In questo approfondimento il Dottor Marcello Lupoli analizza il procedimento amministrativo e in particolare la generalizzazione dell’obbligo di provvedere.
L’obbligo di provvedere sull’istanza di un privato sussiste in capo alla Pa non solo nei casi previsti dalla legge, ma anche allorquando, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni dell’amministrazione, soprattutto al fine di consentire all’interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni.
A tanto approda, in estrema sintesi, la sentenza 3 settembre 2024, n. 2499, resa dalla I Sezione del T.A.R. Sicilia, Palermo.
Il caso
I giudici amministrativi palermitani sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto da un commerciante al dettaglio finalizzato ad ottenere la declaratoria di illegittimità del silenzio-inadempimento formatosi relativamente all’istanza di concessione di suolo pubblico presentata dall’interessato all’ufficio competente del comune di riferimento, con richiesta di ordinare a quest’ultimo di provvedere sull’istanza inoltrata e di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, di fissare il relativo termine e di nominare, in caso di inosservanza, un commissario che provveda in via sostitutiva.
Prendendo le mosse dal principio che “il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione deve essere diretto ad accertare la violazione dell’obbligo della stessa di provvedere su un’istanza del privato volta a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere, ed esso risulta esperibile in presenza di un obbligo di provvedere nei confronti del richiedente rispetto al quale l’Amministrazione sia rimasta inerte; di conseguenza, si può configurare un silenzio inadempimento da parte della stessa tutte le volte in cui l’Amministrazione viola tale obbligo a prescindere dal contenuto discrezionale o meno del provvedimento (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 5 settembre 2022, n. 7703)”, i giudici amministrativi siciliani rammentano che, affinché si integri la figura del silenzio-inadempimento da parte dell’amministrazione, necessita che “l’istanza del privato contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere su detta istanza”.
Procedimento amministrativo: la generalizzazione dell’obbligo di provvedere
Al riguardo – richiamando precedenti giurisprudenziali in materia (ex plurimis, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 19 luglio 2024, n. 2612; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 10 maggio 2024, n. 742; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 27 aprile 2024, n. 342) – la sentenza in disamina evidenzia che l’obbligo de quo sussiste “non solo nei casi previsti dalla legge, ma anche nelle ipotesi che discendono da principi generali, ovvero dalla peculiarità della fattispecie, e, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, allorché ragioni di giustizia e di equità ovvero rapporti esistenti tra Amministrazioni ed amministrati impongano l’adozione di un provvedimento e, quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione, soprattutto al fine di consentire all’interessato di adire la giurisdizione per la tutela delle proprie ragioni”.
Pertanto, in presenza di un’istanza presentata, anche se la stessa fosse ritenuta irricevibile, inammissibile, improcedibile od infondata, l’amministrazione è tenuta a concludere il procedimento, non potendo rimanere inerte, atteso che deve rispondere in ogni caso alle istanze inoltrate dai privati “nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici”. Conseguentemente, “anche in assenza di un formale procedimento e di una norma che espressamente lo preveda, l’Amministrazione ha l’obbligo (quale che sia il contenuto della relativa decisione) di provvedere sull’istanza non pretestuosa né abnorme del privato”.
Le conclusioni dei giudici
Applicando i richiamati principi giurisprudenziali, il collegio giudicante ritiene fondata la doglianza della parte ricorrente, dichiarando l’illegittimità dell’inerzia tenuta dall’amministrazione convenuta ed ordinando di provvedere sull’istanza presentata entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza de qua ovvero dalla sua notificazione, se anteriore, con riserva di nomina del commissario ad acta nell’eventualità di perdurante inerzia dell’amministrazione e previa istanza della parte interessata.
Fonte: articolo del Dott. Marcello Lupoli - Dirigente Pa