Ci vorrà del tempo per giudicare il funzionamento complessivo del Jobs Act, dopo che anche gli ultimi quattro decreti sono stati approvati nei giorni scorsi. Ma per l’Ancl, il sindacato unitario dei consulenti del lavoro, la riforma finirà con il produrre risultati che si esauriranno nel breve termine se non verrà affrontato con determinazione il problema del cuneo fiscale: «Auspichiamo l’introduzione di una nuova forma di flat tax, che incida in maniera moderata e accettabile sui rapporti di lavoro, tanto in ambito contributivo quanto in ambito fiscale», afferma Francesco Longobardi, presidente nazionale Ancl.
Da una prima analisi fatta dal sindacato dei consulenti del lavoro, infatti, i provvedimenti del Jobs Act prevedono una buona flessibilità in uscita, con ammortizzatori sociali immediatamente operativi, ma per quanto riguarda l’entrata nel mondo del lavoro e il sistema di ricollocamento, per non parlare dell’effettiva alternanza scuola-lavoro, la riforma sembra farraginosa e non di immediata attuazione.
Incentivare l’utilizzo del contratto a tempo indeterminato è positivo, ma farlo solo attraverso misure di carattere temporaneo come la decontribuzione triennale prevista dal Jobs Act non è sufficiente: «I dati che riportano un incremento di nuove assunzioni e di trasformazioni in rapporti stabili dimostrano quello che diciamo da tempo, e cioè che le imprese hanno il primario obiettivo di ridurre il costo del lavoro – considera Longobardi – Tanto la disoccupazione quanto il lavoro sommerso, vanno combattuti anche liberando risorse nella disponibilità dell’imprenditore. Perché il minor costo di un rapporto di lavoro farà prediligere l’instaurazione di rapporti di lavoro regolari, a fronte anche del nuovo incremento delle sanzioni».