito anche solo compensatio) nella fase di determinazione del danno cagionato dal datore di lavoro pubblico ad un proprio dipendente.
In particolare, si tratta di accertare se la somma spettante a titolo risarcitorio per lesione della salute conseguente alla esalazione di amianto nei luoghi di lavoro sia cumulabile con l’indennizzo percepito a seguito del riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ovvero se tale indennizzo debba essere decurtato dal risarcimento del danno.
L’indennità in questione è diversa dalle somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno e deve essere considerata alla stessa stregua delle altre indennità corrisposte in costanza di rapporto di lavoro.
Nella fattispecie in esame l’accertata finalità compensativa di entrambi i titoli delle obbligazioni concorrenti e del conseguente meccanismo risarcitorio, nonché la semplicità del rapporto che evita le possibili complicazioni ricostruttive connesse al funzionamento della surrogazione, impedisce che possa operare il cumulo tra danno e indennità.
Se la condotta illecita da cui è scaturito il danno per il dipendente è unica, nonostante il dipendente acquisisca il diritto ad ottenere una pluralità di indennità siamo in presenza di «un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario» da cui deriva il divieto di cumulo delle indennità. Per cui dai compensi che spettano come risarcimento del danno vanno sottratte quelle che sono state erogate a titolo indennitario.
In allegato il testo completo della Sentenza.