Il 15 aprile 2015 il Segretario Generale della FLC CGIL, Domenico Pantaleo, ha inoltrato formale Atto di Messa in Mora e Diffida al Consiglio Nazionale delle Ricerche avente come oggetto la richiesta di avviare il processo per la stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato e il riconoscimento di tutti i diritti del personale assunto con contratti atipici (assegnisti di ricerca e altro).
La Corte di Giustizia Europea, con la sentenza Mascolo del 24 novembre 2014, ha infatti stabilito, a seguito della nota vertenza promossa dalla FLC CGIL a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori precari del comparto Scuola che, lo Stato Italiano ha abusato per anni dei contratti a termine impiegandoli per rispondere a esigenze stabili e non temporanee. Se ciò è vero nella Scuola Pubblica lo deve essere altrettanto per gli Enti Pubblici di Ricerca, dove il sostanziale blocco del turn over ha fatto sì che il lavoro ordinario si basasse in massima misura sull’attività lavorativa di personale con contratto a termine, assegnisti, co.co.co, co.co.pro e borsisti.
Tuttavia la sentenza della Corte Europea è stata emessa prendendo in considerazione il sistema che disciplina i contratti a termine nell’ambito del comparto scuola e, ad oggi, i giudici italiani hanno prevalentemente riconosciuto a questi lavoratori che hanno proposto una iniziativa legale il risarcimento economico del danno ed in alcuni casi l’immissione in ruolo, soprattutto da parte dei giudici di primo grado.
Per quanto riguarda il comparto ricerca, esistono alcune specificità che non possono essere trascurate. In particolare, mentre il personale scolastico risulta inserito in apposite graduatorie che l’Amministrazione è tenuta a considerare nel conferimento degli incarichi a termine, offrendo quindi importanti garanzie sul piano del rinnovo dei contratti, per il Comparto della Ricerca il sistema nazionale non prevede alcuna graduatoria nè alcun sistema che sia tale da garantire il rinnovo dei contratti a tempo determinato dopo la loro scadenza.
Altri elementi che occorre considerare sono: il termine massimo di 5 anni previsto dal CCNL Comparto Ricerca per i contratti a tempo determinato, gli Accordi Integrativi, sottoscritti al CNR, a dicembre 2012 e ad aprile 2015, posti in essere per la salvaguardia dei posti di lavoro che consentono la proroga dei contratti fino al 31 dicembre 2018.
Alla luce di quanto sopra, la vertenzialità individuale quindi negli Enti pubblici di Ricerca, finalizzata a contestare l’abuso nella reiterazione dei contratti a tempo determinato, non può non considerare gli elementi sopra forniti. Diversamente, oltre che infondate le richieste potrebbero essere tali da pregiudicare il rinnovo del contratto a tempo determinato.
Inoltre, ai fini dell’instaurazione della vertenza è necessario che i lavoratori abbiano avuto un numero di contratti a tempo determinato per un numero di anni tale da poter sostenere la illegittima reiterazione in violazione della direttiva comunitaria.
Coloro che risulteranno in possesso dei requisiti, potranno contestare anche il termine apposto all’ultimo contratto previa impugnativa che dovrà avvenire con lettera inviata all’Ente nel termine di 120 giorni dalla scadenza del contratto.
In ogni caso la vertenza comprenderà tra le proprie richieste anche il risarcimento del danno nei confronti dell’Amministrazione e dello Stato per la violazione della direttiva comunitaria 199/70/CE.
Nel caso degli assegni di ricerca che sono nei fatti totalmente equiparabili nella stragrande maggioranza dei casi al lavoro dipendente la stessa vertenza dovrà avviarsi partendo dalla richiesta di accertamento della subordinazione. Ciò richiede oltre alla dimostrazione che le modalità di svolgimento della prestazione sono analoghe a quelle dei lavoratori con contratti a termine attraverso una precisa documentazione che si può concretizzare nella descrizione delle modalità di lavoro, della presenza di prove testimoniali di colleghe e colleghi. La richiesta di stabilizzazione avverrà contestualmente al riconoscimento della subordinazione.
La FLC CGIL rilancia così una forte iniziativa politico sindacale per la stabilizzazione dei precari della conoscenza, ritenendo insufficiente perseguirla unicamente attraverso la via della vertenza individuale.